Ex OGR, l’urbanista Budini Gattai: “Occasione sprecata per una città dei cittadini”

Firenze – Grandi Officine, grande progetto, operazione che il sindaco di Firenze Dario Nardella e l’assessora all’urbanistica Cecilia del Re hanno definito come una delle operazioni più importanti “per restituire dignità a una parte della città di grande pregio per la sua localizzazione, accessibilità prevista con linea ferroviaria in tramvia e prossimità al parco delle Cascine”.  Un progetto che tuttavia vede decisamente critici alcuni importanti urbanisti fiorentini, fra cui l’architetto Roberto Budini Gattai, che rilancia la necessità di una riflessione diversa sul ruolo urbanistico e la funzione dell’area, partendo da una visione sistemica della città.

Intanto, vediamo in numeri di cosa si parla: l’area consta di oltre 80mila mq, di cui, nell’attuale pianificazione, la Sul (superficie utile lorda) massima di progetto è di 54mila mq. La posizione è strategica: 800 metri dalla stazione di Firenze Santa Maria Novella, dieci minuti dall’aeroporto internazionale Amerigo Vespucci, un km. dal Duomo. La destinazione, 60%  residenziale comprensivo degli esercizi commerciali di vicinato, 9% commerciale per medie strutture,  15% turistico-ricettiva, 16% direzionale/studentato e attività private di servizio. Prevista una flessibilità del mix di destinazioni pari al 20% della Sul complessiva. Il valore posto a base della procedura pubblica di vendita è di euro 11.700.000, assai più basso degli anni precedenti. La scheda norma ex Officine Grandi Riparazioni prevede che l’operatore metta a disposizione del Comune a titolo di extra-standard l’importo di euro 14milioni di euro da destinare a operazioni ritenute prioritarie dall’Amministrazione comunale nell’ambito del quadrante urbano in cui insiste l’area di trasformazione con modalità attuative da stabilire nella convenzione urbanistica. La proprietà, che è di FS Sistemi Urbani (Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane) mise in vendita il bene nel 2016, nel 2017 e nel 2019 senza ricevere offerte valide; il 5 agosto 2020 FS ha pubblicato un ulteriore bando con invito a presentare offerte vincolanti per l’acquisto, con scadenza 26 ottobre 2020 poi prorogata al 20 novembre 2020.

Detto ciò, i motivi di criticità al progetto non sembrano mancare, come spiega l’urbanista fiorentino Roberto Budini Gattai.

Qual è la prima obiezione che sotto il punto di vista urbanistico si può fare all’operazione?

“Prima di tutto, non è dimostrato che esista un fabbisogno di abitazioni di livello medio-alto in città, residenze che non è difficile intuire nettamente di lusso. Chi compra, non compra per fare abitazioni popolari e nemmeno per uno stressato ceto medio. Oltre a quanto già detto  abbiamo il Parco delle Cascine davanti, il Teatro dell’Opera accanto, vicinissimo il Circolo del Tennise e il lungarno con Harry’s bar e più oltre le strade della città Vetrina per lo shopping. E con i 14 milioni presumo che si costruirà la strada a 4 corsie, che lambisce l’area, per arrivare senza impicci all’aeroporto che non per caso si vorrebbe potenziare (tutto si tiene!). Insomma, si offre l’immagine che il visitatore ricco, indaffarato e ad alta mobilità, richiede. Quest’operazione non risponde ad alcun fabbisogno abitativo: si basa su una speranzosa promessa di speculazione. Un intervento che sottrae, al netto di tutto, una risorsa  potenziale alla città intera. Quale? Tutti i capannoni da demolire liberano uno spazio recuperabile a vegetale e alberato che  produce ossigeno e riduce CO2, che può accogliere le piccole fiere, quelle manifestazioni che stravolgono da tempo le piazze storiche, e che lì troverebbero lo spazio giusto; due arene a prato per spettacoli tipo Estate Fiorentina. Tutto questo con il titolo di Parco (attrezzato)  Non si può continuare nella cementificazione senza necessità di aree che hanno perso la funzione originaria, bisogna  fare il contrario, togliere cemento, anche quello delle vecchie Officine.”

Un’obiezione potrebbe essere quella che l’area, secondo la sistemazione da lei tratteggiata, non vedrebbe alcuna utilità economica….

“Al contrario, la proposta di costruire un’area verde con grandi alberature adeguata a piccole fiere e piccoli (spesso importanti) eventi all’aperto  possono portare  vantaggi economici diretti e indiretti al Comune. Nello stesso tempo, i due capannoni vincolati in quanto archeologia industriale,  possono trovare impieghi molto flessibili, nemmeno da decidere subito. Ricordo ad esempio la richiesta da parte dei lavoratori dello spettacolo di spazi in zona Teatro per attività performative. Mi spiego: l’idea di metterci una parte della collezione degli Uffizi è, a mio parere, il prodotto del  senso di colpa che emerge involontario dal sindaco e dall’Assessora. Forse hanno dovuto ascoltare la mozione in Consiglio Comunale di Firenze Città in comune che chiedeva conto dell’utilità pubblica di questa assurda vendita e azzardo anche l’ipotesi che qualcuno abbia riferito loro di un mio articolo  o  della scheda n° 4 di “A chi fa gola Firenze “ di Antonio Fiorentino,…..una recente storia di Report. 

Chiariamo però un punto:  le ricordo che la proprietà dell’area è comunque di Ferrovie dello Stato, in che modo l’intervento del Comune potrebbe risultare decisivo?

Intanto, sarebbe necessario ricordare che l’area su cui insistono le Grandi Officine fu concessa dal Granduca  (circa nel 1840, l’inaugurazione fu nel 1848) per costruire la ferrovia, ovvero per fornire  un servizio pubblico e collettivo. Il Comune ha la prelazione: esiste un diritto di prelazione di un ente nei confronti dell’altro prima  della vendita. Occorre solo una comunicazione all’azienda delle F.S. che per le sciagurate privatizzazioni  ne detiene la  proprietà. Basta che  il Comune ricorra alla misura di salvaguardia in vista della redazione del nuovo Piano Operativo. L’obiezione dell’attuale governo cittadino “abbiamo ereditato tutto ciò”, è secondo me non  fondata perchè si può sempre tornare indietro da decisioni che non rispondono più ai tempi correnti. Si tratta di accordi di vent’anni fa e l’ultima ratifica, con Renzi presidente della Provincia, avvenne nel 2007, quando fu sottoscritto il presente accordo con le Ferrovie. Ma se nel frattempo qualcuno e qualcosa ci ha fatto vedere in tempi di  crisi ambientale e di bombe di calore una ragione d’ordine superiore come il disvelamento di uno stringente interesse pubblico di spazi liberi e aperti antipandemia dentro la città, allora si può ipotizzare un  “dono alla città di Firenze”come quello  dell’Elettrice Palatina e da Pietro Leopoldo (le Cascine), che gli amministratori potrebbero farci semplicemente con la decisione di un dietrofront. E’ un bilanciamento di interessi e di priorità. Cosa vale di più per la comunità cittadina?…continuando con questa euforia si assisterà  all’assassasinio di una risorsa, di un’area  unica e irripetibile a favore di un pessimo e privatissimo affare immobiliare.

 E come si fa la città?

“Partiamo dai Grandi Uffizi, che è già un progetto che avrebbe potuto avvantaggiarsi di spazi cittadini vuoti, come ad esempio il fu cinema Capitol,  di fronte alla nuova uscita della Galleria. Nel caso dell’area di cui si sta parlando, ci troviamo in una situazione diversa.  Se  osserviamo la carta della città a ovest del viale ottocentesco troviamo che una serie di grandi edifici o complessi di edifici, dismessi  o costruiti anche in tempi differenti sembra appartenere a un sistema (si proprio uno di quelli citati dalla L.R. sul governo del territorio) formatosi su un’ invariante (il cardine del terzo miglio) che pur trasformandosi ha mantenuto la capacità di sostenere e accrescere la serie di cui sopra: Da Torregalli alla caserma Gonzaga, all’insieme Campolmi/villa Voghel fino alla piazza dell’Isolotto che si attesta sull’Arno. Oltre il fiume la ex fattoria granducale delle Cascine con il grande piazzale, poi la Manifattura Tabacchi, la scomparsa villa Demidoff , l’ex Panificio Militare e risalendo il Terzolle arriviamo alla villa di Careggi.  Possiamo assumere questo come un sistema in potenza, come asse portante di questa parte di città che aspetta “solo” di diventare progetto di una nuova centralità e processo pubblico di trasformazione Non posso qui spiegare le ragioni francamente un po’ complesse dei passaggi analitici che portano a questa ipotesi. Ma è necessario che le precisi una cosa: questo “asse”o sistema centrale non è gerarchicamente subordinato al Centro Storico, cioè non è (sarebbe) più un frammento “periferico”di città, né gli edifici che incontriamo nella sua traiettoria sarebbero disposti gerarchicamente tra loro. Ora se  la città esiste in quanto capace di istituire relazioni che ne misurano la qualità dello spazio, la dimensione fisica ne è la base. La nostra povera area delle ex Officine è il luogo geometrico più breve tra la città antica (Il Centro) e l’ipotetico sistema centrale ovest nel nodo della Manifattura Tabacchi. Se le attrezzature pubbliche quali La Leopolda,  il Nuovo Comunale e la strada ferrata che diventa tramvia, spingono nella direzione giusta, la lottizzazione esistente ha viceversa sottratto  uno  spazio bellissimo alle funzioni che ho indicato prima. Ma ancora più disastrosa sarà la lottizzazione di cui si paventa con i suoi 162.000 metri cubi a far da tappo e annientare il nostro potenziale Parco Alberato dei Piccoli Eventi.

Secondo lei, un’occasione perduta?

“Spero ancora nel miracolo di un’asta deserta. Stiamo parlando di uno spazio vitale per la città.  Non lo si può riempire. Mutuando le parole di un collega di Milano: è “ l’assassinio di un’area perpetrato da un piano orfano di interesse pubblico” e di visione, aggiungerei.  Solo attraverso il vuoto  puoi cercare di dare qualità a vecchie  sistemazioni. Questo è il tema, modellare attraverso un  vuoto sapiente pieno di contenuto.  

Dunque, la critica fondamentale che lei muove, se ho ben capito, si appunta sull’idea stessa di città, sulla sua crescita.

Sì,  la città proprio non c’è   nel discorso degli amministratori. Li ho sempre solo sentiti parlare di metri quadri da valorizzare, di smart city e competizione internazionale, del degrado di aree ed edifici da consegnare agli Investitori, di destinazioni d’uso dedotte dalle ricerche di mercato, di sicurezza, divenuta una vera ossessione, con 1000 video-camere che ci controllano h.24.  Si è costruito troppo e male, la crescita necessaria è solo quella della qualità dei luoghi, del loro uso salubre e pubblico,  del bisogno di uguaglianza civile.

Perché secondo lei si è persa la visione sistemica? 

Le rispondo riassumendo quanto ho scritto nel libro curato da Ilaria Agostini: Urbanistica Resistente nella Firenze neoliberista. “ La pratica amministrativa ha perseguito come principio di razionalità il metodo della parcellizzazione dei problemi, fondato sulla separazione degli interventi puntuali, da indicazioni generali sulla città,   ad es.aree o edifici dismessi. Questo ha reso indeterminati i primi (ogni edificio detto contenitore può accogliere ogni tipo di uso) e svuota le seconde, perché rinuncia a momenti strategici ovvero sistemici sui quali costruire il modello”. La svolta  neoliberista e integralista degli amministratori ha  fornito la giustificazione alla rinuncia della conoscenza in vista di un progetto di civitas.  Solo il Mercato può decidere come e che cosa fare, il piano deve essere il più generico possibile ed esprimere la nuova urbanistica a la carte.  

Dunque, ritiene questa formula che sta utilizzando il Comune di trattenere alcune funzinalità pubbliche in cambio dei permessi per il costruito sia comunque non utile alla città?

E’ appunto l’urbanistica a la carte. La frequentazione delle fiere immobiliari internazionali –Pechino,Monaco di Baviera, Cannes- ha reso dirigenti e amministratori comunali esperti immobiliaristi. Conoscono i desiderata del mercato finanziario immobiliare e aggiustano le schede norma degli immobili da vendere. Ho già sostenuto altre volte che il Regolamento Urbanistico somiglia a un catalogo di un’agenzia immobiliare.  Dietro al Piano  non c’è la città e non ci sono i cittadini, nemmeno quelli che organizzati in comitati e associazioni, e sono tanti, tentano inutilmente un confronto. Non so se è più penoso o più ridicolo che gli ormai famosi depositi degli Uffizi vengano chiamati anche questa volta a coprire o il vuoto o la nuda speculazione edilizia  con un velo di “cultura.” Nell’edificio già scalo merci di 3000 mq. ospitate dal Dopolavoro Ferrovieri si svolgono già attività culturali rilevanti  dove  i capannoni  vincolati costituiscono la naturale  estensione per questa reale domanda di produzione culturale. Da urbanista, non posso non sottolineare la grande importanza della rinaturalizzazione dell’area e il completo uso pubblico integrale degli otto ettari. La  possibilità infine suggerita da quest’area di una grande trasformazione della periferia Ovest di Firenze sarebbe una delle  possibilità di allentare la morsa speculativa sulla città antica da cui pezzo a pezzo si estraggono ricchezze, che ne alterano e sottraggono un valore irripetibile.

Foto: Luca Grillandini

Grandi Officine FS

 

 

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