Erp, il palazzo di Mandela rischia di diventare quello dei senza diritti

Firenze – Senza diritti. E’ così che si sentono, i cittadini assegnatari del blocco di case Erp in piazza Leopoldo. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, come raccontano gli appartenenti  all’Autogestione che da anni si occupa della vivibilità e delle magagne del luogo, è stato l’incendio del 20 dicembre scorso. “Erano circa le 20 di sera – dice una degli abitanti del palazzo – quando è scoppiato l’inferno”.

L’inferno si scatena con l’incendio dell’isolante che la ditta che ha iniziato i lavori il 13 settembre ha lasciato nel cantiere, sopra la grata di aerazione dei garage sottostanti. Il fuoco divampa, va a lambire la facciata, ma soprattutto materiale incandescente cola attraverso la grata dentro i garage. Due auto prendono fuoco. Il fumo è terribile.

Sembra di vivere in un film, dicono altri radunati intorno. Il terrore dilaga, tutti scendono giù, tranne i tanti disabili che vivono nell’edificio e che vivono momenti di autentico panico. I vig del fuoco intervengono rapidamente. Tutto torna alla normalità, ma lo spavento è tanto, e soprattutto nei gorni seguenti, la ferita dell’incendio rimane aperta. La vicenda finisce in Procura. Ad oggi, nessuno ha spostato le due carcasse di auto bruciate nel garage, nessuno ha portato via la massa di materiale carbonizzato che impedisce l’accesso in una parte dell’ambiente, il cantiere è semplicemente circondato dalla rete arancione che ne delimita il perimetro, mucchi di terra, tracce di annerimento sulla grata, la pioggia ha creato pozzanghere inassorbibili, un piccolo escavatore se ne sta immoto su un cumulo di terra. Quando tira il vento, la rete arancione che delimita il cantiere alla bell’e meglio si straccia e invade il percorso pedonale. L’umidità, dalle pareti annerite della facciata, ai pezzi di intonaco che cadono sulle scale e nell’impiantito del garage, si taglia col coltello.

Già, l’umidità. E’ da anni, che combattono contro l’umidità, le persone che vivono in quel palazzo, dove uno splendido murales, ultimato e inaugurato nel 2018, mostra il viso famoso di Mandela, con un accenno di sorriso. Anni, dal momento che la riqualificazione del luogo avviene negli anni 2000 e le assegnazioni nel 2003. L’umidità è un problema da sempre, dicono gli assegnatari. Del resto, basta dare un’occhiata alla patina nerastra che ingrigisce la facciata, basta fare una passeggiata dentro le scale o nel garage, basta affacciarsi in un appartamento, in particolare quelli all’ultimo piano e il risultato di anni di umidità si vede. “Inutile tenere aperto il riscaldamento – dicono gli abitanti – addirittura si forma la condensa, e l’umidità vaporizza”. Per gli ultimi piani poi, è ancora peggio: il tetto è a terrazza, e per problemi di varia natura, l’impermeabilizzazione evidentemente non funziona a dovere. Tant’è vero che, come dicono alcuni degli abitanti, “si vive con acqua sopra e acqua sotto”. “.

In sintesi, dall’incendio in poi, nonostante l’autogestione si sia rivolta a tutti coloro che dovrebbero avere responsabilità del caso, niente si è mosso. Niente si era mosso anche prima, dicono ancora gli abitanti del palazzo di Mandela, come alcuni lo chiamano nel quartiere. Tante promesse, in particolare nel giorno dell’inaugurazione. “Tanti discorsi, con noi che abbiamo accolto con gioia questo regalo. In quei giorni, si parlò anche di migliorare la vivibilità della piazza, che ad oggi è ancora un porto di mare, dopo le nove di sera c’è di tutto, tanto da avere paura ad uscire. La situazione di questo cantiere perenne e perennemente avviato senza mai procedere, rende ancora più degradante una situazione già degradata. E come si sa, degrado chiama degrado”.

La responsabilità della situazione, dicono ancora dall’Autogestione, è frutto di un’originale combinazione. “La struttura edilizia abitativa è gestita da Casa Spa, avendo natura di edilizia residenziale pubblica. L’esterno, compreso il “corridoio” davanti agli ingressi e tutta la piazza appartiene al Comune, settore patrimonio immobiliare. La gestione dei garages seminterrati, in cui ci sono sia stalli dell’Erp che di privati, è affidata a un amministratore esterno. Questo frammentarsi di soggetti diventa occasione di poter operare un meccanismo di scaricabarile che ci vede rimanere sempre col cerino in mano – spiegano gli abitanti – addirittura, siamo arrivati ad essere ignorati. Non parliamo poi della ditta che esegue i lavori, che non dà certamente spiegazioni a noi. non solo: oltre alla ditta esecutrice, c’è anche un’altra ditta cui è affidato il trasporto del materiale”. Una sorta di cipolla insomma, dalle varie bucce. Anche se alla fin fine, tutto riconduce al Comune di Firenze. Sia di chi sia la “colpa”, gli assegnatari, ormai sfiniti, hanno deciso di rivolgersi alle vie giudiziarie.

“Il condominio dei diritti è nato male, perché è stato finito di costruire sulla scia del fallimento della ditta Pontello – commenta Laura Grandi, segretaria regionale del Sunia – si tratta dunque di un immobile mal nato in cui chi è intervenuto in seguito è dovuto intervenire in corsa. Un condominio sfortunato, anche se la responsabilità mi sembra sia da addossare a una ditta che lavora in maniera poco professionale. Ciò che auspico e sebbene ci sia una responsabilità primaria della ditta, oltre comunque a una responsabilità diffusa, è che il Comune, che con questo assessorato è intervenuto per dare il via ai lavori, intervenga per rassicurare i condomini e spronare la ditta a finire i lavori in modo consono, anche considerando il fatto che, come hanno detto i cittadini, il degrado del luogo non fa che attirare altro degrado. Sono sicura che già nei prossimi giorni l’amministrazione prenderà in mano la situazione per rispondere alle domande dei cittadini, giustamente molto arrabbiati. Credo che si debba dare una giusta importanza alle proteste di questa Autogestione al fine di preservare le Autogestioni a Firenze, che sono la sentinella migliore circa il decoro e il buon andamento della convivenza nelle case popolari, oltre a rappresentare una linea di sbarramento fondamentale per fronteggiare il populismo dilagante, che utilizza queste situazioni di disagio per i propri fini”.

Inoltre, il fallimento del condominio dei diritti rischia di mettere per sempre in soffitta il progetto, caldeggiato da amministratori e popolazione, della creazione della terza piazza, con verde e spazi di aggregazione, nell’area.

Foto: Luca Grillandini

Per l’incendio del 20 dicembre, foto dei condomini

 

 

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