Firenze – FidiToscana, la società partecipata creata nel 1975, è una finanziaria di cui la Regione possiede ad ora il 49,42 per cento delle azioni e al cui interno i partner bancari, tranne Mps (27,42%) e Federazione Bcc (1,47%), hanno tutti oggi i loro centri direzionali fuori dalla Toscana.
La questione Fidi Toscana è stato posto sotto i riflettori oggi, martedì 27 aprile, in consiglio regionale, dal momento che appare indispensabile ripensarne la natura e l’operatività. Al primo posto, l’obiettivo di mettere in sicurezza i conti della partecipata, che ha chiuso il 2020 con il secondo anno consecutivo di utile consolidato (696 mila euro) dopo le perdite, per via dei crediti deteriorati, del 2015, 2017 e 2018.
Rumane tuttavia indiscutibile, secondo quanto ha spiegato l’assessore all’economia Leonardo Marras in consiglio, che qualunque sia la forma futura della società, Fidi Toscana continuerà ad esistere. “L’opportunità di offrire alle aziende canali pubblici di approvvigionamento finanziario – sottolinea – sarà decisiva per la ripresa dopo la pandemia”.
“La nuova FidiToscana non sarà però – chiarisce – una mini ex-Iri, come da qualche parte si è letto, per intervenire in maniera diretta nella compagine sociale delle aziende. Nessuno, ammesso che ciò che sia permesso dalla legge, ha mai pensato di usare risorse pubbliche per l’ingresso nel capitale sociale delle imprese”. “Semmai – continua Marras – la Regione potrebbe dotarsi di nuove misure di ingegneria finanziaria per sostenere i programmi di investimento e di crescita delle aziende toscane solide e in grado di provarci”. Come il sostegno all’emissione di minibond da parte piccole e medie imprese ad esempio, oppure attraverso fondi rotativi e garanzie per la capitalizzazione delle imprese innovative e delle start up.
Si punta alla trasformazione di FidiToscana in una società in house. “Obiettivo di programma non affatto semplice in partenza”, sottolinea Marras.
Per decenni FidiToscana ha del resto offerto, con garanzie per l’accesso al credito, le migliori soluzioni per favorire la crescita delle piccole e medie imprese toscane. Con 102 milioni di prestiti subordinati concessi a Fidi dalla Regione sono stati garantiti, dopo la crisi del 2008, oltre un miliardo e 400 milioni di finanziamenti. E da lì si riparte. Una società in house garantirebbe procedure più snelle e veloci.
“Ma va valutata la fattibilità dell’acquisizione dell’intero capitale azionario, in che forme e a quali valori – spiega Marras – va valutato anche se ci possano essere condizioni sufficienti per la tenuta degli equilibri economico patrimoniali della società”. Il mercato delle garanzie è cambiato e si è fatto più difficile. Sono mutate anche le norme: il decreto Crescita ha abrogato il decreto Bassanini del 1998, che vincolava le imprese a richiedere garanzie di primo livello a garanti che operano sul territorio regionale. Molte cose sono da ripensare. Analisi tutte demandate ad un advisor, un esperto esterno, che sarà incaricato di stilare una relazione dettagliata al riguardo.
“Dovremo anche approfondire – conclude Marras – le possibili collaborazioni e integrazioni, a livello nazionale, con Cassa Depositi e Presti per la patrimonializzazione delle imprese e con Mediocredito Centrale nel campo delle garanzie, così come l’opportunità che può offrire la Banca europea degli investimenti, con cui la la Giunta ha avviato interlocuzioni preliminari”. Tutti gli strumenti a disposizioni andranno ottimizzati. “E va attivato – dice l’assessore – un confronto con tutto il sistema economico della Toscana, con il mondo del lavoro e con quello istituzionale, prima di assumere qualsiasi scelta”. Sinergia e concertazione dunque, parole chiave. “Ma occorre far anche presto – avverte Marras – per essere operativi almeno sin all’inizio del 2022”.