Firenze – Si entra nei grandi spazi bui della Leopolda ed è come passare in una dimensione altra nella quale le inquietudini e le emozioni della vita reale si rappresentano attraverso i giovani corpi dei danzatori, i suoni profondi ed evocativi , le tonalità diverse delle voci di un’umanità che affronta le contraddizioni e i tumulti dell’esistenza. E’ il fascino discreto del Festival Fabbrica Europa, rassegna di tutto ciò che si muove di innovativo sulle scene internazionali.
Re-Mark, opera inedita “site specific” del coreografo cino-tibetano Sang JiJia, ci offre subito la chiave di lettura dell’esperienza artistica che ha provato martedì 8 maggio il pubblico multi-colore e multi-età del Festival che celebra il sui venticinquesimo compleanno.
Sang ha ideato uno spettacolo che si sviluppa su due dimensioni grazie alla particolare conformazione dei locali della ex Stazione fiorentina: l’azione reale degli otto danzatori nello spazio laterale delimitato dagli archi e la proiezione video ravvicinata su schermo gigante nel grande locale centrale.
Una sorta di “realtà aumentata” che permette di guardare negli occhi gli artisti, di coglierne i dettagli dei gesti e dei movimenti, di apprezzare l’impatto della loro interpretazione sulle nostre emozioni. Così il coreografo che quattro anni fa portò all’Opera di Firenze l’eccezionale “As if to nothing” con la sua compagnia di Hong Kong, crea prospettive e angolazioni diverse, spesso sfalsate, rallentate o velocizzate, come la memoria che segue fugacemente la realtà concreta.
La separazione dei due livelli di fruizione offre qualcosa di più a una tecnica multimediale già sperimentata da Sang, il vantaggio del “site specific” che non è solo palcoscenico. Guardare alternativamente il reale e il suo doppio da vicino produce un effetto inconsueto di flusso di esperienza visiva e di esperienza della coscienza e della memoria.
La memoria viene coinvolta grazie a brani del canzoniere fiorentino (“fate la nanna coscine di pollo”), la realtà delle emozioni subisce l’impatto degli occhi e dei corpi dei ballerini e delle parole d’amore e ripulsa. La proiezione verso il futuro si produce attraverso la capacità di dare vitalità ai muri sbrecciati della stazione grazie alle sequenze della coreografia instancabili nella ricerca di forme, intrecci, relazioni.
Gli otto danzatori protagonisti sono stati selezionati per lo spettacolo: Carolina Amoretti, Giovanfrancesco Giannini, Isabella Giustina, Claudia Mezzolla, Fabio Novembrini, Pietro Pireddu, Violeta Wulff Mena, Valentina Zappa.
Su un altro piano la ricerca della verità che ha proposto Olimpia Fortuni in Soggetto senza titolo presentato nella ex officina di manutenzione. Qui si rappresenta l’infelicità dell’uomo in un mondo che ha tradotto l’economia di mercato in una società di mercato. Il profondo disagio esistenziale si manifesta in un anonimato grigio plumbeo e in un volto coperto da una maschera rossa che la sofferenza stira fino a trasformarla nel volto grottesco del “Grido” di Munch.
La ribellione parte dal rifiuto di un mondo fatto solo di oggetti e ambienti disumanizzanti che sfuggono alla gestione libera e consapevole della persona. Per questo accetta di ritornare a uno stato di natura, alla propria nudità animale, per poi ritrovare progressivamente l’equilibrio in una natura splendida e pacifica: “La materia corporale – ha scritto Olimpia – va giù dove è più buio per toccare la sua pelle da dentro e lì trovare la sua essenza, la radice del suo essere…vivente”.
La passeggiata nella scatola delle meraviglie (che è poi un viaggio dentro se stessi che solo la danza può offrire con questa intensità) si conclude con Arcaico presentato in prima assoluta dal Balletto di Roma con la coreografia di Davide Bombana .
Bisogna subito dire che il fascino di questo spettacolo deve molto alla musica dal vivo di Katia Pesti e alla voce del cantante africano Gabin Dabiré capace di passare dai toni e i timbri di una musica tribale, alle dolcezze e armonie di un canto d’amore. Così come la Pesti utilizza tutte le potenzialità percussive e sonore che si uniscano a tamburi, cembali e a tutta la gamma degli strumenti metallici che più riescono a produrre sonorità ancestrali.
Sul filo delle sonorità multietniche lungo il corso dei millenni, la coreografia di Bombana va alla ricerca di un’arcaicità multiculturale ricca di simboli, movimenti, staticità e dinamiche che integrano un’unica omogenea cultura dei popoli del pianeta per farne “un antidoto e una protesta contro la crescente intolleranza, incomunicabilità e profonda paura alla base dei rapporti umani: un monito a ritrovare una dimenticata, ma forse non ancora perduta, apertura e accettazione dell’altro”, come recita la nota di presentazione ad Arcaico.
Calorosa l’accoglienza di un pubblico folto e attento, che ha salutato con un lungo applauso la performance di musicisti e danzatori: Roberta De Simone, Monika Lepisto, Eleonora Pifferi, Simone Zannini, Paolo Barbonaglia.
Foto: Sang Jijia, Olimpia Fortuni e Gabin Dabiré