Europa, un salto in avanti di fronte alla sfida dei dazi

Le misure lanciate da Trump minaccia concreta ma anche opportunità
TLB courtesy: 05/10/2021 – Simest |

Sul tema dei dazi non invocherei la parola guerra, di guerre ce ne sono già troppe, semmai la parola opportunità. Opportunità, nel senso di stimolo eccezionale per l’Unione Europea ad aumentare la consapevolezza dell’importanza di coesione e capacità di governance dell’economia in senso federalista. Di fronte alla globalizzazione il federalismo europeo rappresenta un ideale ambizioso e complesso che continua a ispirarci, non ancora concretizzato ma quantomai necessario per l’avanzamento del processo di integrazione Europea. Questo processo, in tanti anni di faticoso percorso, ha portato tangibili vantaggi in termini di cooperazione politica; non ancora sufficiente tuttavia, quest’ultima, per affrontare le crisi geopolitiche e gli shock generatisi in questi ultimi tempi.

Il futuro dell’Europa dipenderà dalla propria capacità di affrontare queste sfide spingendosi in avanti per realizzare quel giusto equilibrio tra autonomia degli stati membri e coesione politica, proprio nella necessità di governare questi processi. La creazione di una vera federazione europea richiede il crearsi di una identità comune tra i vari cittadini degli stati membri laddove coesistono ancora differenze culturali, linguistiche, oltre che storiche, che rendono certamente difficile la creazione di un senso di appartenenza europeo comune. E allora questa può essere anche l’occasione per rilanciare un progetto di Costituzione Europea che metta al centro le disparità economiche e sociali, e le incongruenze dell’assetto attuale, a partire proprio da quello della governance, della formazione delle decisioni, di una maggiore capacità di federalismo fiscale e redistributiva.

Certo per noi i dazi sono una minaccia concreta, come indicato anche dal presidente di Confindustria, che parla di ben settanta miliardi di euro di danni per il solo settore dell’acciaio. Il Presidente degli Stati Uniti ha promesso in campagna elettorale il taglio delle tasse e sta perseguendo seriamente questo obiettivo, tra le azioni più immediate per finanziarlo c’è proprio l’aumento dei dazi. A dicembre in Usa aveva tenuto banco il tema del deficit del tesoro e dell’innalzamento del tetto alla spesa pubblica americana e il Congresso aveva approvato in extremis un piano per evitare il cosiddetto “shutdown”, termine con il quale si intende la chiusura delle attività statali per la mancata approvazione del budget federale, con un compromesso che non conteneva la sospensione o l’ innalzamento del tetto sul debito federale, invocata fin da subito dal Presidente eletto Trump. Trump, immaginiamo, andrà avanti spedito sui dazi proprio per reperire subito le risorse necessarie alle proprie politiche fiscali. Dazi che a detta di molti economisti porteranno nel breve periodo a un ulteriore consolidamento del super dollaro, con implicazioni legate al costo di quei beni che importiamo, tra cui anche in parte la bolletta energetica. In una economia energivora come la nostra le conseguenze sono evidenti. Come le potenziali ripercussioni negative sull’economia globale e sulla stessa economia americana, sia sul piano della crescita, che dell’inflazione.

L’aspetto politico di questa vicenda per l’Unione Europea è fondamentale. Per molti anni abbiamo assistito alle difficoltà nel meccanismo di decisione, e di quello dell’unanimità che nel caso della UE ha spesso bloccato l’adozione di misure decisive (quanto opportune) per il rilancio dell’economia europea, causando il prolungamento di fasi di stagnazione e strozzature sul lato della domanda aggregata. Di fronte alla ennesima necessità di una risposta sul piano economico condivisa, peraltro in queste ore invocata da più parti autorevoli, compresa la presidenza UE, questa può essere la grande opportunità per aprire una stagione di rapide riforme che l’unione europea non può più eludere, un tavolo per cambiare la propria struttura decisionale, aprendo al varo di politiche industriali e di stimolo alla produttività. Occorre investire tantissime risorse comuni in tecnologia attenzionando il potenziale del combinato industria tradizionale-intelligenza artificiale per farne un driver di crescita, laddove oggi rischiamo di essere comprimari e un rapido declino.

Penso all’ adozione di una sorta di super Giunta economica europea, un Consiglio Economico più snello ed efficace, che possa proporre rapidamente misure di salvaguardia e di fiscalità comune, oltre al varo di politiche industriali e programmi per orientare risorse a favore della produttività. Insomma, questa può essere un’occasione di reazione non istintiva ma ragionata, su quelle che sono le caratteristiche mancanti all’Unione Europea affinché superi una volta per tutte la propria natura di unione monetaria- commerciale-bancaria, sviluppando quella politico-economica-fiscale, e strategica. Appare essenziale in ottica strategica e di politica estera comune, il rilancio della cooperazione con l’Africa e con i paesi emergenti, compreso il Far East. Nessuno, neppure l’Europa e la sua grandeur, temo possa sopravvivere a sé stesso in tempi di globalizzazione, se non al costo dell’isolamento, della disgregazione o dell’irrilevanza. Al tavolo del gioco si direbbe:” è tempo di rilanciare, Europa”. Le risorse ci sono, basta volerlo trovando coraggio, visione.

Anche come capacità di dotarsi di budget di spesa comune più consistenti e di un posizionamento più rapido su dossier strategici quali politica estera e difesa.

Un dossier importante appare quello relativo alla propria capacità di imposizione fiscale in settori e filiere che travalicano i confini continentali, ad esempio le grandi piattaforme di vendita online, le Big Tech, che accompagnano la nostra vita quotidiana di consumatori e fruitori di tecnologia, e che contengono sicuramente un potenziale fiscale e una area di intervento da esplorare in ottica di reperimento di risorse da redistribuire verso investimenti comunitari e maggiore coesione sociale.

Il federalismo europeo e il futuro dell’Europa dipenderanno dalla capacità di affrontare rapidamente anche questi temi, oltre quelli di politica estera, difesa, industria, in senso pro attivo più che reattivo. In attesa delle elezioni tedesche, decisive vista l’importanza della Germania nello scacchiere europeo, in questi giorni si susseguono molte posizioni autorevoli che invocano una reazione adeguata alla minaccia dei dazi, e c’è da aspettarsi nei prossimi mesi un dibattito vivace. Auspico che questo possa concentrarsi veramente sulla analisi e sulla correzione delle debolezze della struttura dell’unione. Nel già drammatico contesto geo politico successivo la pandemia, e poi dello scoppio del conflitto in Ucraina e poi in medio oriente, si sono visti alcuni passi in avanti come il superamento del tabù del debito comune per finanziare le crisi, occorre ora spingere nella direzione del rafforzamento di una governance più efficace.

L’Europa rischia di trovarsi isolata rispetto alle grandi crisi, imprigionata dalla propria incapacità di federarsi maggiormente e di saper-poter decidere. Non c’è tempo da perdere, è l’ora di affrontare il tema di un salto in avanti, di natura politica, occorre favorire questo dibattito che non può più essere eluso. A questo proposito, è significativo che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella abbia sottolineato nel suo discorso all’Università di Marsiglia, dove ha ricevuto la laurea honoris causa, la necessità per l’Europa di scegliere se essere protagonista della scena internazionale o rimanere un “vassallo felice”.

Il Presidente ha sottolineato l’importanza di rafforzare l’integrazione politica europea, un tema cruciale alla luce delle attuali dinamiche internazionali caratterizzate da conflitti e tensioni distruttive, ribadendo l’importanza di difendere il multilateralismo e le istituzioni internazionali perché la sfiducia nella democrazia e il riemergere dei nazionalismi di oggi ricordano quanto accaduto negli anni ‘30. Va in questa sede la mia più profonda stima e solidarietà al Presidente Mattarella, all’indomani dell’inaccettabile attacco del portavoce del Ministro degli Esteri Russo.

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