Firenze – Dopo le grandi mostre e installazioni di Giuseppe Penone, Antony Gormley e Jeff Koons, Firenze prosegue il suo viaggio nella contemporaneità incontrando Jan Fabre, uno degli artisti più innovativi e rilevanti del panorama contemporaneo. Artista totale, Fabre sprigiona la sua immaginazione nei diversi linguaggi della scultura, del disegno, dell’installazione, della performance e del teatro. Jan Fabre nel corso della sua lunga carriera ha già avuto diversi contatti con Firenze, partecipando a molte collettive e presentando qui alcune sue produzioni teatrali. Nel 2012 due suoi busti in bronzo della serie Chapters, in cui si autoritrae con impressionanti corna e orecchie d’asino, sono entrati a far parte delle collezioni degli Uffizi. Nel 2015 l’artista ha ricevuto il Premio Michelangelo per la scultura in occasione della seconda edizione della Settimana Michelangiolesca.
La mostra Jan Fabre. Spiritual Guards si sviluppa tra Forte Belvedere, Palazzo Vecchio e Piazza della Signoria. L’anteprima si è svolta venerdì 15 aprile, quando due sculture in bronzo di Fabre sono state installate in Piazza Signoria. Searching for Utopia, di eccezionali dimensioni, dialoga con il monumento equestre di Cosimo I, capolavoro rinascimentale del Giambologna; The man who measures the clouds si innalza sull’Arengario di Palazzo Vecchio, tra David di Michelangelo e Giuditta di Donatello. In entrambe le opere si riconosce l’autoritratto dell’artista, nella doppia veste di cavaliere e guardiano, come tramite tra terra e cielo, tra forze della natura e dello spirito. Jan Fabre infatti propone un’arte che vuole rappresentare il potere dell’immaginazione, la missione dell’artista come “spiritual guard” dove l’arte è presentata come custode-guardiana dello spirito, sospesa tra cielo e terra, eternità e fragilità, bellezza e inconsistenza.
Sempre dal 15 aprile in Palazzo Vecchio una serie di sculture dialogano con gli affreschi e i manufatti conservati in alcune sale del percorso museale del palazzo (Quartiere di Eleonora, Sala dell’Udienza e Sala dei Gigli). Tra le opere esposte anche un grande mappamondo (2.50 m di diametro) rivestito interamente di scarabei dal carapace cangiante, la cui forma e dimensione interloquisce perfettamente con il celebre globo conservato nella Sala delle Mappe geografiche, opera cinquecentesca di Ignazio Danti.
Il 14 maggio si aprirà anche la mostra al Forte Belvedere, dove tra i bastioni e la palazzina saranno presentate circa sessanta opere in bronzo e cera, oltre a una serie di film incentrati su alcune storiche performance dell’artista. Sette scarabei bronzei saranno posizionati nei punti di vedetta del Forte mentre una serie di autoritratti dell’artista a figura intera andranno a popolare gli angoli dei bastioni. Gli scarabei rappresentano angeli di metamorfosi e simboleggiano nelle antiche religioni e nella tradizione pittorica italiana e fiamminga il passaggio tra la dimensione terrena e la vita eterna con il loro continuo movimento. Allo stesso tempo possiedono una bellissima corazza che mette in luce drammaticamente la vulnerabilità di quel corpo “regale”.