Fiorentina dopo Frosinone, ora serve la memoria

Firenze – Correva il maggio dello scorso anno. La Fiorentina si avviava a concludere brillantemente il campionato, con la squadra che finalmente poteva contare su quasi tutti gli effettivi (mancò solo Joaquin per un mese), e che giocava senza l’impellenza del turn over, avendo ormai consumato le sue due sfortunate semifinali di coppa. Aveva a disposizione gli stessi giocatori che ha oggi Sousa, salvo Savic al posto di Astori e Gila al posto di Kalinic. Altra differenza: l’anno scorso c’era Salah (che però non partì titolare a Empoli, per esempio, dove al suo posto giocò e segnò Bernardeschi rientrante dopo cinque mesi) e in rosa non c’era Vecino, al posto del quale, in quel periodo, giocava soprattutto Aquilani. Nessuno potrà dire che l’anno scorso Montella aveva la squadra migliore di quella che ha oggi Sousa, ovviamente al netto dei rincalzi (e anche lì, non mi pare che uno Zarate o un Tello siano oggi peggio di Diamanti e di Gomez!) Montella adottò, per quelle partite, un 4-3- 2-1. A Empoli, Berna e Ilicic giocarono dietro Gila, spaziando da veri “numeri dieci”. Ricordo, per l’ennesima volta, che con quel modulo la Fiorentina vinse cinque volte su cinque segnando tre gol a partita e, soprattutto, giocando un ottimo calcio, fresco (nonostante si fosse a fine corsa) e fluido, con tutti i giocatori che si trovavano a memoria e che calcavano la zona di campo prediletta. Nessuno di loro fuori ruolo. Ieri, per l’ennesima volta, si è rivista la squadra sgangherata di Sousa: in avanti, c’erano praticamente i tre dell’anno scorso, ma con Berna ala destra (ancora!) e con Ilicic a caracollare non si sa se da punta o da mezzala; a centrocampo, invece di esserci il “regista” in mezzo a due mediani, c’era la solita corsa a perdifiato di tutti, senza un punto di riferimento, con Borja che più spesso di Badelj si ritrovava a impostare il gioco, ma correndo a tutto campo, senza mai tenere la posizione. Dietro, invece, la difesa a tre. Di nuovo, dunque, quel 3-4-2-1 che, al di là del significato dei numeri, comporta due precise caratteristiche: la squadra gioca senza un “metronomo” di centrocampo; gioca lunga ad attaccare gli spazi accelerando il tempo delle giocate; tiene la difesa bassa e molto prudente (rarissimi gli sganciamenti) che, oltretutto, giocando a tre, sottrae un uomo alla costruzione del gioco; tiene diversi giocatori (spesso quattro) davanti alla linea del pallone e tenta verticalizzazioni tutt’al più alla ricerca dell’uno contro uno, più concitate e a strappi che non frutto di movimenti collaudati.

Questo gioco non so a chi piaccia. A me no. Dovrebbe essere un gioco d’attacco e le statistiche dicono che la squadra tira di media in porta quattro volte meno dell’anno scorso. C’è anche un’altra considerazione da fare: i giocatori, giocando così, durano molta più fatica, e lo dimostra la scarsa lucidità di tutti, compreso il decantato “eroe” Borja Valero, che corre tanto, è vero, ma per lo più a vuoto, senza combinare mai nulla di decisivo. Come il povero Kalinic! L’anno scorso la squadra giocava più corta. Teneva palla dettando i ritmi del gioco (in genere più bassi, ma proprio per esaltare i suoi palleggiatori), e si difendeva nella trequarti avversaria con la densità dei giocatori che si facevano trovare sempre sulla linea dei passaggi quando gli altri recuperavano palla e accennavano una ripartenza. Il che significava non correr mai dietro agli avversari. Il gioco dello scorso anno (degli anni scorsi, sarebbe più giusto dire) era brillante, tecnico, nuovo per l’Italia e anche sorprendente in campo internazionale, come hanno dimostrato i risultati conseguiti in Europa addirittura quasi sempre con in campo le seconde linee; e soprattutto si attagliava perfettamente alle caratteristiche dei giocatori in rosa.

Perché Sousa ha pressoché ignorato quel gioco? Eppure, quando in questi ultimi mesi si è trovato quasi accidentalmente a riproporlo (vedi la partita casalinga contro il Napoli, non a caso la migliore in assoluto giocata dalla Viola), la squadra è sembrata tale e quale quella dello scorso anno; con un centrocampo fortissimo (continuo a dire che quando giocano insieme e ravvicinati Vecino, Badelj, Borja e Mati non c’è partita per nessuno, in Italia) e con tanto gioco, più ragionato ma anche più fantasioso e più incisivo. Per fare un paragone pugilistico, la Viola degli altri anni lavorava ai fianchi gli avversari, per poi colpirli nel momento in cui abbassavano stanchi la guardia; mentre ora si boxa a viso scoperto, mettendosi sullo stesso piano degli avversari, tra l’altro affrontati tutti nello stesso modo: come se giocare contro il Frosinone e contro la Juventus fosse la stessa cosa, e come se non cambiare mai accorgimenti tattici volesse dire “imporre” il proprio gioco. Ma Sousa le osserva le partite che preparano Allegri o Spalletti? Tutte diverse, tutte a cercare di infierire sui punti deboli dell’avversario. E la monotonia di quel gioco comporta che, accettando la sfida aperta (una volta attacco io, una volta attacchi tu), si finisce per avere le stesse occasioni anche di avversari modesti come il Frosinone di ieri, che spesso hanno più fiato e più doti fisiche per trar profitto dagli spazi aperti che la Viola sistematicamente lascia. È la Fiorentina, quest’anno, che ha perso quelle prerogative che l’avevano resa bella e vincente e che si mette sul piano delle squadre mediocri, giocando il loro calcio, tutto corsa e fatica. Ora si capisce perché un Suarez non poteva giocare questo gioco e perché un Mati diventa terza o quarta scelta per Sousa. Perché non sono velocissimi e non sono giocatori da corsa! E si capisce perché un Badelj, inventato da Montella centromediano metodista, che aiutava la difesa quando era il caso e appoggiava la costruzione del gioco, sempre attento a raddoppiare sui mediani, ora è un giocatore sfinito, in piena confusione, costretto a rincorrere tutti, a tamponare anche da laterale (lo si è visto più volte ieri), mai al centro a organizzare gioco, che dovrebbe essere il suo mestiere.

Mi sembra incredibile che qualcuno, a fine partita, abbia parlato ieri di sfortuna della Fiorentina e di “gran gioco”. Io ho visto solo giocatori fuori ruolo, sfiduciati (alla faccia del “crederci”, che Sousa continua a ripetere come una giaculatoria!), mai lucidi nelle giocate con e senza palla. E l’anno scorso, a maggio, gli stessi giocatori giocavano con semplicità e dando il massimo delle loro possibilità! Mi piacerebbe che qualcuno mi spiegasse una volta per tutte il perché di questa rivoluzione (incompiuta e testardamente perseguita), e cominciasse a parlare anche delle responsabilità del tecnico. Io la prima cosa non la so spiegare, e della seconda parlo da mesi.

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