Estate tragica: crolla il ponte Morandi, cadono i ponti dell’unità repubblicana

Firenze – “Il venerdì 20 luglio 1714, a mezzogiorno, il più bel ponte di tutto il Perù si spezzò, precipitando cinque viaggiatori nell’abisso sottostante… Ogni peruviano, appena ricevuta la notizia della disgrazia, si segnò e mentalmente calcolò: quanto tempo prima lo aveva attraversato per l’ultima volta, fra quanto tempo aveva avuto in animo di attraversarlo. La gente si aggirava come rapita in estasi, borbottando fra sé presa dall’allucinazione di vedersi precipitare nell’abisso”.

E’ l’inizio di un romanzo dello scrittore americano Thornton Wilder, “Il Ponte di San Luis Rey”. Se solo cambiate data e geografia, potrebbe essere l’incipit della storia che verrà raccontata del crollo del viadotto di Genova, il ponte Morandi, che fino al 14 agosto scorso era uno dei fiori all’occhiello dell’ingegneria e del talento costruttivo degli italiani.

Il protagonista del racconto di Wilder, Frate Ginepro, si propone di indagare sul destino delle cinque vittime, “perché è toccato a quei cinque?”, se esiste un disegno “misteriosamente latente in quelle vite così improvvisamente troncate”. La domanda che ci poniamo noi che siamo convinti che il disastro abbia cause umane è un’altra: che futuro possiamo dare a questo Paese colpito in questa triste estate da una serie di sciagure che ne mettono in evidenza debolezze, negligenze, incompetenze, mancanza di responsabilità e di etica pubblica?

Tutto è cominciato il 25 luglio con la morte di Sergio Marchionne, italo-canadese, ultimo filo, seppure tenue, che legava la Fiat al all’Italia: ne è stata un pilastro della crescita, molto le ha dato e molto ha ricevuto anche in termini di autorevolezza al livello internazionale.

Pur ragionando nei limiti di un rappresentante del capitalismo mondiale che ha dunque come sua principale bussola la creazione di valore per gli azionisti, Marchionne si poneva il problema di non tagliare definitivamente il cordone ombelicale di una grande azienda diventata con Chrysler a trazione americana, con la testa in Olanda e nel Regno Unito, con il Paese da cui è partita e con cui ha condiviso un secolo di storia. Ora FCA, gestita da britannici, farà il suo corso di multinazionale dell’automobile ed è molto improbabile che il fattore Italia abbia un qualche peso sulle grandi scelte di sviluppo.

L’agosto si è aperto poi con la morte di 16 migranti, in incidenti avvenuti sulle strade del Foggiano. Dodici Lavoratori, immigrati regolari, che raccoglievano pomodori per un euro al quintale, parte di quella massa di stagionali preda di caporalato e sfruttamento senza alcun rispetto per i diritti della persona. Negli stessi giorni all’altezza del km 4.800, direzione Sud del Raccordo Autostradale Bologna Casalecchio, è esplosa ieri pomeriggio un’autocisterna che stava trasportando Gpl ha tamponato un camion che portava sostanze infiammabili. La gigantesca esplosione ha provocato un morto e 70 feriti, bilancio fortunosamente meno grave di quello che avrebbe potuto essere.

Alle 11,36 del 14 agosto 2018 il crollo del ponte Morandi, sulla A10, inaugurato nel 1967, detto il piccolo ponte di Brooklyn. Sono caduti nel vuoto almeno trenta veicoli e tre tir: 43 morti, centinaia gli sfollati, residenti nelle aree adiacenti alla sezione crollata.

Mentre la magistratura indaga sulle cause del disastro, dalle ricostruzioni giornalistiche emerge abbastanza chiaramente una responsabilità da parte di chi doveva garantire la manutenzione e la sicurezza della struttura di fronte all’accertato progressivo deteriorarsi del materiale usato, il cemento armato. Nessuno voleva prendersi la responsabilità di chiudere una delle arterie di collegamento più importanti della penisola e le soluzioni prospettate dai tecnici cadevano nelle trappole delle polemiche dettate da ragionamenti di bottega elettorale.

Sei giorni dopo 10 escursionisti sono morti nell’improvvisa ondata di piena del torrente Raganello a Civita, nel Pollino, in provincia di Cosenza in Calabria, causata da una bomba d’acqua. Nonostante le indicazioni del meteo le gole del Pollino non sono state chiuse e il gruppo è stato travolto dall’acqua senza via di scampo. Chi doveva intervenire? Chi doveva lanciare l’allarme?

Caro Frate Ginepro, in questi episodi più che l’imperscrutabile disegno della volontà divina, c’è la crisi profonda di un Paese che sta perdendo storia, competenza, moralità pubblica, responsabilità verso la comunità dei cittadini e verso coloro che offrono le proprie braccia per trovare condizioni di vita migliori rispetto a quelle che lasciano nel proprio paese.

Perché c’è ancora una grave minaccia che pende sul nostro Paese. Chi ci governa sta mettendo in gioco anche lo spirito migliore del nostro essere cittadini italiani. I fondamenti di una storia che nei secoli ha maturato un senso di solidarietà umana vengono cinicamente gettati sui tavoli della competizione politica. Uomini e donne che fuggono dalla povertà e dalla guerra vengono strumentalizzati per conquistare potere e consenso. Non cade solo il ponte fisico, cadono i ponti interni che congiungono le diverse componenti della società, quelli che hanno finora sostenuto le basi del nostro vivere insieme.

Accettare fatalisticamente questo precipizio fisico e morale sarebbe come sancire la fine di un’eredità di idee e di valori democratici che, sia pure fra grandi contrasti e enormi difficoltà, ha creato la nostra Repubblica. C’è una larga parte di italiani disposta a lottare per affermare i valori della competenza, della responsabilità e della solidarietà: è il momento di ricostruire il ponte e l’etica pubblica.

 

Foto: Euronews

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