Firenze – Tutti contenti! Riempiamo il Franchi come ai bei tempi, ci crogioliamo per essere tra le sei italiane che tengono alto il nostro calcio in Europa, siamo orgogliosi delle attenzioni delle grandi per i nostri giocatori (anche se, come nel caso di Amrabat, quell’orgoglio si declina in risentimento se il giocatore vacilla di fronte a offerte milionarie … del Barcellona!). Ma non si esagererà un po’? In fondo la Viola è intorno al decimo posto in classifica, le glorie internazionali se le guadagna con squadre di cui a malapena si individua sull’atlante la cittadina di provenienza, mentre le prove mirabolanti dell’eroe di turno fanno presto ad essere smentite da altrettante prove modeste o anche da improvvisi accantonamenti dalla rosa titolare. E diciamocelo. Il tifoso viola, per nulla di bocca buona e in genere cinico anche quando coltiva speranze e aspettative, di tante cose si è lamentato nel corso di quest’anno, e secondo me con ragione.
Ne dico una: l’allenatore. Italiano è bravo, come sono bravi quasi tutti i tecnici che escono da Coverciano e che, dopo un po’ d’esperienza, finiscono per insegnare calcio a tutta Europa. Ma è quella fase dell’esperienza che è controversa. Lì si intravedono le doti che vengono esaltate, o viceversa umiliate, dai risultati; ma quelle doti, non essendoci precedenti significativi che facciano da metro di paragone, bisogna saperle commisurare a quello che il tecnico sa cavare dai giocatori che ha a disposizione. E qui, su Italiano, è lecito avere delle perplessità.
Io sono convinto che la rosa della Fiorentina sia una delle più complete e attrezzate della serie A. In difesa abbiamo tre giocatori di assoluto livello in Milenkovic, Quarta e Igor. Il portiere è esperto e di buon livello (anche se io non avrei mai ceduto Dragowski per due palanche come è stato fatto, non so su consiglio di chi). Il centrocampo è uno dei migliori d’Italia: Bonaventura, Amrabat e Barack giocherebbero in tante grandi europee, mentre Mandragora, Duncan e Castrovilli costituiscono insieme un altro centrocampo di assoluto valore, oltreché di buone speranze. All’attacco, almeno sulla carta, ci sono due centravanti pregiati come Cabral e Jovic, con in più un ritrovato Kouamè (unica “riscoperta” che è tutto merito del tecnico). Sulle fasce siamo invidiati da mezza Italia: Gonzalez, Saponara, Sottil, Ikoné e gli ubiqui Brekalo e Kouamè. Meno ci invidiano gli esterni pendolari Dodò e Biraghi che, nonostante i loro indubbi intrinseci pregi, sembrano quelli più sacrificati dal gioco di Italiano e quelli che più chiamano in causa le sue scelte.
Mi spiego meglio. Tutti si gioisce quando la Viola attacca con sette-otto giocatori, sovrappone uomini sulle fasce che riescono con giocate di pura tecnica a saltare gli avversari e a dare all’attacco superiorità numerica, però poi si contano le vere occasioni da gol e le azioni andate a buon fine e si resta delusi. In più si contano le occasioni lasciate agli altri per palle perse o per ripartenze che seguono alle nostre azioni mal rifinite, e si constata quanto i conti economici non tornino, soprattutto rispetto al dominio nel possesso palla che in genere è nostro. Le squadre italiane che hanno passato in gloria gli ottavi nelle coppe europee in dodici partite hanno preso un solo gol, e naturalmente l’ha preso la Fiorentina da una squadra turca di cui dovrei andare a rivedere il nome per citarvelo, tanto è famosa.
Sì, mi direte, ma la Fiorentina è anche quella che a quella squadra ne ha segnati quattro di gol! E di nuovo la passione fa oscillare il pendolo verso l’orgoglio e l’ottimismo. Ma non per me. Il bravo allenatore, torno a dire, è quello che trae il massimo dalla rosa che ha a disposizione. E con quella rosa viene naturale dire che la squadra che Italiano dovrebbe mettere in campo, senza snaturare la sua “filosofia” offensivista ma preoccupandosi un po’ di più di non prenderle, dovrebbe essere con una difesa a tre (Milenkovic-Quarta-Igor), con un centrocampo che chiunque scenda in campo va bene (senza più Torreira, che sarebbe ancora indispensabile, vale mettere in campo i più in forma), con due attaccanti, più vicini e meglio preparati per i movimenti in sincrono, che potrebbero essere Brekalo, o Kouamè, o Saponara accanto a Cabral (Jovic mi pare irrecuperabile per qualsiasi tipo di gioco che comporti dei movimenti, e lo lascerei fermo in mezzo all’area per gli assalti degli ultimi quarti d’ora, tanto cari a Italiano); mentre gli esterni, che mi giocherei senza costringerli a rientri affannosi (giacché protetti dalla difesa a tre) potrebbero essere Gonzalez e Biraghi o addirittura Saponara (Dodò soltanto quando sarà in forma decente e non sarà obbligato a quelle diagonali che, come a Biraghi, gli risultano ostiche).
Dunque, chiederei a Italiano di convertirsi a un 3-5-2 che quasi tutte le grandi del campionato giocano. Quel gioco avrebbe anche il vantaggio di creare più spazi agli incursori, di sveltire la manovra, giacché nel gioco orizzontale del centrocampo si farebbe un passaggio in meno, di alleggerire ad Amrabat il compito di proteggere la difesa e di evitare che, nelle azioni d’attacco con tanti uomini nella metà campo avversaria, si finisca per vedere le punte che non trovano spazi perché “marcate” dai nostri centrocampisti che si inseriscono!
Ma pare che Italiano quel gioco, forse il più razionale da giocare, non lo capisca e non lo sappia interpretare. C’è stato un precedente famoso in Toscana. Corsi chiamò Del Neri ad allenare l’Empoli. Del Neri era già un allenatore importante, e Corsi aveva speso per assicurarselo. Però, nella fase di preparazione della squadra, venne fuori un inghippo imprevisto: Del Neri non voleva far giocare la squadra con la sua tradizionale (allora) difesa a tre, dicendo che lui quel gioco non lo sapeva fare. Del Neri fu immediatamente licenziato e non iniziò neppure il campionato! Si dice che per due anni la Viola sarà costretta a giocare al Castellani di Empoli. Che Commisso ne approfitti per farsi dare dei consigli da Corsi, che davvero, nella sua storia, ne ha sbagliate poche!
In foto Vincenzo Italiano