Firenze – Prende avvio domani la quinta edizione della manifestazione “The State of The Union” organizzato dall’Istituto Universitario Europeo con il Comune di Firenze, che è ormai diventato un appuntamento fisso di riflessione e confronto a livello internazionale. In quattro giorni di incontri e dibattiti saranno affrontati da ospiti provenienti da tutta Europa i temi dei principi fondamentali dell’integrazione europea, della sorveglianza cioè dell’uso delle tecnologie della sorveglianza o sicurezza e del peso che l’Unione europea deve avere per affrontare le crisi internazionali. Sul significato dell’incontro e sui temi che verranno approfonditi Stamp ha intervistato il segretario generale dell’Istituto Universitario Europeo, Pasquale Ferrara
D- The State of the Union è giunto alla quinta edizione, proponendosi ormai come un appuntamento fisso di incontri e confronti a livello internazionali, un po’ come Davos e Cernobbio. Come è nato?
R- L’idea è nata con l’intenzione di stabilire un collegamento con la città innescando un meccanismo che ora integra anche il Festival d ‘Europa, manifestazione che si prefigge di coinvolgere i fiorentini e in particolare i giovani su iniziative europee. Quanto alla conferenza “State of the Union” vuole essere un momento di riflessione su problemi fondamentali.
D- Può citare i principali?
R- L’emigrazione, tenendo presente il problema dei rifugiati perché molti sono costretti a lasciare il loro paese per questioni politiche o conflitti che sono cause diverse da quelle dell’emigrazione classica. E poi anche i problemi di sorveglianza, che quest’anno sarà uno dei temi principali della conferenza, e cioè come coniugare la sicurezza confrontata a minacce terroristiche senza ledere i diritti dei cittadini . E poi l’integrazione, cosa significa nella vita quotidiana, a cosa serve o non serve. E poi come l’UE si deve attrezzare nel mondo globale, come deve rispondere ai problemi del mondo, andando alle loro radici e non solo occupandosi dei rimedi emergenziali. E anche quale ruolo deve svolgere per la pace.
D- In che modo concretamente?
R- L’istituto non dà risposte, ma è anche importante saper formulare le domande giuste. Perciò noi invitiamo leader, studiosi, accademici e giornalisti a riflettere in modo operoso sul futuro dell’Ue e sui passi da compiere sulla via dell’integrazione europea, mettendo anche in luce le inadeguatezze delle risposte date finora ad alcuni problemi. Noi abbiamo sempre cercato di declinare l’Ue in modo concreto. Prendiamo il problema della cittadinanza, che non va confusa con la libera circolazione, che è un’altra cosa. Ci siamo chiesti cosa significa. Quali siano i suoi diritti e i suoi benefici. Per potere arrivare ad essere cittadini europei. Passi che richiedono una necessaria dimensione politica e quello che in inglese si chiama “accountability”, cioè il poter individuare chi è responsabile e di cosa “, mentre al momento è difficile farlo.
D-Che contributo in questa direzione ha dato in questi anni “The State of the Union”?
R- L’anno scorso, con un confronto pubblico tra i candidati alla presidenza della Commissione Europea, abbiamo organizzato un esercizio di democrazia partecipata. Un esercizio che ci è sembrato importante.
D- Firenze è un valore aggiunto per l’Istituto Universitario Europeo e per il successo dello “State of the Union”, l’evento che riunisce leader di primo piano per fare il punto sull’UE e riflettere sulle sue prospettive?
R- Il legame con Firenze è importante e va al di là dell’ovvia dimensione storica della città considerata in tutta Europa come la culla del rinascimento. Firenze è infatti una città dove si fa ricerca e innovazione con oltre 60 le istituzioni straniere che vi operano. Firenze è poi stata scelta come sede dell’Istituto Universitario Europeo da 22 stati membri. Insomma Firenze offre la cornice adatta per fare il punto sui problemi europei.