Firenze – Giornata piena, per i riders fiorentini, che oggi hanno visto scendere in campo sia la Nidil Cgil, che aveva indetto uno sciopero con presidio in via dei Neri dalle 12 alle 14, sia, per un caso di razzismo, il collettivo autogestito Riders Union Firenze, che denuncia minacce e insulti razzisti nei confronti di un rider di Uber Eats, l’ultima multinazionale sbarcata sul territorio cittadino.
L’iniziativa di sciopero della Cgil aveva preso il via dal fatto che Glovo, una delle 4 maggiori catene che si trovano sul territorio (le altre, Just Eat, Deliveroo e UberEat), la settimana scorsa avesse comunicato la sua intenzione di eliminare in quasi tutti i turni la paga minima garantita in assenza di consegne, applicando esclusivamente il cottimo. Degna di essere sottolineata la modalità con cui i riders hanno risposto allo sciopero: non avendo infatti un “contratto” di quelli tradizionali (come potrebbe essere ad esempio il contratto nazionale della logistica), ma essendo collaboratori occasionali, non hanno risposto alle chiamate di consegne durante il proprio turno di lavoro, rispondendo anzi, nella chat apposita che viene usata dalla piattaforma aziendale, di essere in sciopero. Una modalità molto efficace, dal momento che ha messo in crisi il servizio della piattaforma, ma che d’altro canto costerà ai riders che lavorano per Glovo una penalizzazione nella classifica interna e potrà pregiudicare l’accesso a successivi turni. Il che significa, per questi lavoratori senza tutela, una paga più leggera, se non addirittura il blocco dell’App e la lettera di benservito. Perché, come spiegano molto bene i riders dell’altro appuntamento di oggi, appartenenti al Ruf, “come non si può parlare di “sciopero” nel senso tradizionale, non si può neppure parlare di “licenziamento” in termini tradizionali; semplicemente, dopo il blocco all’App dove entri nella calendarizzazione delle consegne dichiarando la tua disponibilità, arriva di solito una mail in cui si dichiara in sintesi che non hanno più bisogno dei tuoi servizi”. E questo è tutto.
Se la situazione come spiegano bene anche dalla Cgil, è del tutto fuori da ogni diritto minimo del lavoro, diventa ancora più odiosa se addirittura si ammanta di razzismo. Il caso reso noto dai rappresentanti del Ruf nella sede di Spazio Inkiostro è emblematico. Intanto, riguarda Uber Eats, che si è insediata nel mercato del food delivery fiorentino al dicembre 2019, per la precisione un manager di Firenze. Dall’altro capo della questione, un ragazzo di origini nordafricane di 26 anni, con due lauree in tasca, un’ottimo italiano, e uno zaino non restituito. Uno zaino che l’azienda consegna nel momento in cui ci si “accredita” e si viene accettati per diventare riders di Uber Eats. Sì, ma lo zaino, “che non è d’oro”, non viene previsto fra gli oggetti da restituire se l’accordo, o meglio il contratto per prestazione occasionale, per qualsiasi motivo viene meno. Anzi, dice Diego, anch’egli rider e esponente di Ruf, “non c’è proprio scritto niente in proposito”. Importante lo zaino, perché è proprio da qui che parte la vicenda.
Il nostro protagonista infatti, forte dell’accordo di prestazione occasionale e dell’assicurazione “puoi lavorare quando vuoi tu”, dopo la firma del “contrattino” si reca in Francia, in cui resta circa un mese. Che male c’è? “Prestazione occasionale”, fra i molti lati negativi almeno uno positivo … Senonché, in Francia viene raggiunto dalle ire del manager che lo minaccia di denuncia se non riporta indietro lo zaino. E alle sue risposte “scusa, sono in Francia …”, inviperito manda messaggi come “D (…) andrà alla stazione della Polizia di Stato a presentare denuncia nei tuoi confronti per furto dello zaino”, o “mi spiace che tu venga da un Paese sottosviluppato”. Il nostro rider tenta di spiegare e scopre di essere stato bloccato sulla app. Ovviamente, rapporto di lavoro finito. E anche se non è un problema (il 26enne già lavora su altre piattaforme), ciò che brucia sono quegli insulti razzisti, il fatto di non aver potuto spiegare, il fatto di non aver neppure pensato, prima di partire, a riportare lo zaino. “Anche perché – dice il protagonista della vicenda – non pensavo certo di non lavorare più”. E lo zaino? “Non credo che davvero vorranno procedere nella denuncia – interviene Diego – su un lavoratore che tra l’altro guadagna circa 3 euro l’ora, dal momento che il contratto neppure lo prevede. Il vero problema, oltre allo zaino, è anche l’aver lanciato epiteti razzisti verso il nostro collega”. Un fatto che testimonia una gran brutta piega nelle relazioni aziendali.
Del resto, ad oggi i contratti di prestazione occasionale, che vengono fatti firmare anche per strada, rivelano che c’è una maggioranza di lavoratori stranieri, qualcuno anche con le “carte” non in regola e dunque più ricattabile. Insomma, il rischio è che accanto agli ultimi si stia creando una categoria degli “ancora più ultimi”. Un altro dato inquietante è il fatto che le aziende non conoscano neppure con esattezza il numero dei loro ciclofattorini. Una stima recente ne configura almeno un migliaio solo a Firenze, ma da molte parti si dice apertamente che è una cifra per difetto. Insomma, dalla mancanza di tutele del lavoro deriva una sconfinata prateria dove davvero tutto è possibile.
E che davvero tutto sia possibile, lo testimonia il fatto che i “problemi”, pur sempre derivando dalla stessa radice, ovvero il mancato salto del rider da “lavorino” a lavoro, sono diversi da piattaforma a piattaforma, e vanno dal peggio, al meno peggio, all’abbastanza buono. Facciamo un esempio:le assicurazioni. “Ci sono piattaforme come Deliveroo – dice Diego – che si avvale di un’assicurazione privata: 50mila euro alla famiglia per morte, poi si va a calare a seconda della perdita di un arto, un occhio, ecc. Altre piattaforme, come Just Eat, hanno fatto una scelta diversa: i fattorini vengono forniti da Deliveriamo, e assicura anche contributi Inail”. E così via: i 3 euro (“netti”, ci tengono a precisare i fattorini) a consegna diventano 6 e qualcosa per un’altra piattaforma, ma magari è il “conteggio” dei quarti d’ora che cambia. Insomma, una vera giungla e un grande caos in cui chi ci rimette sono i diritti e i lavoratori.
Ma il punto, alla fine, come spiega Francesco del Ruf, è che “il contratto nazionale dove si potrebbe inquadrarci esiste già. Chiediamo con vigore che venga applicato a tutti i fattorini il 5° livello del contratto nazionale della logistica. Il Ministero assicuri tutele e garanzie ai riders”. Invece ad ora, dopo vari proclami e risultati “teorici”, il tavolo “di fatto è saltato”. Il Ruf si incontra tutti i giovedì alle 22.30 nello Spazio Inkiostro, via degli Alfani 49, entrata fra il bar e la Rotonda Brunelleschi, per discutere delle tematiche di questo lavoro. “Infatti – concludono i ciclofattorini – le aziende non concedono né un punto di ritrovo, né una sede, né diritto d’assemblea”. Ma sugli zaini, sono inflessibili. Almeno alcune.