Festival dei Popoli: Beirut, alla ricerca dei perché di una guerra fratricida

Firenze – Con la retrospettiva dedicata alla cineasta franco-libanese Danielle Arbid, presente al cinema della Compagnia, è partita la 57esima edizione del Festival dei Popoli. Ieri pomeriggio Arbid ha presentato il suo primo cortometraggio, Raddem (1998), e il suo primo mediometraggio documentario, Seule avec la guerre (2000), già presentato in molti festival, che aveva ricevuto una menzione speciale al 41° Festival dei Popoli.

Arbid è nata a Beirut nel 1970, a 17 anni ha lasciato il Libano per studiare Letteratura alla Sorbonne di Parigi e Giornalismo al Centre de Formation des Journalistes di Parigi e Bruxelles. In Raddem una giovane donna, tornata a Beirut, cerca Samir, il fotografo che aveva scattato una foto della sua casa di famiglia prima che fosse distrutta, ma non lo trova, perché è partito. A sorvegliare la casa di quelli che erano un tempo i suoi vicini è rimasta una coppia di anziani, che rappresenta il passato doloroso della guerra. I due vecchi non vogliono comunicare con la donna, il trauma della guerra deve essere nascosto.

Dopo questa prima opera significativa, con Seule avec la guerre, la cineasta libanese ci guida nel cuore infranto della Beirut degli anni Duemila ancora trafitta dal ricordo della guerra civile. L’immagine della città e dei suoi abitanti cambia dalla pellicola di Raddem al beta digitale di Seule avec la guerre e trasforma la percezione stessa del documentario. Da un ritratto autobiografico, dove si cercano le tracce della Storia, si passa a un film che rovescia i patterns del documentario televisivo d’inchiesta. L’autrice cerca di comprendere le ragioni della guerra civile in Libano attraverso un’indagine soggettiva che ritrae l’universo emotivo e psicologico delle persone che incontra e intervista. Quest’approccio immette lo spettatore in un’inchiesta dove i luoghi della guerra e le persone intervistate mostrano i segni di un trauma che non può essere congelato da un freddo reportage storico.

Seule avec la guerre – come ha dichiarato l’autrice in sala – interroga il senso stesso della violenza, quando gli uomini immersi in uno stato di assedio e paura possono diventare violenti e uccidere. Il Libano che, come dichiara un ministro nel film, non ha riconosciuto con la costruzione di un memoriale i civili deceduti nella guerra, è rimasto “intrappolato” nel rapporto conflittuale fra i paesi arabi e Israele. Il viaggio di Arbid ci fa entrare nel ventre di una Beirut fatiscente e ci avvicina a una popolazione che ha subito le logiche geopolitiche che si sono create sin dagli anni ’70 nell’area medio-orientale.

 

NO BORDERS di Haider Rashid

No borders è il primo film girato in realtà virtuale. Elio Germano ci guida in alcuni luoghi italiani dove vengono accolti i migranti, luoghi inadeguati a offrire loro un’efficace assistenza. Da Ventimiglia a Roma, il film No borders rivela come in Italia stiano mancando delle politiche sulle migrazioni che disegnino in concreto un sistema in grado di assicurare ai migranti sussistenza e integrazione.

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