Firenze – Procediamo con ordine: nel 2016 il fisco allenta un po’ la morsa. Ma lo fa soprattutto in forza della riduzione di imposte sugli immobili: ricorda infatti la Cgia Mestre che se nel 2015 l’incidenza di imposte, tasse, tributi e contribuiti previdenziali sul Pil si è attestata al 43,7 per cento, per l’anno in corso dovrebbe scendere al 43,1 per cento.
Ma non è tutt’oro quel che luccica: infatti la stangata, che prenderebbe corpo con un aumento dell’Iva, è dietro l’angolo, se entro la fine dell’anno appena cominciato il governo Renzi non troverà 15,1 miliardi di euro per “disinnescare” la clausola di salvaguardia introdotta con la legge di Stabilità 2015. Se infatti non si riuscirà a trovare i soldi, nel 2017 l’Iva schizzerà all’insù.
E’ di questo quadro fatto di luci e ombre e soprattutto con la spada di Damocle della clausola di stabilità sulla testa che parla il coordinatore dell’Ufficio Studi della Cgia Paolo Zabeo: “Per l’anno in corso il fisco ci concederà una tregua. Tuttavia, il carico fiscale rischia di tornare a crescere nelle regioni in disavanzo sanitario che, per sanare i conti, potrebbero essere tentate ad aumentare la tassazione locale. In attesa della riduzione dell’Ires dal 2017 e nella speranza che il Governo mantenga la promessa di ridurre l’Irpef dal 2018 i contribuenti italiani beneficiano, in particolar modo, dell’abolizione della Tasi sulla prima casa e della cancellazione dell’Imu sugli imbullonati e sui terreni agricoli”.
Inoltre, alcune contraddizioni che si potrebbe chiamare di sistema, appaiono in evidenza anche sulle misure più popolari introdotte dalla legge di stabilità, vale a dire il superammortamento per le imprese al 140 per cento. Una misura che consente alle imprese che investiranno in beni strumentali di disporre di una riduzione di imposta di 580 milioni.
Se il provvedimento va nella direzione auspicata, come dice Zabeo, tuttavia “rimane un dubbio: come faranno (le aziende, ndr) a investire se i prestiti bancari alle imprese sono scesi nell’ultimo anno di oltre 21 miliardi di euro, sebbene la domanda di credito sia aumentata di quasi 3 punti percentuali ?”
E non è questa la sola questione rimasta irrisolta per quanto riguarda i problemi della liquidità alle imprese: “Nonostante gli sforzi e le risorse economiche messe a disposizione dagli ultimi 3 Governi che si sono succeduti – ricorda il segretario della Cgia Renato Mason – al netto dell’importo ceduto in pro soluto, secondo le stime della Banca d’Italia sono 61 i miliardi di debito che la nostra Pubblica amministrazione deve alle imprese fornitrici. Una cifra imponente che fatica a diminuire, poiché la nostra Pa continua a liquidare le fatture con forte ritardo rispetto a quanto previsto dalla Direttiva europea introdotta nel 2013, che ha imposto alle aziende pubbliche il saldo fattura entro 30-60 giorni”.