Firenze – Non è propriamente un Anno degli Etruschi questo 2016, 31 anni dopo quello memorabile del 1985, ma le due mostre aperte contemporaneamente a Prato e Cortona gli somigliano molto, se non per quantità, sicuramente per qualità.
A Cortona, nei locali del Museo dell’Accademia Etrusca, è stata inaugurata ieri venerdì 18 marzo la mostra Etruschi maestri di scrittura (fino al 31 luglio) e oggi sabato 19 marzo prende il via, nelle sale del Museo di Palazzo Pretorio, un’esposizione dal titolo “L’ombra degli Etruschi. Simboli di un popolo fra pianura e collina” (fino al 30 giugno).
Si tratta di due aspetti particolari della prima grande civiltà della Penisola. La prima offre all’attenzione dei visitatori i più importanti reperti archeologici che documentano la rivoluzione alfabetica, la prima in Europa, che i nostri progenitori realizzarono a partire dalla prima metà del millennio che precedette la nascita di Cristo. E ci sono tutti, prestati non solo dai musei italiani, ma anche dal Louvre, da Montpellier e soprattutto dal Museo Archeologico di Zagabria che ha prestato la tela-calendario rituale avvolta sulla mummia che un ufficiale austroungarico portò dall’Egitto e che si è rivelato il più importante testo in lingua etrusca disponibile.
C’è il Fegato di Piacenza, con le istruzioni destinate agli aruspici, per le loro divinazioni attraverso i sacrifici di ovini. Ci sono le lamine d’oro di Pyrgi e la Tabula Cortonensis in bronzo, che ha aperto nuovi orizzonti sulla cultura etrusca in età ellenistica. Il visitatore può dunque avere un quadro completo dei supporti che i Rasenna utilizzavano per la scrittura che tuttavia resta ancora in gran parte misteriosa. Poche centinaia di parole conosciute relative ai riti religiosi, a quelli funerari o a contratti commerciali sono del tutto insufficienti per dare una chiave interpretativa completa. “Nel testo linteo di Zagabria si dà nota delle scadenze cronologiche dei sacrifici, ma quali sacrifici?”, come ha riassunto il problema il più importante etruscologo, il Lucumone (presidente) dell’Accademia di Cortona Giovannangelo Camporeale.
Di carattere meno specifico, ma di analogo interesse per la novità dei materiali esposti, è la mostra di Prato. Qui si può avere un’idea di un vasto insediamento etrusco e delle sue specializzazioni: il territorio Fiesolano che passa da Artimino a Gonfienti, che è stata in ordine di tempo l’ultima area esplorata dagli archeologici e che costituiva uno snodo essenziale per i commerci di una civiltà che – se ne ha una diretta esperienza nelle cartine di Cortona – si era estesa in gran parte del Mediterraneo occidentale. La mostra di Prato documenta soprattutto il talento artistico degli etruschi attraverso trenta reperti, in prevalenza cippi , stele e bronzetti, fra cui la coppa attica a figure rosse attribuita al celebre pittore ateniese Douris.
E’ in questo territorio che si ha una diretta esperienza delle origini del popolo etrusco. Un “melting pot” l’amalgama fra poli autoctoni e la gigantesca immigrazione di gente che veniva in Etruria da tutte le parti del mondo conosciuto, perché offriva lavoro, spazio e prospettiva di ricchezza, come ha raccontato Camporeale. Gente solida, lavoratrice e amante della vita.
Foto: L’inaugurazione della mostra di Cortona al teatro Signorelli. Presenti all’inaugurazione il vicepresidente della Regione Toscana e Assessore alla Cultura Monica Barni e Andrea Pessina, soprintendente archeologico della Regione Toscana. C’erano il sindaco di Cortona Francesca Basanieri co nSajin Mihelic, Direttore Museo Archeologico Zagabria; Laurent Haumesser, conservatore sezione antichità greche etrusche e romane del Museo del Louvre; Paolo Giulierini Direttore del MANN di Napoli; Lionel Pernet Direttore Museo cantonale Archeologico di Losanna; Florence Millet conservatrice del Museo Archeologico di Lattes Montpellier; Giovannangelo Camporeale, Lucumone dell’Accademia Etrusca di Cortona.