Firenze – Alla ricerca del senso di una nuova contemporaneità, Fabbrica Europa ha riprogettato la XXVII edizione del Festival con l’obiettivo di guardare tanto al presente quanto al futuro. Ha declinato un programma mosso dalle potenzialità della relazione arti performative / spazio all’aperto / natura, grazie alla ricchezza che il Parco delle Cascine di Firenze offre. Contesto in cui Fabbrica Europa ha la sua sede: le due sale, l’area esterna e il cuore del Parco accolgono buona parte dei progetti di quest’anno.
Fabbrica Europa 2020, dal 3 settembre all’8 ottobre, trova vita, forme, formati, sonorità, poetiche e narrazioni all’interno e all’esterno del PARC Performing Arts Research Centre, in scorci verdi del Parco delle Cascine, sul palco del Teatro Studio di Scandicci (grazie alla collaborazione con Fondazione Teatro della Toscana), del Teatro Cantiere Florida e del Teatro Puccini.
Apre il Festival Violin Phase di Rosas (Parco delle Cascine, 3, 4, 5 settembre), terzo dei quattro movimenti che compongono Fase, Four Movements to the Music di Steve Reich, la prima performance creata da Anne Teresa De Keersmaeker che ha debuttato nel 1982 a Bruxelles.
La coreografa utilizza la struttura della musica minimalista di Steve Reich per sviluppare un linguaggio del corpo che non si limita a illustrare la musica, ma aggiunge una nuova dimensione. Sia la musica che la danza partono dal principio dello sfasamento attraverso piccole variazioni: movimenti inizialmente perfettamente sincroni cominciano a scivolare gradualmente, dando vita a un ingegnoso gioco di forme in continuo cambiamento. A Firenze il Solo Violin Phase è interpretato da Yuika Hashimoto e Soa Ratsifandrihana che si alternano in tre repliche al giorno. La danzatrice si muove secondo schemi circolari con la reiterazione rigorosa di un’unica frase di rotazione e torsione che gioca con il formalismo e la drammaticità della musica. La sinergia dei movimenti semplici, sottili e sempre più espansi con le sonorità del violino, è potente per purezza e intento. Eseguite su una superficie ricoperta di sabbia bianca, le fasi ripetitive dei gesti, minuziosamente mutevoli, inscrivono forme e tracciati creando un’immagine ipnotica del tempo e del corpo.
Sono due gli appuntamenti con Enzo Cosimi che presenta un dittico dalla trilogia sulla diversità “Ode alla bellezza”, una riflessione che coinvolge minoranze, emarginati, non professionisti.
I love my sister (PARC, 19 settembre) è un’esplorazione sulla transessualità dei corpi che reinventano modalità inedite per abitare lo spazio fisico, urbano e sociale e che pagano il peso di un’invisibilità inflitta che relega ai margini le loro storie. Racconta di persone in transito FtoM (dal femminile al maschile) e di vissuti che riverberano nuovi paesaggi dell’animo umano.
La bellezza ti stupirà (Teatro Studio, 2 ottobre), creazione coreografica/performativa/installativa, nasce da un’indagine sulla figura dell’homeless e sulla sua solitudine nella società contemporanea. Il lavoro è realizzato in collaborazione con le Associazioni dei senza fissa dimora. L’esperienza di vita degli homeless rappresenta il fulcro drammaturgico della pièce, una sfilata visionaria, una sequenza di video ritratti che mostrano i protagonisti nei loro luoghi del quotidiano, un racconto fiabesco immerso in un’inquietudine sospesa e rarefatta.
Perpendicolare come la potenza del gesto, come il profondo desiderio di relazione. Canzoni che risuonano nei corpi. Movimenti che fioriscono dalle parole e dai suoni. Un innesto affascinante e naturale tra il mondo musicale di Cristina Donà e la danza del coreografo Daniele Ninarello, plasmati e cuciti insieme dal musicista e compositore Saverio Lanza. Materiale inedito nato per lo spettacolo e alcune tra le canzoni più note della cantautrice si aprono nello spazio della performance come una visione che scorre fin sotto la pelle.
Compagnie 111 presenta aSH di Aurélien Bory che con questa pièce chiude un trittico di ritratti di donne. La straordinaria danzatrice indiana Shantala Shivalingappa costruisce il suo Solo sulla figura di Shiva, dio creatore e distruttore, signore dei luoghi della cremazione. Shantala, con la sua energia ritmica e vitale, danza su una coltre di cenere, simbolo di morte ma anche di rinascita. I movimenti, le geometrie del corpo somigliano ai kolam, i disegni di farina di riso che le donne indiane creano a terra di fronte alle case per attirare energie positive e prosperità e che nel corso della giornata svaniscono per essere pazientemente ricreati il mattino dopo. Cerchi, punti, spirali, che sembrano rappresentare la struttura stessa del mondo. La danza di aSH evoca l’invisibile principio dell’universo in uno spazio che si manifesta come una vibrazione che il percussionista Loic Schild riprende, trasforma, prolunga all’infinito (Teatro Studio, 25, 26 settembre).
Trilok Gurtu è uno dei musicisti più importanti al mondo. Ama definirsi un costruttore di “ponti” musicali tra diverse culture. “Sono i politici che lottano tra di loro, e che costringono i popoli a farlo. Il messaggio che posso lanciare è: non dividete in classi la musica come si fa con le religioni. Invece, purtroppo, anche i musicisti mi sembrano diventare ogni giorno più razzisti: parlo dei puristi, quelli che non amano il jazz, quelli che non sopportano il folk e così via. Sono come certi preti. È una prerogativa dei potenti, quella di creare divisioni” (Teatro Puccini, 10 settembre).
“Alone”, un album che celebra l’infinito e suona all’infinito, un viaggio radicale e ambizioso, un “disco perpetuo” come lo definisce lo stesso Gianni Maroccolo, iniziato nel dicembre 2018 e giunto al suo IV volume, con la chiusura del primo ciclo di vita. Un percorso sonoro unico e senza fine, articolato in molteplici tappe con cadenza semestrale. E, come in tutti i viaggi, in cui sempre si incontra qualcuno, Maroccolo ha incrociato e incrocerà lungo la traiettoria tanti compagni d’avventura. Al Festival Fabbrica Europa il progetto Alone not Alone trova la sua prima messa in scena live: al fianco di Gianni ci sono Simone Filippi, chitarre; Flavio Ferri, elettronica e tastiere; Matilde Benvenuti, batteria. Ospiti, Giorgio Canali e Edda (Teatro Puccini, 12 settembre, produzione Fabbrica Europa / Contempo Records).
Chiude il Festival Alessandro Sciarroni con Save the last dance for me, uno studio tra la danza e l’antropologia con cui il coreografo ha ridato vita a un ballo bolognese in via di estinzione, la Polka Chinata. Si tratta di una danza di corteggiamento eseguita da soli uomini e risalente ai primi del ‘900: fisicamente impegnativa, quasi acrobatica, vede i danzatori Gianmaria Borzillo e Giovanfrancesco Giannini abbracciati l’un l’altro girare vorticosamente mentre si piegano sulle ginocchia quasi fino a terra (PARC, 8 ottobre).
Foto: Trilok Gurtu ©Boris Breuer