Firenze – Cosa succede in via Chiusi, nello stabile dell’ex casa albergo delle Poste? Dopo le trattative, saltate per mancato accordo sul prezzo, che avevano visto protagonista Egi, la società proprietaria dell’immobile del gruppo di Poste Italiane, e il Comune di Firenze, che aveva offerto circa 6 milioni per trasformare l’immensa, fatiscente struttura in una serie di appartamenti “volano”, di grande sollievo per attutire l’emergenza abitativa che storicamente affligge la città, sembra che la proprietà abbia proprio deciso di spingere il piede sull’acceleratore per quanto riguarda gli ultimi 10 inquilini che risiedono nell’immobile.
L’ultimo episodio, stamattina, quando una pattuglia di polizia con la rappresentante della proprietà venuta da Roma, l’ufficiale giudiziario, l’avvocato della proprietà da un lato, e dall’altro i rappresentanti del Sunia e alcuni inquilini venuti a portare la propria solidarietà, hanno tentato di fare eseguire lo sfratto di un inquilino. Dopo una serie di trattative anche piuttosto dure, l’uomo, un cinquantenne con problemi di disagio psichico, si è visto concedere una proroga, valida fino ai primi di luglio, per dare la possibilità magari ai servizi sociali, di intervenire.
Tuttavia, non è finita. Infatti, a poca distanza, anche gli altri inquilini saranno sfrattati. Con una conseguenza in più, rispetto alla “semplice” perdita del tetto sulla testa: essendo tutti working poors, ovvero, lavoratori poveri, si ritroveranno in un limbo che ha del terribile: pochi soldi per entrare sul mercato, senza accesso alla casa popolare, nessuna possibilità di entrare in graduatoria sociale, insomma, per strada. Il che significa che perderanno anche il lavoro. Si tratta in realtà della fascia più debole di quei 72 abitanti iniziali che, grazie al lavoro che svolgevano presso Poste Italiane, avevano avuto la possibilità di entrare negli appartamenti predisposti per i dipendenti. Ma, come ricorda la rappresentante della proprietà, “tutto è cambiato” nel corso degli anni, sono intervenute le privatizzazioni, sono cambiate le società di gestione ….
Insomma, per farla breve, dipendenti entrati con tanto di contratto, se ne stanno “andando” con … nessun titolo, e anche l’impressione di essere stati presi in giro. Perché? Procediamo con ordine. Il prossimo sfratto, fra una settimana circa, “toccherà” al signor De Luca. Dipendente delle Poste, allo smistamento, con uno stipendio che, seppur non bassissimo, sui 1200 euro, non gli consente, per vicissitudini personali, di pagarsi un affitto a Firenze. Dunque, dal momento che si trova ancora in “servizio” alle Poste, per non perdere in una volta lavoro e casa (senza casa è pressoché impossibile mantenere un lavoro: si pensi alla necessità di soddisfare le più elementari esigenze personali, di avere un luogo dove riporre i vestiti puliti e sporchi, di farsi una buona dormita per ricominciare riposato il giorno dopo …) fa richiesta alle Poste, consigliato dal suo avvocato, di mobilità. A Bologna ad esempio, dove una figlia abita in una città a mezz’ora di treno, oppure a Napoli, dove ha una “casuccia”, come dice lui, vale a dire il famoso “tetto” sulla testa. Ma da Poste, niente. Dunque, il signor De Luca, dalla settimana prossima, avrà un problema molto grave. In ogni caso e al di là di tutto.
Non solo dipendenti, però. Infatti, a, una giovane donna che lavora regolarmente in una cooperativa a Careggi, è stata sfrattata. Il suo titolo risaliva al primo gestore della struttura, vale a dire Gest, che si era occupato della gestione del bene dopo la privatizzazione. La signora, che è di origine straniera ma parla un ottimo italiano, aveva ricevuto l’avviso di sfratto, ma fra lavoro e preoccupazioni famigliari, aveva ritenuto di avere qualche giorno per potere portare via la propria roba. Purtroppo, dice Mara, non mi è stato concesso, sono dovuta uscire subito. Mara è una signora di meno di un metro e cinquanta, forse arriva a 45-50 chili. Con quattro uomini che la sollecitavano a uscire immediatamente, ha avuto una crisi di pianto e tremito. In conclusione è uscita lasciando tutti gli oggetti di una vita dentro l’appartamento, che è stato chiuso. Ed ora, non può tornare, perché pare che il suo comportamento non sia stato consono. Le è stato permesso, ad oggi, di mandare un’amica a raccogliere qualcosa. “Ma lei non sa ciò che per me è importante – dice Mara, cercando di ricacciare indietro le lacrime – mi hanno trascinata via senza lasciarmi neppure le due ore che avevo chiesto per portare con me qualcosa”. Sembra tuttavia che forse, con l’intervento dell’ufficiale giudiziario di cui ha avuto stamattina il numero, la signora possa tornare a prendere almeno alcune delle cose che lei ritiene importanti.
Intanto, da Palazzo Vecchio fanno sapere che, almeno rebus sic stantibus, non hanno nessuna intenzione di mutare la destinazione d’uso della struttura. Il che significa in soldoni, che non potrebbe essere utilizzata dai proprietari per trasformarlo in una struttura ricettiva.
Per saperne di più:
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https://www.stamptoscana.it/casa-albergo-delle-poste-rimangono-in-12-working-poors-e-sotto-sfratto/
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