Tutte le strade portano a Roma
Titolo originale: All roads lead to Rome
Regìa: Ella Lemhagan
Top star: Sarah Jessica Parker, Claudia Cardinale
Top star de noantri: Raoul Bova
Spagna 2015
Finalmente un film che restituisce senso a questa rubrica, nata per abbattere e non certo per edificare. Ma nel caso di “Tutte le strade portano a Roma”, la ciofeca è talmente oggettiva che il gusto della stroncatura è amarognolo; è come sparare sulla Croce Rossa.
La “trama” è impreziosita da luoghi comuni sul nostro Paese e geniali soluzioni di sceneggiatura tipo il rapimento inscenato da una giornalista per ritrovare una ragazzina in fuga: scusate, ma le forze dell’ordine? E gli altri media? E l’Ordine dei Giornalisti? Il tutto poi in nome dell’amicizia tra la giornalista e Raoul Bova.
Che dire poi delle interpretazioni? Bova è il meno peggio, Nicolas Vaporidis con una particina da 30 secondi fa la figura di Al Pacino, e abbiamo già detto tutto. Claudia Cardinale fingiamo che non faccia parte del cast e ci salviamo così, incommentabile ma solo per pietas cristiana Sarah “Sex and the City” Parker, che fa gli occhioni dolci e inclina la testa dopo le battute.
Aggiungete le markette a una notissima compagnia di volo e a una super notissima fabbrica di automobili italiane, Bova che canta Tiziano Ferro… e il “capolavoro” è servito, con un finale di una bruttezza capitolina, ma se non altro in linea con un film impresentabile dalla prima all’ultima scena.
Abilmente risolto il problema della lingua, visto che la Parker e sua figlia sono statunitensi; i casi sono due: o loro parlano italiano o nel nostro Paese parlano tutti correntemente inglese (e a Ferragosto nevica).
*****
Regìa: Tod Williams
Top star: Samuel L. Jackson, John Cusack
USA 2016
Zero sussulti, non si sa se per colpa del film o del racconto di Stephen King (che comunque ha messo le mani su questa sceneggiatura), dal quale è tratto. Ennesima variante di zombi-movie, anche se qui, tecnicamente, non si tratta di non-morti, ma di posseduti. Sempre sconvoltissimo John Cusak, con quell’aria di chi viene tirato giù dal letto alle 3 di notte, dopo aver dormito un paio d’ore sì e no, reduce da un concerto di rock-metal, e sbattuto sul set senza aver bevuto nemmeno un caffè.
Per colpa di questo film per poco non è scattata la rissa qui al Bar De Curtis. Tonino, l’ultimo acquisto, è riuscito a scorgere una raffinata critica di King all’era social. Solo contro tutti, alla fine ha dovuto ammettere che l’utilizzo dei telefonini è semplice espediente narrativo. Riusciranno ad ammetterlo anche i veri critici?
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Estate ‘92
Titolo originale: Sommeren ‘92
Regìa: Kasper Barfoed
Top star: nessuno
Danimarca 2015
Un disastro. Le azioni di gioco ricreate sono verosimili come quelle dell’Allenatore nel Pallone; vada per il budget limitato, ma non è che puoi passare da uno stadio strapieno al campetto dietro l’oratorio, da un’inquadratura all’altra. Fosse un pretesto, il calcio, ci si potrebbe passare sopra, ma qui è il fulcro e del resto la sceneggiatura si scrive da sola, visto che si tratta della favola agli Europei 1992 della Danimarca, ripescata prima e vincitrice a sorpresa poi. Pathos azzerato dalle già citate scene rifatte all’oratorio, piuttosto inquietante poi la mancanza di dirigenti (ma è una Nazionale o la squadra del prete?), il fatto che giocatori professionisti non conoscano il regolamento e che negli spogliatoi, sempre oratoriali, ascoltino tutti insieme la radio. Altro film sul calcio non riuscito, ma del resto stiamo parlando di uno sport agonizzante, convinto invece di godere di ottima salute.