Firenze – La nuova legge sulle case popolari diventa realtà: via libera oggi in consiglio regionale per una legge a lungo attesa e dagli inizi difficili, che ha visto un lungo percorso di ascolto e modifiche molto importanti nel corso della sua “costruzione”. Una legge fatta, secondo quanto dichiara l’assessore regionale Vincenzo Ceccarelli, per aumentare l’efficienza del sistema ma anche per mettere insieme “diritti e legalità, rigore e umanità” e che non aumenta i canoni di affitto: le uniche rimodulazioni previste saranno delle premialità per chi risiede in alloggi a bassa efficienza energetica e quindi paga bollette più alte rispetto a chi abita in casa ad alta efficienza energetica e quindi paga bollette inferiori.
“Ci sarà un unico contratto di servizio uguale per tutta la Toscana – dice Ceccarelli – che rappresenterà un elemento di equità, e saranno fissate delle percentuali degli introiti da destinare alla ristrutturazione degli alloggi”. Il tutto accompagnato da importanti investimenti, che la Regione Toscana sta facendo e continuerà a fare. “Ci eravamo impegnati a destinare all’edilizia popolare 100 milioni in 3 anni – ha detto ancora Ceccarelli – adesso siamo alla fine dei due anni ed abbiamo già stanziato 61 milioni, ai quali si aggiungono 27 milioni destinati a ristrutturazioni. Abbiamo anche rifinanziato il fondo per il sostegno all’affitto e quello per il contrasto allo sfratto dei morosi incolpevoli. Ci aspettiamo che anche il Governo rimetta tra le proprie priorità il diritto alla casa”.
Fra le principali novità contenute nel testo della legge, la decadenza, il rafforzamento dell’autonomia dei Comuni, la regimentazione del sottoutilizzo, la presenza del mediatore sociale e culturale, il sistema dei punteggi, legato anche alla storicità della residenza. Eccoli, punto per punto:
Decadenza. Si è introdotta una valutazione patrimoniale dei beni mobili, resa possibile dal sistema ISEE, per una maggiore equità nella destinazione degli alloggi ERP. Così come resta confermato l’accertamento dei requisiti, in particolare per quanto riguarda la possidenza immobiliare. La soglia di decadenza è collegata alla fascia ISEE utilizzata in altri settori dell’intervento pubblico, come la sanità o il TPL, portandola a 36.151,98 €.
Autonomia dei Comuni. Si è incrementata l’autonomia e la responsabilizzazione dei comuni nella gestione dei casi più delicati, per i quali ciascun comune potrà disporre anche un limite ISEE inferiore a quello fissato dalla legge nel classico valore di 36.151,98€. Maggiore autonomia per i comuni sarà data anche nella gestione di bandi speciali o assegnazioni temporanee per far fronte a situazioni di emergenza.
Sottoutilizzo. E’ introdotta una nuova disciplina del sottoutilizzo degli alloggi, calcolato in base al rapporto tra numero dei vani e numero dei componenti del nucleo familiare assegnatario, che prevede una maggiorazione del canone di locazione esclusivamente nei casi in cui il nucleo familiare stesso non acconsenta alla mobilità verso un alloggio di dimensioni adeguate.
Mediatore sociale e culturale. Novità assoluta è la previsione di attività e di procedure per evitare possibili conflitti all’interno delle comunità ERP, con la figura del mediatore sociale e culturale, che potrà anche avere residenza in determinati contesti e la possibilità di svolgere specifiche attività di informazione e formazione nei confronti degli assegnatari.
Punteggi e storicità della presenza. E’ previsto un incremento per i casi legati alla presenza di disagio abitativo (abitazioni precarie o inadatte, incidenza del canone sul reddito, coabitazioni, ecc), eliminando il precedente limite al cumulo dei punteggi attribuiti per singolo fattore. Inoltre se la residenza anagrafica o la prestazione di attività lavorativa continuativa di almeno un componente del nucleo familiare nell’ambito territoriale di riferimento del bando, risulta essere da almeno 10 anni alla data di pubblicazione del bando, saranno previsti 2 punti; se da almeno quindi anni 3 punti; se da almeno venti anni 4 punti. Invece, per la presenza continuativa del richiedente nella graduatoria comunale o intercomunale per l’assegnazione degli alloggi, ovvero presenza continuativa del richiedente nell’alloggio con utilizzo autorizzato, sono previsti 0,50 punti per ogni anno di presenza in graduatoria o nell’alloggio, fino ad massimo di 6 punti.
Il provvedimento, come ricordano i sindacati Cgil, Cisl e Uil, oltre al Sunia, Uniat e Sicet, interessa direttamente o indirettamente oltre 1 milione e 650 persone che già abitano nelle 49.751 case popolari toscane, 21.888 famiglie che hanno presentato, attraverso i bandi comunali, domanda di assegnazione di una casa pubblica, 366 lavoratori che operano nelle aziende di proprietà dei Comuni che hanno il compito di gestire e mantenere il patrimonio immobiliare. a proposito poi degli inizi difficili del percorso, i sindacati ricordano che il testo approvato è diverso rispetto a quello iniziale, proposto qualche anno fa. Tant’è vero che i sindacati avevano promosso mobilitazioni e messo sul tavolo 40 proposte di emendamento. E tuttavia, alcune criticità risultano ancora presenti.
Infatti accanto ad aspetti positivi (riequilibrio dei punteggi per l’assegnazione di una casa popolare verso situazioni più legate al disagio abitativo, corsi di formazione civica per chi entra ma anche per chi già vive negli alloggi popolari, tutela delle famiglie anziane con la garanzia di restare nel contesto sociale e nell’alloggio loro assegnato senza provvedimenti di mobilità “forzata”, sistema di calcolo dei canoni che continuerà ad essere proporzionato alle condizioni di reddito familiare, valorizzazione del ruolo della rappresentanza sindacale, unico contratto di servizio alle 12 aziende comunali che gestiscono il patrimonio di ERP), rimangono sul tavolo e irrisolti lacuni aspetti di carattere economico e sociale che riguardano il futuro stesso dell’edilizia popolare. Fra questi, nonostante l’approvazione all’unanimità da parte del Consiglio regionale di un ordine del giorno con cui si impegna la Regione a prevedere lo stanziamento costante annuo minimo di 15 milioni di euro per la tenuta del sistema e di 10 milioni per la ristrutturazione degli alloggi sfitti (che attualmente soddisfano l’82% degli alloggi assegnati), di fatto la legge non contempla questo tipo di impegni. Per questo i sindacati chiedono a Regione e Comuni di condividere un appello verso il governo nazionale per un piano strutturale di finanziamenti del settore in modo da offrire nuove abitazioni a canone sociale da edificare soprattutto in aree ed edifici, ristrutturare in tempi certi quelle che si liberano e rilanciare anche il settore delle costruzioni
Altro punto critico, secondo i sindacati, le modalità di calcolo delle possidenze immobiliari e l’approvazione di alti punteggi previsti nei bandi di assegnazione per coloro che risiedono da più tempo nelle zone in cui presenteranno domanda. Insomma, il criterio della temporalità della residenza comporterebbe una iniquità di fondo, non salvaguardando chi, ad esempio, “fino ad un anno fa viveva a Livorno e ora per problemi lavorativi, familiari, ha preso la residenza a Firenze”. Infine, non si smorza il dibattito, che solleva anche dubbi di legittimità costituzionale oltre che di effettiva efficacia, circa la norma che impedisce l’accesso ai bandi a chi ha pendenze penali di un certo rilievo.
“Senza dubbio – conclude Laura Grandi del Sunia – questa legge introduce elementi importanti di novità e si distacca dalle leggi di edilizia popolare di altre regioni, che si segnalano per l’impostazione obsoleta e vessatoria nei confronti degli inquilini. Senza dubbio, punti qualificanti e positivi sono il non innalzamento dei canoni e la regolamentazione della mobilità, oltre al riconoscimento del ruolo dei sindacati. Ma per quanto riguarda la valutazione delle condanne penali, che non riguardano tuttavia le famiglie e si attengono alla sentenza passata in giudicato, sembra paradossale che, proprio quando qualcuno ha pagato il proprio debito con la società, venga messo in condizioni di disagio con l’esclusione dall’assegnazione proprio quando avrebbe bisogno di essere riaccompagnato nell’inserimento sociale. Una condizione che potrebbe apparire di ulteriore sanzione, immotivata e tra l’altro molto difficile da applicare. E che soprattutto non c’entra per niente nella logica delle case popolari”.