Firenze – Il Festival dei Popoli, appuntamento da non perdere per i cinefili e per il grande pubblico, si conferma come un luogo culturale ricchissimo di documentari significativi: 100 titoli, distribuiti tra i cinema La compagnia, Alfieri, Stensen e l’Istituto francese, oltre che in altri luoghi della città.
La 63° edizione è stata inaugurata ieri pomeriggio al Cinema della Compagnia con un programma suggestivo che ha introdotto alcuni focus del festival. Si è iniziato con “Rewind e Play” di Alain Gomis, per la sezione “Let the music play!”, un ritratto del grande pianista jazz Thelonius Monk. Il film mostra il contrasto tra il talento anticonformista del musicista e le rigide esigenze televisive. Si è proseguito con “Il valore della donna è il suo silenzio” di Gertrud Pinkus, una storia che proviene dall’archivio del festival (per la sezione Diamonds are forever). Il documentario narra la vicenda di un’emigrante del Sud Italia nella Germania degli anni settanta. Prima della cerimonia di apertura, spazio ai film Doc Highlights, con “Happy Pills” di Robert Arnaud e Paolo Woods, un viaggio attraverso sei paesi e personaggi diversi in un mondo in cui la chimica è la risposta definitiva alla ricerca del benessere umano.
Alle 21.00 è stato quindi presentato “Everything will change” di Marten Perisel (presente in sala), film prodotto da Wim Wenders. L’introduzione è stata affidata al direttore del festival, Vittorio Iervese, ed è intervenuta la consigliera regionale Cristina Giachi. Il film, tra documentario scientifico e fantascienza, ha inaugurato la sezione Habitat del Festival: in un distopico 2054 tre giovani anticonformisti intraprendono un viaggio tra le memorie naturali, alla scoperta della loro bellezza dispersa, sperando di capire cosa è successo al pianeta. La risposta sta nel passato, nel 2020, quando un futuro migliore era ancora possibile. Nel film sono intervistati scienziati ed esperti, nonché autori, tra i quali lo stesso Wenders.
Il presidente del festival, Alessandro Stellino, presente alla proiezione, ha evidenziato come il festival sia un luogo libero e creativo che propone e diffonde il documentario inteso come arte, interpretazione e documento di una complessa realtà. Andando al di là di ogni ortodossia estetica, gli organizzatori del festival, Vittorio Iervese, Claudia Maci e Daniele Dottorini, hanno coordinato una selezione di opere tra i mille film inviati, divisi in sezioni. Da segnalare l’importante rassegna dedicata ai Fratelli Dardenne a cura di Daniela Persico. I cineasti belgi hanno ricevuto due palme d’oro per “Rosetta” e “L’enfant”, che li hanno fatti conoscere a livello internazionale.
I Dardenne terranno una master class venerdì 11 novembre al Cinema la Compagnia alle ore 11. Il 12 novembre, sempre al cinema la Compagnia, ci sarà la prima nazionale del loro ultimo film, “Tori e Lokita”, presentato in concorso al 75° Festival di Cannes. Registi da sempre impegnati a raccontare i conflitti umani e sociali, oggi attenti e partecipi osservatori delle diseguaglianze sociali, dei problemi dell’immigrazione, della disoccupazione e della marginalità. Il concorso internazionale presenta 18 titoli in prima visione italiana e internazionale per la giuria composta Jordan Cronk (USA Los Angeles), Heidi Fleisher ( statunitense attiva a Parigi) e Paolo Moretti. Il concorso italiano, con 7 documentari, avrà una giuria composta dalla produttrice Nadia Trevisan, dal regista Duccio Chiarini e dalla curatrice e ricercatrice Giulia Simi.
I fari accesi della 63° edizione illuminano, con il film di Perisel e la sezione Habitat, gli urgenti temi ecologici. Il nostro futuro è determinato dalle nostre scelte: abbattere l’inquinamento e salvaguardare l’ecosistema e la biodiversità è un compito sia collettivo che individuale. Un’etica ecologica oggi è più che mai necessaria. Uscire da una logica di brutale sfruttamento delle risorse naturali del pianeta terra vuol dire riconsiderare la relazione uomo-natura stravolta dal paradigma neopositivista e tecnologico che mette a rischio la specie umana e la vita del pianeta. Guerre, cambiamento climatico, deforestazione, inquinamento dell’aria e degli oceani, diffusione pervasiva della plastica e rischio di estinzione della fauna selvatica sono alcune conseguenze di un sistema globale alterato che deve cambiare direzione politica.
Foto: Everything will change