“Il sistema fieristico italiano genera affari per 60 miliardi di euro l’anno dando origine al 50% dell’export delle imprese italiane”. Questi i dati del settore, citati dal presidente di Aefi (associazione esposizioni e fiere italiane), Ettore Riello, in occasione di un convegno sul tema, in cui ha specificato che le fiere, “come avviene in altri Paese europei, dovrebbero essere fortemente sostenute e non penalizzate” (ANSA – ROMA, 03 MAG. 2016).
Dunque: un Quartiere fieristico non è un lusso ma un investimento, uno strumento per generare ricchezza per tutto il territorio. E lavoro, cioè sicurezza e dignità. Ignorare, sottovalutare o trascurare un tale strumento è un grave errore.
Il Comune di Reggio, in particolare il Sindaco Delrio oggi Ministro, conosce e condivide perfettamente questa visione, che vede nei Quartieri fieristici degli strumenti di sviluppo dell’economia. E nel Piano Strategico per la nostra comunità reggiana ha adottato come uno dei punti cardine le Fiere di via Filangieri. Sentite:
Le scelte del Masterplan (Comune di RE, 2009-10)
L’Area Nord è grande e complessa. È molto di più di quanto messo al centro della discussione finora per estensione, storia, strutturazione, valenza strategica. Si diffonde indicativamente tra la ferrovia storica e la nuova linea dell’Alta Velocità, incontrando nella sua estensione due forti polarità: le Reggiane, a Sud, e, a Nord, il sistema integrato Fiere, Casello autostradale, Stazione AV, che gravita intorno al “Parco Progetti Calatrava”. (Stati Generali, p. 10)
Masterplan assi strategici- Cantieri in corso:
……………………..omissis………………..
– processo di fusione tra Sofiser e Siper con Provincia e Camera di Commercio (ibidem, p. 13)
Turismo:
………………omissis…………….
Questo significa che la nostra città è ancora un centro solamente locale. Alla luce della possibilità di Reggio di diventare una città meglio collegata con l’Europa, alla domanda se questi flussi siano sufficienti, la risposta, secondo me, è “no”. (ibidem, p. 14)
Asse 3 – Grandi progetti:
La nostra proposta (del Sindaco Delrio, NdR) è che gli ambiti in cui sviluppare grandi progetti per l’Area Nord siano alle Fiere e alle Reggiane.
……… Questi grandi progetti potrebbero avere un’interfaccia, una sinergia con altri grandi progetti nell’Area Nord, in un’altra realtà esistente, sulla quale credo sia necessario investire come sistema e territorio, e cioè le Fiere di Reggio Emilia . Le Fiere, così come le conosciamo, sono un elemento in trasformazione. Legate alla tradizione agroalimentare del nostro territorio
– che è un’eccellenza che va ben al di là dei nostri confini comunali
– sono oggi specializzate su eventi di alto livello di nicchia. Credo che sulle Fiere occorra pensare ad un grande progetto, affinché possano diventare un ulteriore elemento di forza di Reggio, l’Expo del sistema economico dell’area vasta.
L’eccellenza agroalimentare deve trovare qui una nuova potenzialità per esprimersi, ma nello stesso tempo le Fiere potrebbero proporsi ad altri ambiti di eccellenza, come un vero Expo mediopadano di nuova generazione, estremamente tecnologico e in sinergia con il Parco della conoscenza, innovazione e creatività di Reggio Emilia. Le Fiere possono essere rimodernate sfruttando i valori esistenti per diventare un sistema di qualità collegato al nostro modello e alle nostre competenze distintive. Per fare tutto questo occorrono, naturalmente, la condivisione e il supporto della città e del territorio, e non solo della dimensione locale, ciascuno per il proprio ruolo, le proprie responsabilità e il proprio contributo. (ibidem, p.21-22).
Questo è il quadro generale – ufficiale – in cui gli operatori stanno muovendosi, definendo il loro piani per il futuro ed i relativi investimenti. Pare però che, recentemente, gli orientamenti dei gruppi dirigenti politici ed economici della nostra città siano cambiati. Profondamente cambiati. Lo vediamo nelle decisioni adottate, nelle interviste di qualcuno e nei silenzi di altri. Il ruolo di questi gruppi dirigenti, politici, imprenditoriali, sociali hanno tutti un elemento in comune: devono rendere conto alle loro basi di riferimento, a coloro che li hanno eletti a quei ruoli e ne pagano i costi. Se il Masterplan – costruito dai gruppi dirigenti citati e da loro approvato formalmente all’unanimità – non va più bene ciascuno deve dirlo esplicitamente e pubblicamente, spiegando le motivazioni. E’ una questione di civiltà, di democrazia, di senso del dovere, di buona educazione, di buonsenso.
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