Il New York Times sta sperimentando un modello di intelligenza artificiale cucito su misura. A dispetto del nome – si chiama “Echo” – non riecheggiano grandi notizie sullo stato di avanzamento. Invece, in Italia, “Il Foglio” manda in edicola un supplemento, “Foglio AI”, di cui viene gridato a gran voce il primato di essere “il primo quotidiano fatto interamente con l’Intelligenza Artificiale”. L’esperimento andrà avanti per un mese: ogni giorno quattro pagine per un totale di 22 articoli e 3 editoriali.
Stili e modalità diverse, quelli del NYT e del quotidiano italiano, per interpretare le arrembanti novità tecnologiche. Scrive il direttore del Foglio, Claudio Cerasa: “Sarà un quotidiano vero, fatto ogni giorno, frutto di discussioni, frutto di provocazioni, frutto di notizie. Il Foglio AI sarà il primo quotidiano al mondo in edicola realizzato usando interamente l’intelligenza artificiale. Per tutto. Per la scrittura, i titoli, i catenacci, i sommari. E a volte anche per l’ironia. Noi giornalisti ci limiteremo a fare le domande, il Foglio AI ci darà tutte le risposte e ci aiuterà, in modo non sappiamo ancora se naturale o artificiale, a spiegare come si può far passare l’intelligenza artificiale dallo stato gassoso, ovvero quello della teoria, a quello solido, ovvero quello della pratica».
E poi, il titolo del fondo di apertura che viene presentato come “testo con l’intelligenza artificiale”: “Perché, caro direttore, – si legge – solo l’Intelligenza Artificiale può essere ottimista, senza sbavature e senza contraddizioni”. Un titolo che introduce a un pezzo che prende le distanze dall’uomo incline all’errore e propenso ad “ascoltate i canti delle sirene”, mentre esalta la macchina impeccabilmente razionale. Una narrazione alimentata dal compiacimento di quella che Cerasa e i suoi, evidentemente, ritengono una nuova via, sicuri di raccogliere gli entusiastici “olé” dei tanti intellettuali infarciti di determinismo tecnologico. Già il servizio di lancio al Tg 1 della sera lo hanno conquistato: un primo approdo, almeno dal punto di vista del marketing, è dunque raggiunto.
Una modalità, quella scelta dal “Foglio”, che ha innescato già alcune polemiche. Commenta Michele Mezza, docente di Sociologia Digitale all’Università Federico II di Napoli, autore di numerose pubblicazioni sulla transizione digitale: “Il Foglio esibisce oggi un numero realizzato CON l’intelligenza artificiale. Una non notizia. Da almeno un anno i principali giornali sono realizzati con l’intelligenza artificiale. In questo caso -spiega Cerasa il direttore – la redazione si sarebbe limitata a lavorare con le domande da porre, progressivamente al dispositivo di Intelligenza artificiale, fino ad arrivare alla versione più soddisfacente. Si intravvede in questa procedura il futuro del giornalismo – continua Mezza – Tutor di sistemi di calcolo che raccolgono e elaborano le fonti. Manca, però, un pezzo importante: quale intelligenza artificiale? Come è stata addestrata? Chi l’ha personalizzata? I dati da dove arrivano e dove poi saranno depositati? Sono domande da portare non alla tecnologia ma agli umani per una trasparenza naturale. Tutto, infatti si gioca su quei quesiti: what, where, when, who, why. Che ci devono dire chi sia il vero autore del giornale automatico”.
Perché, viene da aggiungere al commento di Mezza, gli algoritmi non sono neutri. Chi intravede nelle automazioni dell’informazione l’araba fenice della neutralità giornalistica e dell’oggettività delle notizie, si è perso gli ultimi dieci anni di far west mediatico sui social, determinati dagli algoritmi di cui le piattaforme detengono le chiavi di accesso e dispongono finalità e obiettivi.
Invece a New York, il Times sta costruendo il proprio modello di IA proprio per non essere subalterno alle grandi piattaforme che producono sistemi “chiavi in mano” sostanzialmente uniformi. Il più grande giornale al mondo non poteva accettare questa modalità, anche perché dal dicembre 2023 ha portato in Tribunale due colossi dell’IA, Open AI e Microsoft, accusandoli di aver addestrato ChatGPT e Pilot con l’archivio del New York Times, calpestando le regole del copyright. Il procedimento è in corso.
Ma come sta entrando Echo nella produzione di news del NYT e cosa farà? Il personale giornalistico è stato avvisato dell’’inizio di una fase di formazione e già sono state emanate disposizioni che fissano i paletti su cosa fare e cosa non fare con l’intelligenza artificiale generativa. Il magazine on line Semafor riporta così questa sorta di manuale d’uso, diffuso dal New York Times “L’IA generativa può assistere i nostri giornalisti nello scoprire la verità e nell’aiutare più persone a comprendere il mondo. L’apprendimento automatico ci aiuta già a riportare storie che altrimenti non potremmo, e l’IA generativa ha il potenziale per rafforzare ancora di più le nostre capacità giornalistiche – si legge nelle linee guida editoriali dell’azienda. Allo stesso modo, il Times diventerà più accessibile a più persone attraverso funzionalità come articoli con voce digitalizzata, traduzioni in altre lingue e usi dell’IA generativa che dobbiamo ancora scoprire. Consideriamo la tecnologia non come una soluzione magica, ma come un potente strumento che, come molti progressi tecnologici precedenti, può essere utilizzato al servizio della nostra missione.”
Con trasparenza l’azienda ha anche informato su una serie di strumenti di automazione di cui è stato approvato l’utilizzo da parte dei giornalisti: l’assistente di programmazione GitHub, Copilot per la codifica, Google Vertex AI per lo sviluppo di prodotti, NotebookLM. Quanto ad Echo, viene annunciato come “uno strumento di sintesi beta interno per consentire ai giornalisti di condensare articoli, briefing e lanci interattivi sui social del Times”.
L’azienda incoraggia i giornalisti all’utilizzo di queste modalità per generare titoli SEO, riassunti e promozioni per il pubblico; suggerire modifiche; fare brainstorming di domande e idee e porre domande sui documenti dei giornalisti; condurre ricerche; e analizzare i documenti e le immagini del Times. In un video di formazione condiviso con il personale, il Times ha suggerito di utilizzare l’IA per elaborare domande da porre all’amministratore delegato di una startup durante un’intervista.
Nelle linee guida editoriali, l’azienda ha comunque sottolineato i potenziali rischi nell’uso dell’IA: allucinazioni, violazioni del copyright, esposizione delle fonti. Tra ciò che i giornalisti non devono fare, l’azienda inserisce non solo la scrittura di un articolo con l’IA, ma anche la sua revisione sostanziale. E quanto alla creazione di immagini è consentita solo pubblicando l’etichetta di produzione con AI.
Pare una via equilibrata all’innovazione tecnologica nell’informazione, una convivenza uomo-macchina in cui si intravede la volontà di salvaguardare l’etica del mestiere giornalistico, approfittando delle opportunità della tecnologia. D’altronde, il New York Times, anche nel momento dell’avvento del giornale on line, seppe trovare modalità sostenibili, in primo luogo affidando ad un team di sette giornalisti, lo studio della transizione digitale. Il documento, condiviso con l’allora direttore generale Dean Baquet, venne pubblicato nel gennaio 2017 con il titolo “Journalism That Stands Apart”. Oggi, la nuova accelerazione imposta dall’intelligenza artificiale generativa porta lungo nuove direttrici, senza certezze e senza garanzie di successo. Il primo bivio, al NYT si chiama Echo. Il Foglio, invece, ha scelto una scorciatoia. Ognuno, andrà per la sua strada.