Firenze – E’ noto che Maria Antonietta non fu l’autrice dell’espressione paradossale S’ils n’ont plus de pain, qu’ils mangent de la brioche. Eppure questa frase le viene tradizionalmente attribuita perché si accorda bene con l’immagine corrente del carattere frivolo della regina di Francia che nell’oasi dorata del Petit Trianon si era isolata dai problemi e dai drammi del Paese.
Rousseau, nel settimo capitolo delle Confessioni, afferma che questa frase era già proverbiale nel 1741 e che veniva attribuita a una non meglio identificata nobildonna anche perché Maria Antonietta era nata nel 1755.
Certo, la giovane sovrana potrebbe averla adoperata ironicamente in segno di disprezzo ma questo non si accorda con la sua personalità: superficiale ma non cinica né insolente.
E’ più semplice pensare che sia stata “ritagliata” sullo stereotipo della sua distaccata nonchalance per denigrare l’Ancien Régime.
In modo analogo, anche l’esclamazione après nous le déluge attribuita a madame de Pompadour che avrebbe inteso consolare Luigi XV dopo la disfatta di Rossbach e che è considerata emblema del cinismo politico dell’Ancien Régime, probabilmente non fu mai pronunciata.
Infatti, la marchesa non era fatalista né indifferente al futuro della monarchia ma, anzi, spronava continuamente il re all’azione. Anche dopo Rossbach infuse fiducia a Luigi XV e si oppose a quei ministri che auspicavano la pace, temendo nuove sconfitte.
L’après nous le déluge nasce dal malcontento popolare nei confronti della Corte di Versailles che viveva nel lusso, nelle feste, anche in momenti di grave difficoltà e, facendo della potente favorita il capro espiatorio, attenuava la responsabilità del sovrano.
Infatti, si è voluta anche incolpare la marchesa del rovesciamento delle alleanze e del conseguente esito sfortunato della guerra dei Sette anni. Viceversa, come vedremo, la Pompadour, nelle trattative con l’Austria, si attenne alle istruzioni del re e quando prese l’iniziativa, compì mosse che non erano affatto peregrine.
E’ prevalsa, però, l’ immagine di una dilettante presuntuosa che voleva tenere testa ai migliori diplomatici d’Europa e la cui azione era destinata inevitabilmente all’insuccesso. Nel corso della storia ci sono stati anche casi in cui prove concrete sono state sopravanzate da postulati, poi rivelatisi ingannevoli, come nell’ affaire Dreyfus.
Quando le prove calligrafiche dimostrarono che il bordereau, il documento su sui si basava l’incriminazione di Dreyfus, era un falso (e si scoprì anche l’autore dalla falsificazione), nel processo di revisione fu detto che il vero bordereau era un altro: un documento scritto inequivocabilmente da Dreyfus, che, però, non si poteva esibire perché conteneva un’annotazione autografa dell’imperatore tedesco Guglielmo II. E accusare il Kaiser di aver commissionato azioni di spionaggio sarebbe equivalso ad una dichiarazione di guerra. Così, sulla base di un fantomatico boredereau annoté, Dreyfus fu nuovamente condannato.
Le fake news, intese come notizie inesistenti e quindi oggettivamente false, sono la forma di manipolazione da cui è più facile difendersi, mediante un ‘attenta verifica delle fonti .Più difficile è cogliere la verità oggettiva quando si dà dei fatti un’interpretazione distorta e strumentale attraverso deduzioni non corrette come post hoc ergo propter hoc.
Nel 1869 Bismarck seguì l’esempio di Talleyrand che si riteneva fosse capace di fuorviare senza mentire. Nella vicenda del trono di Spagna nella quale la Francia aveva avuto sostanzialmente partita vinta, Bismarck sintetizzò la dichiarazione ufficiale in modo da mettere in primo piano un dato secondario ovvero che il re di Prussia non intendeva più ricevere l’ambasciatore francese.
In realtà il re Guglielmo voleva evitare giochi al rialzo ma il testo condensato da Bismarck faceva pensare che il re avesse messo alla porta l’ambasciatore francese e questo – disse – sarebbe stato sarebbe stato per la Francia “come un drappo rosso davanti al toro”. D’altronde, in ogni evento storico c’è stato sempre un disegno mediatico che ne ha determinato una particolare lettura.
Marc Bloch in Apologia della storia sottolineò che “oltre ai falsi evidenti ci sono i più insidiosi rimaneggiamenti della realtà, con interpolazioni, abbellimenti, ecc”. E analizzando la psicologia della testimonianza, ricorda che “ le deformazioni delle testimonianze, intese come errori di valutazione, sono spesso orientate in anticipo, cioè sono riflesso di particolari preconcetti”. E ,conseguentemente, le cattive osservazioni “si possono tradurre in errori anche molto difficili da rimuovere in seguito”.
“Il Conte Duca ha l’occhio a tutto e per tutto, il signor cardinale di Riciliù farà un buco nell’acqua: mi fa pur ridere quel caro signor cardinale a voler cozzare con il Conte Duca, con un Olivares. Dico il vero che vorrei rinascere da qui a dugent’ anni per sentire cosa diranno i posteri di questa bella pretensione”.
L’ironia del Manzoni che mette alla berlina la piaggeria del podestà di Lecco e, quindi, del partito “spagnolo” che disconosceva il genio politico di Richelieu, è stata così efficace da creare un nuovo stereotipo :quello del modesto “Conte Duca” che pretendeva di misurarsi con il grande statista francese.
Eppure, come rivela la monumentale biografia di John H.Elliott, il duca d‘Olivares non è stato un personaggio di secondo piano ma un governante di tutto rispetto, con una strategia riformatrice che doveva fare i conti con una potenza ormai in crisi. Ma dei venticinque lettori manzoniani, i più si saranno probabilmente fermati al fortunato stereotipo.
Ovviamente, da un’opera letteraria non si pretende il rigore di una ricerca storiografica ma è indubbio che essa ha un’influenza maggiore sull’ opinione pubblica. Un po’ come avviene oggi con i nuovi media, quando si creano icone, personaggi a una dimensione, perché i giudizi icastici hanno maggior impatto rispetto alle valutazioni ponderate.
In effetti, la storia pullula di luoghi comuni, necessita di riletture degli eventi e spesso impone un cambio di angolo prospettico. Franco Cardini ha sottolineato, ad esempio, che il “feroce Saladino” era, in realtà, un fautore della pace oltre che un grande statista. E ha mostrato che, per i sottili giochi della politica, quel Federico Barbarossa che la storiografia risorgimentale presentava come l’irriducibile nemico dei liberi Comuni, a pochi anni dalla battaglia di Legnano, appariva amico di Milano che lo accoglieva tra le sue mura con tutti gli onori dovuti ad un imperatore.
Insomma molte vicende storiche si dibattono tra falso, vero, verosimile con stereotipi propri dell’epoca in cui si verificarono gli eventi, oppure, nel corso dei secoli, a causa di veri e propri trompe l’oeil , o di interpretazioni strumentali a determinate ideologie.
Da qui l’importanza di riscrivere la storia liberandola dagli stereotipi del passato ma …cercando di non sostituirli con distorsioni prospettiche legate alle problematiche del presente e a categorie politiche del tutto estranee all’epoca dei fatti.
Foto: Talleyrand