‘Fiori’, il libro del fotografo Enzo Cei che narra per immagini il tumore infantile

Sarà presentato il 2 febbraio alla Fondazione il Fiore di Firenze dall’autore, da Paolo Benvenuti e Davide Caramella. Quattordici casi di bimbi e ragazzi ammalati. Gli incassi della vendita del libro saranno devoluti all’Istituto nazionale dei tumori di Milano. Ingresso libero.

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Centoquindici scatti che narrano con delicatezza la malattia oncologica infantile ritratta dall’interno della vita familiare. Una campagna fotografica che racconta 14 casi di bimbi e ragazzi provenienti da diverse regioni italiane, selezionati dal reparto di Oncologia pediatrica dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano. Per alcuni di loro la lotta contro il cancro è terminata da anni, per altri appena compiuta, per altri ancora in corso.

E’ il contenuto del libro del fotografo pisano Enzo Cei, ‘Fiori – la vita che vince. 14 storie di figli’ (Pacini editore 2013), realizzato in accordo con le famiglie dei piccoli ammalati e l’Istituto Nazionale dei Tumori, e finanziato dall’Associazione Bianca Garavaglia onlus di Milano. Il volume sarà presentato dall’autore, da Paolo Benvenuti e Davide Caramella lunedì 2 febbraio, alle 17,30, alla Fondazione il Fiore di Firenze, in via S. Vito 7, nei pressi di Bellosguardo. L’incontro è a cura di Maria Giuseppina Caramella, presidente della Fondazione il Fiore.

Lo scopo di quest’opera di Cei è sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dell’oncologia pediatrica e a reperire fondi utili ad assistere le famiglie dei bambini malati e a sostenere la ricerca in questo campo. Per acquistare il libro, rivolgersi all’associazione Garavaglia onlus (http://www.abianca.org/). Il ricavato delle vendite sarà devoluto all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.

«La malattia – si legge nella presentazione dell’incontro – non è un fatto solo individuale. Ogni malattia mobilita i parenti, vicini e amici, chiede attesa, assistenza, accompagnamento, coraggio, cura; modifica il tessuto delle relazioni esistenti, le mette in discussione, le rigenera, a volte le spegne. C’è un’occasione nella malattia: di conoscere più a fondo, di rendere più essenziale il proprio vivere. Nella malattia di un bambino ciò accade ancora di più. Perché in un bambino è l’intero corpo familiare ad essere colpito».

E’ da tale considerazione che nasce l’idea di «una documentazione fotografica che abbia per oggetto non la medicina come atto chirurgico, farmaco chimico, terapia, ma piuttosto tutto quello che sta intorno, accanto, durante e dopo la malattia, tutto quello che la accompagna dall’interno, e si è pensato di scegliere il punto di vista della famiglia. Un punto di vista intimo e privato che presuppone in anticipo la condivisione da parte del fotografo di un’esperienza radicale ed estrema, come appunto la malattia oncologica esige, quando essa va a colpire l’espressione più delicata e al contempo più forte di ogni nucleo familiare, cioè i piccoli. Il lavoro dunque tende a dar voce, attraverso l’immagine, a questa fibra intima, sfuggente e razionalmente insondabile, di natura si direbbe spirituale, della vita familiare, quando essa sia scossa nei suoi equilibri dall’urgenza di fronteggiare quello che né naturalmente e biologicamente, né culturalmente si è preparati ad affrontare».

Per ulteriori informazioni, Fondazione Il Fiore. Tel.: 055 225074

 

Per raggiungere la Fondazione il Fiore:

In macchina: partendo da piazza Tasso, prendere Via Villani. Giunti in Piazza S. Francesco di Paola, imboccare Via di Bellosguardo e proseguire fino ad entrare in Via di San Vito (attenzione strada stretta e a doppio senso di marcia).

In autobus: dalla Stazione centrale prendere il 6/B. Scendere in Via Masolino e entrare in Via Domenico Veneziano. Al semaforo proseguire per Via di San Vito e salire fino al n° 7 (circa 10 minuti a piedi). L’ultimo tratto di circa 200 mt è in acciottolato.

 

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Il fotografo Enzo Cei nasce a Ghezzano (Pisa), e cresce in una famiglia contadina. Autodidatta, dagli anni Settanta fotografa e stampa in bianco nero occupandosi di fotografia narrativa e scegliendo l’ordinario come “evento” dentro storie radicate nel territorio cui appartiene. Per aderire alle cose come gli è naturale, organizza la sua attività lontano dalle leggi proprie della committenza, dedicando ai suoi progetti il tempo che chiedono. Lavoro, costume, vissuti sociali e sanità gli offrono idee e risorse utili alla pubblicazione dei suoi libri, curati affinché rispettino fino in fondo le loro finalità di informare documentando. È un lavoro che accorda contatti umani e conoscenza dei fatti nella luce naturale che li accoglie; ma saranno poi ostinati e ripetuti procedimenti di camera oscura a restituire alle fotografie l’energia espressiva desiderata. Col digitale, oggi trova il naturale innesto per potenziare le espressività del bianco nero fedelmente alla sua tradizione.

 

“Sarà meno vero quel racconto visivo che non si sia affidato ad un’attiva partecipazione dell’inconscio”.

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