Firenze, i lavoratori del censimento contestano il Comune

Assemblea tirata, atmosfera da rivolta nella sala del Polo universitario di Novoli, dove la riunione dei lavoratori fiorentini del quindicesimo censimento italiano, organizzata dai Comitati di Base (Cobas) decide il da farsi. Chiari gli obiettivi: rivedere i compensi calibrandoli sulle ore di lavoro richieste dalle operazioni di censimento, revisione della tempestica dei pagamenti. E le decisioin prese dall'assemblea scandiscono un percorso ben preciso: richiesta di un incontro con l'amministrazione per aprire una trattativa sugli accordi contrattuali e presidio, lunedì prossimo, in consiglio comunale. E mercoledì nuova assemblea per tracciare il quadro alla luce degli aggiornamenti della prossima settimana.

Secondo le accuse, la contestazione è rivolta sia all’atteggiamento del Comune di Firenze che non ha informato le rapprsentanze sindacali, sia alle forme contrattuali con cui il Comune di Firenze ha “assunto” i lavoratori esterni (o ha ingaggiato quelli già alle sue dipendenze) sia alle modalità con cui saranno liquidati i pagamenti.

Intanto si parte da un punto fermo: l’Istat ha predeterminato a monte sia i costi che la tempistica del trasferimento dei soldi ai Comuni, secondo modalità che i lavoratori riuniti in assemblea, almeno discutibili.
Ma al di là di questo, spiegano i vari interventi, il carico da cinquanta lo avrebbero messo alcuni Comuni, determinando forme contrattuali, compensi e tempi di pagamento per rilevatori e coordinatori diversi da Comune a Comune. Tanto da passare dalla situazione bolognese, in cui la forma prescelta è quella di contratti a tempo determinato per i rilevatori (con inquadramento preciso, cat.C1 con paga mensile di euro 1621,17), a quella fiorentina, dove si sono scelti i contratti di collaborazione. Nel caso fiorentino i compensi sono determinati non sulle ore di lavoro effettuate, bensì su una sorta di cottimo, vale a dire che viene pagato un tanto a questionario rilevato. Un sistema che non consente di retribuire altre ore di lavoro che risultano così prestate gratuitamente al comune, ore che vanno dalla verifica dei nominativi presi da fonti diverse rispetto alla lista anagrafica comunale (per esempio, dall’agenzia delle entrate), a quella delle liste di questionari da rilevare recandosi presso le famiglie, salvo poi scoprire che buona parte di questi sono già stati consegnati presso gli uffici postali o inviati via mail.

Inoltre, i tempi del pagamento. Tempi non certi, che non avvengono con cadenza mensile e neanche alla fine della prestazione, ma vengono subordinati alla completa liquidazione dei contributi da parte dell’Istat, vale a dire, secondo le previsioni ufficiali, nel 2013.
Potrebbero perciò prefigurarsi, come sostengono i lavoratori con l’ausilio di alcuni legali esperti in materie giuslavoristiche, alcuni profili pesanti di illegittimità contrattuale. In particolare, il carattere di occasionalità di tali contratti, su cui si potrebbe discutere, visto che la prestazione supera il tetto dei trenta gioni, e la clausola relativa al compenso, che, essendo legato a una condizione futura e incerta (nel senso che potrebbe non essere data) quale il pagamento dell’Istat stesso ai Comuni entro il 2013, potrebbe trasformare il compenso in evento aleatorio.
Ma non è finita qui. Un altro problema collegato è quello dell’inquadramento dei lavoratori dipendenti comunali che lavorano al censimento come rilevatori e coordinatori. Anche per loro infatti è prevista la stessa forma di contratto a cottimo. Ciò significa sostanzialmente che la forma prevista dal Comune di Firenze per i suoi propri dipendenti salta a piè pari alcune regole molto precise, inserendola in una fattispecie giuridica sconosciuta.

Creatività toscana, fiorentina forse, si dirà. Sì, ma il problema è che l’attività censuaria rientra tra i compiti istituzionali dell’Ente e il trattamento retributivo dei lavoratori interessati è regolato dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro.Ciò significa che (per ora…) i Comuni non hanno alcuna autonomia regolativa circa il trattamento economico dei suoi dipendenti: ne consegue che l’unica forma legittima di compenso è quella prevista dal Ccnl per lo straordinario. Perciò sembra proprio che la forma contrattuale per i dipendenti interessati dall’attività censuaria prevista dal Comune di Firenze, vale a dire prestazione resa al di fuori dell’orario di lavoro che non dà diritto a lavoro straordinario o riposo compensativo sia un genere innovativo sì, ma non previsto da nessuna norma contrattuale. Illegittimo e impugnabile dunque? Questo è quanto affermano i lavoratori. E, se trovassero ascolto in sede legale, è bene ricordare che in caso di compensi inferiori al costo del lavoro straordinario, il dipendente potrà in ogni momento richiedere la corresponsione della differenza. In questo caso, anche l’eventuale rinuncia tacita ai propri diritti compiuta dai lavoratori quando hanno firmato il contratto presentato dal Comune, potrebbe essere messa in discussione: si tratta infatti di diritti cui i lavoratori non possono rinunciare, come dichiara la legge.

Fra i problemi strettamente legati a questioni tecniche sollevate dalla scelta “spuria” del Comune di Firenze, anche la questione delle ritenute sui compensi ha sollevato rabbia e perplessità. Infatti, pare che sui compensi stessi peseranno non solo le ritenute ordinarie, ma anche gli oneri riflessi normalmente a carico del datore di lavoro. Cosa significa in denaro sonante? Innanzitutto, il compenso maggiore per cartella rilevata è quello che riguarda la cartella andata a prendere a domicilio. Tralasciando il fatto che spesso questi nuclei famigliari sono composti da stranieri e dunque è molto più faticoso e soprattutto lungo temporalmente venirne a capo, il compenso è pari a 5 euro lorde. Su queste, le ritenute ordinarie sono: 8,5% ritenute previdenziali a carico del dipendente calcolate sul compenso lordo, più Irpef (calcolato sulla somma rimanente) che si aggira sul 27%. Per un totale di 35,5%. A questo si aggiunga un altro 23,8% di ritenute previdenziali di solito  carico del datore di lavoro. Si arriva al 59,3% di ritenute. E’ possibile, come paventato da più parti, che vengano accollati ai compensi anche l’8,5% di Irap. Si giungerebbe a ritenute reali pari al 67,8%.  Si giunge così, nel caso del compenso più alto, a 2 euro con la tassazione del 59,3% o a 1,60 euro con quella del 67,8%. A cartella rilevata, beninteso.

Infine, l’assemblea ha toccato il problema del personale comunale “precettato” per far funzionare i centri di raccolta comunali. Personale a “costo zero” denunciano i lavoratori, a cui è stato promesso un progetto futuro ed eventuale che avrebbe ricompensato il lavoro svolto, senza specificare né somme né personale compreso.

 

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