Firenze – Diverse centinaia, in piazza. Un corteo pacifico, quello che si è svolto oggi a Firenze per protestare contro le misure del decreto Salvini ma anche contro un “clima” che, secondo i partecipanti, si sta facendo sempre più pesante, “in particolare contro le fasce più deboli della popolazione”, come dicono alcune giovanissime che reggono uno striscione e dei cartelli. Perché il vero problema di questo nuovo governo, dice un signore, Michele, senza bandiere questa volta nè cartelli, è che dopo avere acceso speranze di cambiamento “si sta rivelando sempre più minaccioso verso le libertà costituzionali”. Quali? “Contro quella di dissentire, ad esempio – taglia corto – che è il primo passo di ogni democrazia. O di qualcosa che voglia somigliarle”.
Fra la folla, che s’ingrossa dopo la partenza, molte donne, molti striscioni per l’emancipazione femminile, molti giovani. Ci sono anche le bandiere delle realtà politiche della sinistra, dei movimenti, delle associazioni. Cori e slogan, in particolare contro il governo, contro il ministro dell’interno, per lo stop alle politiche neo-liberiste “responsabili di questo sfacelo”, dice Lorenzo che una volta laureato e dopo un periodo professionale all’estero ora fa il pizzaiolo, “senza togliere nulla ai professionisti di questo mestiere – si affretta a precisare – ma sono sottopagato, al nero, e soprattutto non ho prospettive certe o incerte che in futuro vada meglio”.Già, il futuro. Un futuro che sotto gli slogan,sotto le bandiere, sotto la cortina dei fumi colorati che a tratti avvolgono il corteo, rimane precario, pesante. “Senza speranza”, come dice una signora, capelli bianchi e cappotto, che manifesta “perché mia figlia è da dieci anni costretta a lavorare a intermittenza, ogni volta un contratto a tempo determinato, poi niente, poi qualche mese, poi niente”. Speranze zero, “se le cose non cambiano”, interviene una donna che lavora nelle biblioteche, sempre appesa al filo degli appalti.
Di tutto di più. Sono in tanti che, al di là del governo, al di là degli slogan contro le politiche “securitarie”, oggi hanno portato in piazza la loro rabbia, qualche volta la disperazione. Ci sono i migranti, è vero, ma ciò che rappresenta la piazza di oggi, tutta insieme, è, oltre un colossale disagio sociale, un’altrettanto pesante senso di smarrimento. “Non possiamo essere rappresentati dalla sinistra del recente governo – dice un signore di mezz’età, giubbotto di pelle e capelli lunghi – ma neppure dal governo giallo verde che pensa di ridurre problemi quotidiani e bisogni sociali a problemi di ordine pubblico”. E, sorpresa, comincia ad apparire anche, sebbene ancora timido e imbarazzato, qualcuno che “confessa” di aver votato M5S. “Per poi pentirmene – dice Angela, parrucchiera estetista della cintura fiorentina – volevo farla finita con Berlusconi e Renzi, e ora mi trovo Salvini”.
Se questa è la protesta, c’è qualcosa che pulsa ancora più forte, oggi, nel corteo fiorentino. Ed è verso quello, che il corteo s’incammina, molti senza neppure saperlo. Ma è nell’aria, nei cori contro i carabinieri, nell’ansia di dire che la Costituzione difende i cittadini, che non si può morire in strada, e poi la colpa non è di nessuno. Quel qualcosa che campeggia scritto accanto a un grande cuore rosso in uno striscione bianco, ed è la morte di Riccardo Magherini, una morte su cui ancora, nonostante la sentenza della Cassazione di ieri, che ha assolto i militari coinvolti perché il fatto non costituisce reato, la città si interroga. Su cui sente che non tutto è stato ancora detto, fatto.Così, quando uno striscione lunghissimo su cui sta scritto a caratteri cubitali il nome dell’ex calciatore fiorentino morto sul selciato di San Frediano, nel corso di un’azione di controllo dei carabinieri, viene srotolato sopra i gradini dell’ex tribunale fiorentino, la folla tace. Un silenzio lunghissimo, rotto solo da una tromba struggente, e sottolineato dal (casuale) suono delle campane che annunciano la notte che ormai è rotolata su Firenze. La tromba tace, la commozione si taglia col coltello. Poi, ancora la tromba, che riprende con una versione riarrangiata di O Bella Ciao. Ecco, la gente ricomincia a parlare ad alta voce, tornano gli slogan, scoppiano gli interventi, parla Andrea Magherini, il fratello di Riccardo, che ringrazia la piazza, tutta quella presenza, che dice, una volta finito il discorso, che non si può azzerare tutto con un colpo di spugna, il lavoro dei magistrati, il coraggio dei testimoni, due sentenze concordi. E promette che la battaglia continuerà, perché a questo punto non è solo per Riccardo, ma per tutte le persone comuni, per tutti i cittadini. Si continua a suonare, lo striscione viene arrotolato, la gente piano piano comincia a defluire.
Foto: Andrea Berti/Fosca Aquilante