Firenze – La prospettiva si inverte, l’antimafia non è (solo) dichiarazione di intenti. Anzi, di questo, come lascia intendere il presidente della Fondazione Antonino Caponnetto Salvatore Calleri, ne sono piene le piazze. Ma l’antimafia sta passando in questo periodo storico un momento di dimenticanza. “Basta guardare – dicono dalla Fondazione – i programmi dei partiti. Dove sono, al di là di dichiarazioni generiche e senz’altro condivisibili, l’applicazione e il rafforzamento degli strumenti già esistenti e la messa in campo di nuovi che seguano l’evoluzione dei fenomeni mafiosi?”. Così, non essendo pervenute che dichiarazioni generiche di buona volontà, la Fondazione, come spiega il suo presidente, inverte la modalità e invece di rivolgersi alla politica, sceglie di rivoglersi ai cittadini, presentando una sorta di vademecum in 15 punti ritenuti, a valle di una lunga esperienza in cose di mafia, essenziali per qualsiasi politico che voglia affrontare davvero i fenomeni della criminalità organizzata. Quindici punti che dovrebbero, secondo la Fondazione, fungere anche da cartina di tornasole per i cittadini per capire se chi chiede il voto è veramente intenzionato a combattere la mafia nel concreto e nel quotidiano.
“Oggi è un anniversario importante – dice Calleri – è il 102esimo anniversario della nascita del giudice Antonino Caponnetto. Sentiamo la necessità di far diventare il tema mafia, per qualche ora ma anche per qualche giorno, il centro dell’attenzione politica, dal momento che la mafia è scomparsa dalle agende della politica. Per questo ci rivogliamo agli elettori, invertendo la prospettiva”. In parole povere, saranno gli elettori a chiedere agli eletti se e come vorranno rispettare e avallare i 15 punti individuati dalla Fondazione come fondamentali per la lotta alla mafia. Punti che comprendono tutto il sistema costruito negli anni dalla lotta strenua contro la criminalità organizzata, e che va dalla banale ma non tanto affermaizone che i politici devono rinunciare al voto mafioso e anzi denunciare qualsiasi tipo di contatto o intimidazione, all’ intervento sul funzionamento ancora zoppincante dell’agenzia nazionale dei beni sequestrati alla mafia, all’atterraggio del Codice antimafia che comprende anche punti controversi come il principio del doppio bianrio o il 41-bis. Tutti strumenti che sono ormai imprescindibili, dicono dalla Fondazione, da una lotta vera alle cosche. Fra i punti, anche proposte come realizzare una task force in grado di aumentare l’efficacia del protocollo Antoci (ricordiamo che nel 2015 Giuseppe Antoci, allora presidente del Parco dei Nebrodi, introdusse nel Parco un protocollo per l’assegnazione degli affitti dei terreni, che prevedeva la presentazione del certificato antimafia anche per quelli di valore a base d’asta inferiori a 150.000 euro. Il protocollo, conosciuto come “protocollo della legalità” o “Antoci”, firmato il 18 marzo 2015 presso la Prefettura di Messina dalla Regione Siciliana e dai 24 Sindaci del Parco, nel settembre 2016 fu esteso a tutta la Sicilia e sottoscritto da tutti i Prefetti dell’isola. Il 18 maggio 2016 Antoci fu vittima di un attentato mafioso, da cui si salvò grazie all’auto blindata e all’intervento della scorta. Il “Protocollo” è stato recepito dal nuovo Codice Antimafia, votato in Parlamento il 27 settembre 2017, e adesso è applicato in tutta Italia); o la creazione di una procura antimafia europea. Attenzione anche ai rifuti, il vero “oro” odierno per le cosche: “Sul punto, abbiamo tutto un sistema da proporre, che si incentra su uno specifico monitoraggio del comparto della gestione dei rifiuti”.
“Si tratta di 15 punti molto specifici e forse da addetti ai lavori – continua il presidente Calleri – ma del resto chi va in Parlamento deve conoscere queste cose”. L’invito è, conclude il presidente, “dare il voto a chi si dimostra di essere sensibile su questi punti”.
Un elenco che a volte sembra composto da affermazioni un po’ scontate, ma che senz’altro, se applicato in pieno, dovrebbe vedere l’impiego di risorse se non ingenti, tuttavia molto pesanti. Dove si trovano questi soldi? “Noi abbiamo un tesorone della mafia pari a 3mila miliardi di euro. Si mandi chi di dovere a scovarli – dice Calleri – la cifra è la stima della Fondazione che non è stata mai smentita, quindi è probabile che il giro sia ancora più stratosferico”.
“Le Sentinelle (ovvero il periodico della Fondazione, ndr) lo ha scritto da almeno 3 anni – incalza Mimmo Bilotta, responsabile nazionale scuola – 3mila miliardi sono quelli stimati dalla Fondazione, confermati da Gratteri. Il debito pubblico italiano è di 2.700 miliardi. Potremmo ripianare il debito nazionale senza neppure ricorrere al Pnrr. I soldi ci sono”.
“In questi giorni si legge che il problema sono le intercettazioni telefoniche – dice Renato Scalìa, consigliere dell’ufficio di Presidenza – senza menzionare i soldi che lo Stato sperpera negli affitti ai privati, e parlo delle caserme di polizia e carabinieri. Qui a Firenze ad esempio si pensi al Magnifico. Ora è stata assegnata alle forze dell’ordine una caserma dell’esercito rimasta vuota, fra le tante di proprietà sttale completamente libere. Nel frattempo si spendono 6 milioni di euro per la struttura del Magnifico, 400mila euro per la sede della Dia, ecc. Se a Firenze (si tratta di dati di qualche tempo fa, quando ero segretario del Silp Cgil, circa nel 2005) lo Stato spendeva sette milioni annui per le forze di polizia, quanti soldi si potrebbero risparmiare a livello nazionale?”.
Le iniziative della Fondazione Caponnetto, com’è noto, si rivolgono anche al livello prevenzione e formazione, che riguarda quel profilo “Sempre ignorato dallo Stato, per cui la questione mafia è prevalentemente un fenomeno da risolversi a livello puramente repressivo”. Così, il 9 settembre parte un campus di bambini con disagi famigliari che si terrà a Suvignano, “stessa cosa sta succedendo in Sicilia – conclude Bilotta – mentre da ottobre inizieremo a fare inviti alle scuole, ad aprile non solo a livello toscano ma nazionale, per quanto riguarda le gite scolastiche. Di tutto questo abbiamo informato il ministero senza avere risposta. noi continuiamo su queste iniziative, sperando che il prossimo governo sia più sensibile anche al tema importantissimo della prevenzione”. Prevenzione che avrebbe lo scopo di tagliare le radici socio-culturali (povertà e modalità sociologiche spesso sono in simbiosi) della pianta mafiosa. Presnti stamane, oltre agli esponenti e consiglieri della Fondazione Caponnetto, una rappresentanza dei carabinieri ambientali e alcuni esponenti politici.
Ed ecco i 15 punti del vademecum:
1) Rifiutare il voto mafioso e denunciare e segnalare qualunque contatto consapevole con esponenti contigui alle mafie, con boss o condannati di mafia in tutte le sue fattispecie o sottoposti a misure interdittive e di prevenzione.
2) Sostenere il principio del “doppio binario”, tanto caro a Falcone e Caponnetto, che oggi è contenuto pienamente nel Codice Antimafia.
3) Applicare il Codice Antimafia in tutte le sue parti con una verifica puntuale e periodica della sua implementazione. Intervenire legislativamente sull’ergastolo ostativo, senza disarticolarne la ratio e l’efficacia, mantenendo in vigore il 41-bis: questi istituti trovano una ragion d’essere nella necessità di spezzare il vincolo associativo dell‘organizzazione mafiosa, che va abbattuto per mettere nelle condizioni anche i boss detenuti di avviare un serio e credibile percorso trattamentale e rieducativo.
4) Rafforzare concretamente l’utilizzo sociale e produttivo dei beni confiscati alla mafia, attraverso un pieno funzionamento dell’Agenzia nazionale e con investimenti che rendano i beni immobiliari fruibili e le aziende in grado di essere rigenerate legalmente e managerialmente, in base a criteri trasparenti e di alta competenza.
5) Applicare pienamente tutta la gamma degli strumenti normativi sull’aggressione ai patrimoni mafiosi (interdittive antimafia, misure di prevenzione patrimoniale, sequestro e confisca penale) e sul riciclaggio locale e internazionale, per privare le mafie del loro supporto economico. Eliminare le modifiche introdotte con il “decreto Recovery” che, di fatto, hanno indebolito ulteriormente le interdittive antimafia, introducendo la “misura amministrativa di prevenzione collaborativa e contraddittorio“, attivabile nei casi in cui l’influenza mafiosa sia solo occasionale.
6) Realizzare una task force in grado di rendere efficace il “Protocollo Antoci” contenuto nel Codice Antimafia, al fine di stroncare la presenza mafiosa nella gestione delle risorse comunitarie in agricoltura.
7) Costruire un sistema permanente ed efficace di monitoraggio delle opere pubbliche attraverso il rafforzamento della DIA e delle strutture interforze e amministrative delle prefetture.
8)Applicare la normativa di controllo e verifica sulle società finanziarie e sui settori a rischio di infiltrazione: gioco d’azzardo, centri commerciali, locali di intrattenimento e investimenti immobiliari.
9) Verificare in modo permanente la trasparenza degli investimenti previsti dal PNRR, sul reddito di cittadinanza, sul Superbonus e sui Fondi comunitari, al fine di evitare le infiltrazioni mafiose, ricorrendo a gruppi interforze e a sezioni amministrative specializzate da allocare presso le prefetture.
10) Rafforzare gli investimenti sociali e infrastrutturali nei Comuni commissariati per infiltrazione mafiosa e consentire l’allontanamento anche della burocrazia collusa, con un fondo ad hoc alimentato dalla parte immobiliare confiscata.
11) Applicare correttamente la norma sui testimoni di giustizia per garantire la loro sicurezza, non solo durante la fase processuale, e per il loro reale inserimento lavorativo nella pubblica amministrazione.
12) Sostenere con un fondo apposito il lavoro educativo delle scuole italiane e di ricerca delle università italiane sui percorsi di conoscenza della lotta alle mafie, stabilendo un rapporto permanente e trasparente con le Fondazioni e le Associazioni impegnate in tale direzione.
13) Promuovere lo Spazio giuridico antimafia europeo attraverso la piena costituzione di una Procura antimafia e antiterrorismo europea e rendendo omogenee a livello europeo le norme previste dal nostro Codice antimafia.
14) Promuovere l’applicazione del “Protocollo Falcone” elaborato dall’ONU in Italia, nel dicembre del 2000, e rilanciato a Vienna nel dicembre del 2020. 15) Attuare uno specifico monitoraggio del comparto della gestione dei rifiuti, sia per impedire sversamenti e traffici illegali, sia per garantire che le mafie continuino a gestire tali decisivo comparto economico che rappresenta un servizio essenziale per i cittadini. Previsione monitoraggio trasporto rifiuti mediante GPS, così come era previsto da SISTRI (sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, soppresso con l’articolo 6 del DL 14 dicembre 2018, n. 135).
15) Promuovere l’attuazione delle bonifiche ambientali, tramite l’impiego della task-force del Commissario Unico Bonifiche, a garanzia di procedure trasparenti e prevenzione delle infiltrazioni mafiose.