“Fedele alla linea” è la lettura del regista Germano Maccioni della discussa figura di Giovanni Lindo Ferretti, da sempre al centro di critiche e riletture. Ma è anche -e finalmente- una narrazione in prima persona, una descrizione più complessiva del personaggio. Spesso si è parlato di Ferretti in maniera parziale e polemica a partire da alcune sue idee espresse liberamente. Accusato di incoerenza, il regista si propone di delinearne al contrario una certa ostinata e scomoda coerenza.
Giovanni Lindo Ferretti parla dalla sua Cerreto Alpi, dalla sua casa, e quello che ci lascia è un racconto sereno ma vero di ciò che è stata la sua vita finora. Non tralascia la sofferenza, la malattia, i rapporti conflittuali, la ricerca e gli allontanamenti. Allontanamenti come il primo, verso Reggio per studiare, poi verso Berlino, infine verso la Mongolia, il più rinfrancante per lo spirito, il punto di partenza per un viaggio a ritroso per fare ritorno alle montagne di casa.
“Sono stato allevato cattolico e felice.”
Ferretti parla a cuore aperto, ricorda l’infanzia a Cerreto, la discesa alla pianura e a Reggio per entrare al collegio di Roncolo, anni di studio e mai di gioco, passati a leggere vite di santi e martiri. Il periodo a cui risale la scoperta della sua voce, l’intenzione della madre superiora di portarlo allo Zecchino d’Oro, e la stessa affermazione del rettore “Male che vada ne faremo un cantante.”
“Con l’adolescenza ho scoperto il mondo moderno e la vita. Poi non ne potevo più, non mi vedevo in case a schiera e mutuo. Allora sono andato in giro per l’Europa.”
C’è stata la militanza per Lotta continua, l’incontro a Berlino con Zamboni negli anni ottanta e la fondazione nel 1982 dei C.C.C.P. gruppo punk filosovietico, poi la loro fine e dieci anni dopo, nel 1992, la nascita del Consorzio Suonatori Indipendenti. Sono gli anni vissuti in una dimensione opposta rispetto a quella che poi ritroverà, tornando a casa.
Poi, il ritorno alle origini con la riscoperta dei valori della famiglia e della fede. La scelta di condurre una vita quasi monacale ma un nuovo ambizioso progetto.
Oggi Ferretti non si occupa più di musica o di cinema, passa il suo tempo in montagna, scrive, ne dedica molto ai cavalli. Si allontana da loro solo per ritornare a cantare, e lo fa per potere un giorno costruire il suo teatro equestre barbarico montano. Ha raggiunto la serenità indispensabile per parlare del proprio passato e per lasciare che si scavasse nella propria dimensione più intima: è proprio questa che emerge su tutte le vicende. Maccioni, prendendo le distanze dalle polemiche e dall’immagine pubblica, intrattiene con lui un dialogo confidenziale. Ferretti parla della madre, della vita, ideologia, malattia, natura, fede, morte. Lo presenta attraverso suggestioni, immagini di repertorio dall’Archivio Valdesalici e scene ricavate da altri film (‘La madre’, ‘Tempeste dell’Asia’ di Pudovkin), ricostruisce la ‘saga’ dell’uomo ma senza farne un idolo. Al contrario lo interroga, lo avvicina e gli permette così di delinearsi complessivamente.
“Fedele alla linea” è un film prodotto da Articolture, in collaborazione con Apapaja, distribuito dalla Cineteca di Bologna. Per informazioni sulle prossime proiezioni: http://www.fedeleallalinea.it/wordpress/
Anna Vittoria Zuliani