Firenze – Export, l’agroalimentare fa boom. Le esportazioni di prodotti agroalimentari Made in Italy fanno segnare nel 2020 il massimo storico di sempre, con un valore di 46,1 miliardi spinto dal successo della dieta mediterranea sulle tavole mondiali nonostante i pesanti limiti della pandemia Covid. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al commercio estero nel 2020 che evidenziano un aumento delle esportazioni agroalimentari nazionali dell’1,8%, in netta controtendenza al crollo generale del 9,7%.
“Un record ottenuto – sottolinea la Coldiretti – nonostante le difficoltà degli scambi commerciali e il lockdown in tutti i continenti della ristorazione che ha pesantemente colpito la cucina italiana ma anche favorito il ritorno in tutti continenti alla preparazione casalinga dei pasti con il boom delle ricette Made in Italy”. A una prima analisi, sembra infatti che la pandemia abbia avuto come ricaduta una svolta salutista nei consumatori a livello globale. Fra i prodotti nazionali più avvantaggiati dal trend, si segnalano le esportazioni nazionali di conserve di pomodoro (+17%), pasta (+16%), olio di oliva (+5%) e frutta e verdura (+5%) che hanno raggiunto in valore il massimo di sempre.
Ciò che invece segna il passo è l’export di vino, in calo del 3%, un dato che – precisa la Coldiretti – si spiega con la chiusura dei ristoranti “che rappresentano il principale mercato di sbocco per le bottiglie di alta qualità”, secondo l’analisi della Coldiretti sui dati Istat relativi ai primi dieci mesi dell’anno.
“Un risultato importante che giunge – ricorda la Coldiretti – a 10 anni dall’iscrizione della dieta mediterranea nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità da parte dell’Unesco avvenuta il 17 novembre 2010. Il suo apprezzamento mondiale si deve agli studi dello scienziato americano Ancel Keys che per primo ne ha evidenziato gli effetti benefici dopo aver vissuto per oltre 40 anni ad Acciaroli in provincia di Salerno”.
Fra i Paesi esteri destinatari delle nostre esportazioni agroalimentari, nel 2020 per oltre la metà (55%) le spedizioni si collocano all’interno dell’Unione Europea, con la Germania principale cliente con 7,73 miliardi, in crescita del 6%. Secondo posto spetta alla Francia che con 5.08 miliardi, rimane stabile, mentre al terzo si colloca, con 3,6 miliardi la Gran Bretagna, con un +2,8% pur con l’uscita con la Brexit.
Fuori dall’area comnitaria, sono gli Stati Uniti il primo partner commerciale dell’Italia, con 4,9 miliardi di export agroalimentare. Una crescita segna un aumento del 5,6%, come sottolinea la Coldiretti, “nonostante i dazi aggiuntivi introdotti dall’ex presidente Donald Trump dal 18 ottobre 2019 che colpiscono le esportazioni agroalimentari Made in Italy per un valore di circa mezzo miliardo di euro su prodotti come Grana Padano, Gorgonzola, Asiago, Fontina, Provolone ma anche salami, mortadelle, crostacei, molluschi agrumi, succhi, cordiali e liquori come amari e limoncello con aliquote aggiuntive del 25% in relazione alla disputa commerciale tra Usa e Ue sul contenzioso Boeing-Airbus. Un ostacolo agli scambi appena confermato dal Joe Biden che – sostiene la Coldiretti – ora si spera possa essere presto rimosso alla luce delle nuove relazioni”.
“L’Italia può ripartire dai punti di forza, con l’agroalimentare che ha dimostrato resilienza di fronte la crisi e può svolgere un ruolo di traino per l’intera economia”, ha affermato il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini. Il presidente ha sottolineato che “a livello internazionale occorre impiegare tutte le energie per superare le politiche dei dazi e degli embarghi per ridare respiro all’economia mondiale in momento difficile per tutti”.
Tante cose tuttavia, vanno fatte anche nel nostro Paese, per sostenere lo slancio dell’enogastronomia Made in Italy. Secondo il presidente Prandini, serve agire sui ritardi strutturali dell’Italia e sbloccare tutte le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese, ma anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria in alta velocità, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo. “Una mancanza che ogni anno – continua Prandini – rappresenta per il nostro Paese un danno in termini di minor opportunità di export al quale si aggiunge il maggior costo della “bolletta logistica” legata ai trasporti e alla movimentazione delle merci”.
“Il Recovery Plan – conclude Prandini – rappresenta dunque una occasione unica da non perdere per superare i ritardi accumulati e aumentare la competitività delle imprese sui mercati interno ed estero”.