Carrara (Massa-Carrara) – Il cinema si riconferma grande protagonista del festival Con-vivere. Nelle giornate della manifestazione, organizzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara, dal 5 al 7 settembre nella città apuana, saranno film e cortometraggi d’eccezione a mostrarci un’Africa dalle mille sfumature, lontana dai luoghi comuni, nella rassegna curata come ogni anno da Tilde Corsi. Attraverso il punto di vista privilegiato della cinepresa viaggeremo dal Senegal al Congo al Burkina Faso scoprendo al tempo stesso la vitalità di un cinema che ha dato alla luce alcuni fra i più interessanti registi sul panorama internazionale. La scelta ha privilegiato film che costituiscono pietre miliari nella cinematografia sub sahariana e due cortometraggi di nuove proposte.
La rassegna si terrà, come ogni anno, nel Cinema Garibaldi di Carrara. Si comincerà venerdì 5, alle 21.00, con la proiezione del lungometraggio del senegalese Sembène Ousmane dal titolo “Moolaade”: produzione franco-senegalese del 2004 che, presentata al festival di Cannes nello stesso anno, si è aggiudicata il prestigioso riconoscimento Un Certain Regard.
La pellicola è una tessitura vibrante che affronta il delicato tema della mutilazione sessuale femminile senza mai rinunciare a un tocco satirico e a quel ritmo vivace della narrazione che fa la differenza fra un film di successo e uno noioso. Sullo sfondo, la vita di un villaggio del Burkina Faso con le sue antiche usanze e il consiglio di uomini depositari della tradizione, al centro, una donna, Collé, che resiste e si oppone a un rito riconosciuto come barbaro facendo appello alla sua conoscenza del diritto locale. Del resto il film rappresenta la summa dell’opera di Sembène Ousmane, regista e scrittore, scomparso nel 2007, che fin dai suoi esordi si è interrogato sulle complesse interazioni fra tradizione, religione, tecnologia e influenze occidentali nel mondo africano. Un cineasta combattivo che, dopo aver conosciuto personalità del calibro di Jean Paul Sartre, Paul Eluard, e i grandi maestri della Nouvelle Vague francese, si convinse della potenza delle settima arte come mezzo di cambiamento e da allora non smise mai di cercare una via africana al cinema, del tutto indipendente da finanziamenti esteri. Porta infatti la sua firma il primo lungometraggio africano, del 1966, “la nera di…” in cui per la prima volta ci restituiva un’immagine autentica dell’Africa e dei suoi abitanti, del tutto slegata dagli stereotipi traboccanti di esotismo e romanticismo tipici della produzione occidentale sul “continente nero”.
Niente di meglio, dunque, per aprire la rassegna sulla cinematografia africana, di questo riconosciuto capolavoro che, d’altra parte, è solo il primo appuntamento di una maratona che ci terrà incollati allo schermo fino alla mezzanotte passata.
Seguiranno due cortometraggi della cinematografia più recente. Alle 23.00 la pellicola del 2009, ancora franco-senegalese, di Dyana Gaye “Saint Louis Blues, Un transport en commun“, Gran Premio per il miglior cortometraggio al Dubai film festival. Qui lo sguardo femminile si fa chiave di lettura principale della storia. E sarà la musica il linguaggio attraverso cui i singoli personaggi, apparentemente distanti, ma avvicinati da un lungo viaggio in taxi-brousse da Dakar a Saint Louis, sveleranno sé stessi. In un’alternanza di sequenze cantate corredate da riprese molto realistiche, la regista ci offre uno sguardo sull’Africa fresco, firmando un musical divertente ed ottimista, caratterizzato dall’originale colonna sonora scritta da lei stessa e interpretata da una grande formazione di ben diciannove musicisti: la Surnatural Orchestra insieme all’ensemble Les Cordes.
Nuovamente il Senegal sarà al centro dell’ultimo appuntamento della giornata, in programma alle 23.50, in cui incontreremo per la prima volta il cinema di uno fra i più interessanti autori africani: Djibril Diop Mambéty, prematuramente scomparso nel 1998.
Continuamente in bilico fra realismo e favola, nei 45 minuti del corto «Le Franc» il regista ci racconta l’avventura di Maringo, un musicista che vive alla giornata a Dakar le cui peripezie inizieranno con un biglietto vincente alla lotteria. Riuscirà Maringo a riscuotere il suo premio? A partire da questa divertente sceneggiatura Mambety ordisce una trama a tratti surrealista e visionaria in cui ci seduce con l’idea che sia proprio dal sogno che l’Africa post-coloniale possa ripartire.
Sabato 6 settembre alle 21.00 la rassegna riprenderà alla grande con il classico incontro con l’autore che porterà quest’anno a Carrara il giovane regista fiorentino Clemente Bicocchi. Assieme a lui sul palco del Garibaldi, saliranno la curatrice della rassegna, la produttrice di origini carraresi Tilde Corsi e Idanna Pucci, protagonista del documentario del cineasta dal titolo “Africa nera, marmo bianco” la cui proiezione seguirà il dibattito.
Il lungometraggio, realizzato nel 2011, è un documentario di produzione italo-americana sull’esploratore ottocentesco Pietro Savorgnan di Brazzà e sul tentativo della sua discendente, Idanna Pucci appunto, di salvaguardarne la memoria e gli ideali. La vicenda prende le mosse dalla notizia che il presidente della Repubblica del Congo, Sassou Nguesso, intende trasferire le spoglie del viaggiatore dal piccolo cimitero di Algeri in un gigantesco mausoleo di marmo bianco eretto nella poverissima Brazzaville – l’unica capitale in Africa che ha mantenuto il nome del suo fondatore europeo. Presto la Pucci scoprirà i veri interessi che si celano dietro all’iniziativa e farà di tutto per impedire che la figura di Brazzà sia utilizzata per coprire la corruzione e lo sfruttamento della Repubblica del Congo da parte delle solite società occidentali
Il merito del documentario, un decoupage ben calibrato fra immagini di repertorio, animazione, teatro d’ombre e riprese dal vivo, sta dunque nel riportare alla luce la biografia dell’esploratore così come la ricorda la sua discendente. Un uomo che rifiutava il razzismo tipico della sua epoca e che, con vero spirito pacifista, si guadagnò il rispetto
delle popolazioni dei villaggi congolesi: tutto il contrario di quanto accade adesso, quindi, grazie anche a regimi corrotti che mostrano quanto il colonialismo sia ben lungi dall’essere un capitolo chiuso della storia.
Torneremo poi in Burkina Faso, con l’ultima proiezione della serata, alle 22.30, il film “Samba Traoré” del burkinabè Idrissa Ouédraogo. Leone d’Argento al festival di Berlino del 1993, la pellicola tratteggia ancora una volta un ritratto inedito dell’Africa per nulla annacquato e pittoresco. Samba Traoré è una sorta di gangster movie in salsa brousse nel quale un tragico Scarface africano, da un’iniziale scalata al successo, affonderà nei suoi errori. A differenza del personaggio americano però il protagonista di Samba Traoré è animato di buoni sentimenti e in fondo il suo reato è mosso dall’intenzione di migliorare la vita del suo villaggio e della comunità di appartenenza.
Gran finale, infine, domenica alle 21.00, con il lungometraggio del già citato maestro Djibril Diop Mambéty, intitolato significativamente “Hyenes” (iene) e prodotto nel 1992 interamente in Senegal. Il film è emblematico di un possibile felice dialogo fra la cultura occidentale e africana. Hyenes è, infatti, l’estrosa rilettura de “La visita dalle vecchia signora” del drammaturgo svizzero Friedrich Dürrenmatt. Nella pellicola il regista trasferisce un classico noir ambientato nel Paese elvetico degli anni Cinquanta in un vago villaggio del Sahel degli anni Ottanta, Colobane, che altro non è se non la periferia di Dakar dove Mambéty è nato e cresciuto. La protagonista, Linguère, una vecchia signora diventata ormai ricchissima, ritorna dopo molti anni al suo paese di origine. Il villaggio, in preda alla povertà più assoluta, accoglie Linguère sperando di ricevere beni e favori per migliorare la propria situazione. Per incoraggiare la sua generosità, affidano a Dramaan, un droghiere locale che una volta aveva corteggiato (e ingannato) la donna, l’incarico di convincerla. Linguère, in realtà, è tornata con l’intenzione di condividere la sue ricchezze con il villaggio, ma solo al prezzo dell’uccisione di Dramaan. Il desiderio di vendetta e giustizia di Linguère porta gli abitanti di Colobane a compiere azioni ciniche e folli, senza più possibilità di controllo. Il film, presentato in Competizione Ufficiale al Festival di Cannes, è dunque un’ironica riflessione sui legami fra follia e potere in cui non si salva nessuno.
Fra thriller, commedia, documentario, animazione non manca proprio nulla al cartellone del cinema di con-vivere che si offre come osservatorio privilegiato sul continente africano. Non soltanto una lente di ingrandimento, ma anche un momento dedicato all’intrattenimento che mostra la voglia dell’Africa di raccontarsi e di uscire dagli stretti schematismi di una cinematografia edulcorata: con graffiante ironia e con uno stile incisivo che guarda fieramente al futuro.