Una volta qui era tutta campagna elettorale. Chilometri di lastre argentate ai bordi delle strade, in attesa di essere coperte di facciotti. Quelle lastre che, percosse a modo, emettono il boato del tuono. Ma una volta tappezzate a manifesti producono solo clangore di slogan rumorosi.
Anche quest’anno qualcuno, nottetempo, ha riempito la città di sostegni per i candidati politici. Ma sono tristemente vuoti. Simbolo goffamente stoico di un passato che ignora il progresso. Qualche sparuto manifesto, più per compassione che per utilità, appare in distese glabre e vuote, come ciò che rappresentano.
Perché? Perché il nuovo muro su cui spargere colle sintetiche è internet. Sì, il futuro, l’evoluzione democratica, la libertà digitale, l’espressione al silicio del consenso popolare. Dall’estrema destra, all’estrema sinistra, fino all’estremo centro, tutti i candidati parlano della rete come se ci facessero colazione sin da quando erano candidatini a capo classe. Inneggiando all’ecumenica e gioiosa libertà della piazza cibernautica.
Ma a guardare bene le facce su Facebook, mi ricordano qualcosa. Mi ricordano quelli che per internet ci vorrebbe un esorcista. Mi ricordano quelli che facciamo una legge per vietare che si parli (male) di noi su internet. Quelli che il blog dei bambini delle elementari deve essere registrato al tribunale ed avere un direttore responsabile che mica si può parlare delle merendine così a cazzo (proposta di legge di Vannino Chiti, non è uno scherzo). Mi ricordano quelli che se il vicino di casa ti ammazza, è colpa di internet. La pedofilia? È colpa di internet. Droga, terrorismo, violenze sessuali, Fabrizio Corona? Sempre internet. Buchi una gomma? È colpa di internet. Hai un malore? Colpa di internet.
Allora mi viene da pensare che dopo le elezioni il governo si farà Cina e la libertà, per quanto sporca e puzzolente della rete globale, sarà di nuovo un male da perseguire per legge. O nel migliore dei casi i nostri governanti si impegneranno per far sì che l’Italia continui a rimanere saldamente e fieramente all’ultimo posto tra i paesi industrializzati per efficienza e fruibilità dell’infrastruttura delle telecomunicazioni.
Magari era preferibile un po’ di coerenza, che sì è vintage come concetto ma il vintage è di nuovo di moda annullandosi nell’espressione di sé. Continuate a mettere i facciotti per strada che fate più bella figura e date un po’ di distrazione ai cassintegrati che potranno ammazzare il tempo disegnando maschi e baffi alla Dalì sui manifesti elettorali. Ricorsivo esempio di come deturpare la deturpazione urbana.