Firenze fra Otto e Novecento, sulle tracce della bellezza perduta

Firenze – Continuano le passeggiate di Stamp Toscana con una guida d’eccezione, il professor Mario Bencivenni, studioso, docente e storico dei giardini, alla scoperta di ciò che resta della Firenze a cavallo fra ‘800 e ‘900, in un momento di ritrovato splendore della città anche per la sia pur breve vicenda di Capitale di un’Italia finalmente (quasi) unita.

La nostra passeggiata inizia da piazza Pier Vettori, di cui ampiamente si trattò nella prima tappa delle nostre passeggiate storico-artistiche, che la vide punto di partenza del primo tratto, quello che ci portò a valicare l’Arno e, attraverso le Cascine, compiere il giro di “riva destra d’Arno”. Oggi si tornerà in piazza Pier Vettori per riprendere “a sinistra d’Arno”, ovvero verso piazza Tasso ed oltre.

“Nelle puntate recedenti – riassume Bencivenni – avevamo percorso tutto il sitema del verde nato al posto delle mura, con i viali Circondari in riva destra dell’Arno, arrivando dalle Cascine oltre il ponte che allora si chiamava Sospeso, poi sostituito da quello della Vittoria. Piazza Pier Vettori, da dove si riparte, è l’episodio che raccorda l’antica viabilità di via Pisana con la nuova viabilità determinata dall’ingrandimento del Piano Poggi”.

Il professor Mario Bencivenni

Il primo punto da mettere sul tavolo è la grande differenza fra le due parti della risistemazione del Poggi. “I viali Circondari – dice il professore –  della riva destra vengono costruiti fra le mura che vengono abbattute e le nuove edificazioni da realizzare al posto delle mura e delle due strade che correvano adiacenti. Giova per inciso ricordare che il Poggi non ha alcuna responsabilità circa l’abbattimento delle mura, imposto dallo Stato e dal Comune di Firenze, perché utilizzando lo spazio delle due strade fiancheggianti, all’interno e all’esterno, le mura, non si era costretti a fare gli espropri necessari alla realizzazione dei grandiosi boulevard da lui progettati. Il Poggi con ogni probabilità avrebbe preferito fare i viali all’esterno delle mura, operazione che sarebbe stata costosissima in quanto si sarebbe dovuto utilizzare tantissimi terreni dei privati, da espropriare. In ogni caso, la caratteristica dei viali di riva destra è che quei boulevard alberati che collegano ponte San Niccolò e tutta la sistemazione prevista e non realizzata di parterre per i bagni pubblici e il pubblico passeggio nella zona dei Pratoni della Zecca, con il Parco delle Cascine che diventava l’altro elemento vitale di questo grande sistema di verde urbano, nasce sull’abbattimento delle mura”.

Invece il problema dell’abbattimento delle mura non esiste in riva sinistra. “Nell’Oltrarno anche in considerazione del tratto prevalentemente collinare di gran parte di essa, la cinta muraria fu conservata quasi totalmente e i viali furono tracciati all’esterno. E’ una caratteristica fondamentale da tener presente: tant’è vero che il nuovo viale, oggi Sanzio e Aleardi,   che da Piazza Pier Vettori muove verso l’attuale Piazza Tasso, costituisce il lato esterno del nuovo quartiere che crescerà fra l’antico percorso di Via Pisana e la via esterna alle mura, trasformata nell’odierno viale Ariosto “.

Il motivo è che, come spiega Bencivenni, che “l’anello doveva congiungere le Cascine, attraverso il vecchio ponte sospeso, poi ponte alla Vittoria, a Porta Romana. Dunque, questo viale principale è quello che da piazza Pier Vettori, ridisegna anche i confini dei nuovi isolati di espansione post unità d’Italia della città, che sono quelli che si trovano oltre le mura e che prima erano limitati a ciò che si trovava lungo la stecca di via Pisana, o del Pignone. E’ dunque interessante il fatto che il viale principale non parte da porta San Frediano e nemmeno dal Torrino di Santa Rosa, perché l’arrivo dei viali dall’altra parte è all’ingresso delle Cascine. Dunque, il nuovo viale doveva connettere, come fa, porta Romana con il parco delle Cascine. Ecco perché viale Sanzio ed Aleardi, che sono i tratti che giungono all’incontro con viale Ariosto, sono il primo tratto dei nuovi viali Circondari, questa volta molto esterni alle mura“.

Il viale in questione, quello dunque che parte da piazza Pier Vettori verso porta Romana, “è stato realizzato un po’ più tardi – ricorda Bencivenni – in occasione del nuovo piano regolatore del Bellincioni redatto a cavallo del primo conflitto mondiale in continuità con quello del Poggi. Data la vicinanza alla fascia collinare delle nuove zone di espansione edilizia il viale venne progettato di una larghezza minore rispetto a quelli di riva destra e pertanto si ricorse non ad una doppia alberatura, ma ad un singolo filare posto al centro di un’aiuola spartitraffico. Tuttavia si utilizzò per questa soluzione il platano: una pianta ornamentale di grande altezza ed estensione, che in estate produceva ombra sia alle due corsie stradali, sia agli edifici civili che affacciano sul viale e d’inverno, spogli di foglie, garantivano una discreta la luce. Questa tipologia di viale a filare centrale di alberi si ritrova nel primo dopoguerra anche in via dello Statuto, realizzata per collegare i viali della Fortezza al nuovo quartiere di Rifredi”.

La realizzazione compiuta di questa espansione progettata dal Poggi avvenne nel corso del primo scorcio del ‘900, con il piano Berlincioni che data dal 1914 al 1925, come fa fede la toponomastica delle strade. I viali ebbero l’attuale denominazione al tempo del fascismo, da viale Raffaello Sanzio a viale Petrarca, a piazza Torquato Tasso a viale Aleardi. In precedenza si chiamavano “viali circondari”, o “lungo le mura”, oppure antiche denominazioni come quella di Gusciana per l’area della piazza Torquato Tasso. “ Esistevano una via interna ed esterna alle mura, ancora sopravissute – dice il professore indicando il tratto delle mura che parte da piazza Tasso verso porta Romana: quella interna oggi  delimita il Giardino Torrigiani, e ospita un parcheggio, e una rimessa per i fiaccherai “. L’unico tratto di mura abbattuto in Oltrarno verso porta Romana è quello che racchiudeva piazza Tasso, e sul cui tracciato era stato realizzato in precedenza anche il casotto della cinta daziaria.

Dunque, nel tratto di riva sinistra come in viale dei Colli, le mura sono sopravvissute e i viali sono esterni ad esse.

“Tornando al periodo pre Poggi, Porta San Frediano svolgeva anche il ruolo di porta daziaria. Con il piano Poggi, la cinta daziaria si sposta all’esterno. Tuttavia via Pisana, che era un percorso di entrata e uscita dalla città storica, aveva necessità di un raccordo con il nuovo viale. Quindi viale Ariosto ha questa funzione, ricollegando alla città anche il famoso Cimitero Israelitico, che per regolamento, doveva trovarsi, come tutti i luoghi cimiteriali acattolici, fuori dalla città. Con il piano Poggi, questa zona, dove si trovavano ville, coloniche, resedi rurali, diventa città”.

I viali Circondari dovevano servire da filtro fra la vecchia città e la nuova città che prendeva forma col Poggi. “La grande previsione di espansione urbana Poggi la concepisce – dice Bencivenni – nei territori di piana a nord ovest e sud ovest. A sud, c’erano le colline, quindi c’era poco spazio per espansioni massicce. Si tratta tutt’al più di un’espansione “aristocratica”, ovvero si permettono delle realizzazioni di residenze medio-alte (“villini”), per lo più borghesi, che avevano anche il compito di valorizzare il paesaggio. Nell’unico triangolo pianeggiante fra piazza Pier Vettori e le mura vennero poi costruiti anche grandi edifici, ma ciò successe in un periodo più tardo, fra le due guerre”.

Il motivo è facilmente comprensibile: lo spostamento della Capitale a Roma creò un contraccolpo terribile sulle finanze fiorentine, che rallentò moltissimo la prevista espansione della città. “Dopo la prima guerra mondiale, con il piano Berlincioni, la città riprende ad espandersi. Berlincioni si ricollega ai contenuti del Poggi, ovviamente con lo spirito diverso dei tempi”.

Il sistema dei viali dunque, secondo il suo autore, ovvero il Poggi, doveva servire da filtro fra città vecchia e città nuova, sia dove le mura vennero abbattute, sia dove rimasero in piedi.  “I viali diventano un anello di mobilità di cintura, secondo un concetto moderno che non è mai stato ripreso, dal momento che si sono privilegiate strutture di mobilità radiali. La circonvallazione di Firenze in riva destra d’Arno è ancora oggi affidata al Viale dei Colli. Oggi sarebbe necessario invece avere un viale di circonvallazione di Firenze in corrispondenza del tracciato dell’autostrada, che già viene usata ora da Firenze Sud a Firenze Nord per gli spostamenti di area metropolitana. Poteva essere declassificata come autostrada e costituire l’anello di circonvallazione della città metropolitana”.

L’anello dei viali concepito dal Poggi oltre che per la mobilità costituiva anche un filtro di verde per fare respirare la città. In particolare il viale dei Colli fu pensato non solo come viale di collegamento, boulevard alberato per il verde, ma anche come un vero e proprio parco lineare. 

“Si tratta di una sistemazione a verde di tipo paesaggistico, una sequenza di giardini che invece che in larghezza si sviluppano in lunghezza, lungo una linea diritta o sinuosa. Infatti, ai margini del Viale dei Colli possiamo ammirare sistemazioni a verde ben più articolate di quelle dei boulevard già esaminati. Da porta Romana a piazza Ferrucci quello che noi chiamiamo Viale dei Colli in realtà è un vero  parco lineare. Infatti, per Poggi, accanto alla circolazione che allora (1865-1870) era in carrozza e a piedi c’è la preoccupazione del verde, che deve garantire il respiro della città che si ingrandisce, secondo i nuovi modelli urbanistici che si affermano con la civiltà industriale. Inoltre dopo aver collegato, attraverso viale Torricelli, il Viale dei Colli al Viale del Poggio Imperiale,  il Poggi aveva progettato di continuare il viale verso San Gaggio e in crinale su Bellosguardo fino ad arrivare a Monte Uliveto e riscendere per collegarsi al viale che in pianura portava al ponte sull’Arno e alle Cascine.  Putroppo questo progetto, che nel 1868 era stato presentato come progetto di massima e aveva avuto l’assenso anche dei proprietari della varie ville esistenti sul suo tracciato, si arenò per le difficoltà di reperire i finanziamenti causate dalla grave crisi finanziaria seguita al trasferimetno della Capitale da Firenze a Roma”. Un’occasione mancata, perché il nuovo viale  mai realizzato sarebbe stato un viale di servizio, ma al contempo anche un’ottima passeggiata panoramica, che avrebbe completato anche la vista delle colline ad ovest che dal Piazzale  Michelangelo  rimane più lontana e nascosta. 

Arrivati dunque a Porta Romana, punto di partenza per iniziare la passeggiata lungo il Viale dei Colli è bene anticipare che “ La grandezza di questo Viale – continua Bencivenni – è quella di mettere a disposizione di tutti la bellezza di vedute che prima del Poggi non era possibile godere, in quanto non esisteva una strada aperta al pubblico passeggio che attraverssasse la corona di colline che dominano la città in riva sinistra. Infatti, a parte le vie interne alle numerose proprietà private che occupavano le colline, dalle quali si poteva godere un panorama unico sulla città,  le uniche terrazze panoramiche accessibili a tutti, da porta S. Miniato  attraverso la via Santa o delle Croci, erano quelle delle chiese di S. Salvatore e di S. Miniato al Monte”. 

 

 

 

 

 

 

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