Festival dei Popoli: due geni assoluti, il regista Soda e il ballerino Polunin

Firenze – La 58esima edizione del Festival internazionale del documentario è iniziata con un programma di film molto significativo. Nel pomeriggio un classico del cinema documentario americano, Primary, del regista Robert Drew, padre del cinema diretto, con la strepitosa fotografia dei fratelli Maysles. Il documentario ha inaugurato il focus tematico del Festival, Effetto domino, sogni e incubi del potere contemporaneo.  Primary è il primo dei quattro film dedicati alla figura politica di John F. Kennedy. I senatori Hubert Humphrey e John F. Kennedy concorrono alle primarie del Partito Democratico. Drew sceglie di utilizzare una modalità osservativa che permette agli spettatori di conoscere da vicino la personalità politica dei senatori, al di là della propaganda, ma anche di seguire la creazione della loro immagine presidenziale.

In programma anche Campaign che ha inaugurato la retrospettiva dedicata al regista e artista visivo giapponese Kazuhiro Soda. Il cineasta giapponese ieri ha presentato il film insieme al curatore della retrospettiva Silvio Grasselli. Campaign è la prima opera degli “Observational Films”, nove film che seguono lo stesso metodo e stile. Soda è un cineasta innovativo e anticonformista. Dopo la laurea in studi religiosi a Tokyo, si è trasferito a New York dove ha studiato presso la School of Visual Arts.

Dopo un’esperienza frustrante come regista televisivo, ha deciso di inventare un suo metodo personale, un decalogo di dieci comandamenti da seguire nel suo lavoro artistico. Soda afferma per spiegare il suo metodo: “Io, in quanto regista, osservo nei dettagli la realtà che mi sta di fronte e faccio film secondo quanto osservo e scopro, in nessun modo basandomi sulle supposizioni e sui preconcetti precedenti le riprese…Incoraggio gli spettatori a guardare il film usando attivamente i loro occhi e le loro menti.” Citiamo alcuni comandamenti molto esplicativi: “Nessun incontro con i protagonisti del film prima di iniziare a girare, non scrivere soggetti o trattamenti, registrare più a lungo possibile senza stacchi o interruzioni, non stabilire temi e obiettivi prima dell’inizio del montaggio, nessuna voce narrante, titoli in sovraimpressione, musica, usare piani lunghi.”

I dieci comandamenti sembrano molto adatti per l’uso della tecnologia digitale, che Soda infatti utilizza per il suo lavoro creativo ed estetico. Lo stile e il metodo di Soda valorizzano le potenzialità del video digitale che permettono l’osservazione fisica, estetica e spirituale del reale. Soda, allievo spirituale di due grandi maestri del cinema documentario, Yasujiro Ozu (Viaggio a Tokyo, Tarda primavera) e Frederick Wiseman (Titicut Follies, Meat),  riesce a connettere nella sua poetica  la valorizzazione della vita privata, del tempo quotidiano e spirituale – tipica di Ozu – e l’osservazione meticolosa della società, come in Wiseman. In Campaign, il cineasta segue la campagna elettorale di un suo compagno di studi, Yamauchi Kazuhiko, che, dopo aver lavorato come venditore di francobolli e monete, decide di candidarsi per diventare consigliere comunale della città di Kawasaki, per il Partito Liberal Democratico, potente partito conservatore.

L’accordo preso per poter filmare la campagna elettorale permette al cineasta di osservare e svelare sia la complessa macchina organizzativa della campagna, sia i caratteri, le personalità, i sentimenti dei politici e dei cittadini. Nel corso del film emergono alcuni aspetti molto rilevanti: l’inesperienza del candidato, il legame fortissimo con le gerarchie del partito, la sudditanza e l’assoluta deferenza nei confronti del primo ministro. Il candidato ripete in modo automatico gli slogan politici, in un tour de force che lo vede protagonista insieme alla moglie di un battage politico che investe i quartieri e i cittadini di Kawasaki. Campaign, un documentario originale che, con i toni della commedia sociale, ritrae in modo ironico e engagé le ambizioni di un candidato improvvisato senza un background politico alle spalle, e mostra un partito gerarchico che cerca di persuadere il cittadino, senza dibattito e dialogo.

La prima serata del festival si è chiusa con un evento speciale, la proiezione di Dancer di Steven Cantor, che ha fatto scoprire al pubblico fiorentino l’incredibile storia del giovane ballerino ucraino, Sergei Polunin. Ecco il ritratto di questa eccentrica icona dello spettacolo: la povertà ucraina, l’ingresso alla prestigiosa Royal Ballett Academy di Londra, l’abbandono dell’accademia, l’uso di droghe e, infine, il trionfante ritorno sulle note di Take Me to Church nel famoso video di David La Chapelle.

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