Fivizzano – Tra il 24 e il 27 agosto del 1944, a Fivizzano si scatenò la morte. Tra i monti della Lunigiana fu perpetrata, ad opera della stessa Aufklärungs-Abteilung 16, al comando del maggiore Walter Reder che poi si macchià anche della strage di Marzabotto, una delle azioni più vegognose della lunga ritirata tedesca: in quei tre giorni furono uccisi dapprima 173 civili a Vinca, tornando poi nei giorni seguenti per uccidere chi si era salvato, nascosto, tornato. Sempre nel territorio di Fivizzano, la stessa unità colpì poi anche a San Terenzo Monti e Bardine, 159 persone sterminate. E sempre la stessa unità firmò l’eccidio di Bergiola Foscalina (Massa Carrara).
Ebbene, oggi, a Fivizzano, a commemorare le vittime della sanguinosa inumanità nazifascista, c’erano due presidenti. Uno, Sergio Mattarella, presidente di quella Repubblica nata dalla sconfitta del nazifascismo, l’altro, Karl-Walter Steinmeier, presidente federale della Germania. Insieme, hanno depositato una corona ai Caduti davanti al Comune e scoperto una targa commemorativa. Insieme, nel paese che reca nel suo gonfalone la Medaglia d’oro al merito civile e la Medaglia d’argento al valor militare per le attività partigiane.
Insieme, come insieme hanno ricevuto applausi e festeggimenti dalla folla che si era riunita per l’evento. Il presidente tedesco chiede perdono per ciò che i tedeschi hanno compiuto, ma il suo appello è anche altro: da posto di martirio, Fivizzano diventi luogo “di ricnociliazione e incontro”. Un sentimento che dà adito alla speranza, “per noi tutti”.
Il presidente italiano è intervenuto mettendo l’accento su un pericolo: quello dell’oblio. Perdere la memoria è un rischio grosso, perché perdiamo la memoria di chi siamo e di dove si sta andando. Dal sangue degli innocenti si è sviluppata l’Europa, quella nuova, che della pace ha fatto una bandiera. “Memoria e verità sono la base delle democrazie”, ha detto Mattarella. E ricordando i martiri di Fivizzano, ha parlato della “notte delle coscienze” e di “feroce volontà di morte”.
E’ l’oblio, è tornato a sottolineare il presidente, il rischio più grave. Se dimenticassimo gli orrori del nazi-fascismo “si realizzerebbe una fuga da noi stessi, dalla nostra storia, con il prevalere dell’incomprensione di ciò che siamo, con il prevalere dell’indifferenza, dell’estraneità verso ciò che autenticamente costituisce Repubblica. Si tratta di un rischio grave, che ci ruberebbe quella nostra storia di sofferenza e di riscatto”.
Alla cerimonia era presente anche il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, che ha parlato dell’efferatezza di cui sono testimoni quei 4 giorni di terrore. Un’efferatezza, come ha sottolineato, Rossi “che non risparmiò donne e bambini, veri e propri crimini di guerra. E il modo che abbiamo per onorare coloro che furono barbaramente sterminati, per rendere loro giustizia, è mantenere viva la memoria. Una memoria sulla quale si è costruita una civiltà europea che vuole rendere impossibile il ripetersi di quanto qui è avvenuto e purtroppo avviene in tante altre parti del mondo. ‘Mai più!’ è stato l’imperativo dei padri fondatori dell’Europa, mai più guerre scatenate dal nazionalismo. Questa è stata la base della costruzione dell’architettura europea”.