Dopo avermi domandato come potevamo vivere senza telefono adesso i miei temibili nipoti hanno chiesto cosa facevamo le sera quando non c’era la televisione.
Anzitutto, bisogna ricordare che le trasmissioni televisive iniziarono il 3 gennaio 1954 ma occorsero due anni perché il segnale coprisse l’intero territorio nazionale e a quel momento gli abbonati erano appena 360mila anche a causa del costo dei televisori.
Si dovette arrivare addirittura al 1965 perché gli abbonati superassero quota 6 milioni il che voleva dire che si era ancora a circa un terzo delle famiglie italiane.
Insomma in quegli anni, per molti, la televisione era ancora un lusso. Cosa si faceva allora la sera?
Negli anni successivi al 1954, quando in tv c’era qualche programma d’intrattenimento come Lascia o raddoppia? o Il Musichiere si andava a vederli al bar dove erano state allestite apposite salette per la televisione e in questa visione collettiva ci si appassionava e si discuteva per commentare la trasmissione.
In alternativa, in casa, c’era la radio. ”Presto, a cena che poi c’è la commedia!” Era l’epoca dei radiodrammi e una volta alla settimana ci si riuniva attorno ai grossi apparecchi a valvola. Nelle altre sere, spesso gli uomini uscivano e andavano al bar per un a partita a carte o a biliardo, le donne leggevano rotocalchi o ascoltavano la radio.
Ma spesso specie nei piccoli paesi dove le distanze erano ravvicinate, accadeva che una famiglia andasse “a veglia” in casa di parenti o di amici. Queste riunioni familiari comprendevano anche i bambini. Gli adulti passavano in rassegna i fatti della giornata, in genere fatti di cronaca o pettegolezzi paesani. Ma poi c’era sempre qualcuno che, coinvolgendo anche i bambini, raccontava qualche storia. Le più allettanti erano le storie di paure, racconti di fantasia ma presentati come veri.(fra le più gettonate le processioni dei defunti o le case infestate). E ricordo che qualche volta parlavano anche dei marziani dato che gli anni ’50 i giornali riportavano di numerosi presunti avvistamenti di UFO.
Tutto questo in inverno, magari riuniti davanti a un camino con le caldarroste perché in estate si andava “al fresco”. Anche lì si trattava di riunioni familiari, per lo più sui gradini delle case o in una piazzetta , portandoci sgabelli da casa.
Ci davamo appuntamento o ci incontravamo con altri che passavano di lì e che si fermavano a parlare del più e del meno. Certe volte, a noi bambini, mostravano le varie costellazioni ..il grande e il piccolo carro, la stella polare e poi la luna… con Caino che fa le frittelle.
Il cinema era un appuntamento della domenica pomeriggio o del sabato sera. Nelle città, negli anni ’60, trovammo una novità: il cinema “continuato” ovvero più spettacoli che si susseguivamo, come accade ora. Ma la particolarità è che allora si usava entrare appena si arrivava, anche se il film era al secondo tempo. Lo si vedeva finire e poi ricominciare e si usciva quando si tornava al punto in cui si era entrati.
Il primo tempo, a questo punto, diveniva una sorta di flashback e spiegava punti che ci erano risultati ovviamente oscuri ma ovviamente si perdeva molto del senso del film e questa consuetudine non mi piaceva affatto
D’altronde, ogni tempo ha le sue mode. Poi sarebbero venute la Tv di flusso e l’hic et nunc del web. Sempre al sabato o la domenica pomeriggio i giovani si trovavano intorno al juke box che era punto di riunione, e occasione di dialogo sugli ultimi successi discografici.
Tornando alla televisione merita ricordare anche la vicenda del colore.
In America regolari trasmissioni a colori c’erano già nel 1953 in Germania, Francia Gran Bretagna dal 1967. In Italia si sarebbero dovuti aspettare altri 10 anni. In realtà, la Rai era pronta a trasmettere a colori fin dal 1961. Ma c’erano problemi di altro tipo. Anzitutto, l’ indecisione sul sistema da adottare: il Pal tedesco o il Secam francese. Una scelta che aveva riflessi sulla politica estera. Nel 1972 la Rai trasmise a colori la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Monaco ma poi non si dette seguito perché in alcune forze politiche e anche in ambienti sindacali c’era la preoccupazione che la spesa per l’acquisto di un televisore a colori desse una spinta all’inflazione si era impennata. a seguito della crisi petrolifera del 1973 e che mettesse in crisi molte famiglie.
Il 1 febbraio 1977 ci fu l’avvio di trasmissioni regolari a colori .che però per un certo periodo continuarono ad alternarsi con quelle in bianco e nero. Ma nel corso dei primi anni ’70 fervevano le discussioni se per la tv fosse meglio il colore o il bianco/nero. Ricordo che ero un fervente sostenitore del colore. Però altri dicevano che ciò poteva valere per i film e per i documentari ma che per i programmi di attualità e per l’informazione il bianco/nero dava un maggiore effetto –verità perché lo sguardo era meno distratto dalle immagini e poi perché quello era uno specifico televisivo rispetto al cinema.
In realtà, penso che la questione fosse all’opposto. In un mondo che è naturaliter a colori, il colore da un effetto di realtà anche in tv. Il b/n ,viceversa, poteva dare un effetto evocativo, per certi versi onirico, ed è per questo che anche nel cinema il b/n ha resistito più a lungo nei gialli e nei mistery. E anche in televisione: pensiamo ai mitici sceneggiati come, ad esempio, Il segno del comando oppure Belfagor, il fantasma del Louvre o al suggestivo Giallo club con il tenete Sheridan – oggi ulteriormente arricchiti dalla patina vintage.