Ermanno Olmi, ha raccontato l’Italia con coraggio e speranza

Firenze – E’ morto ad Asiago Ermanno Olmi, aveva 86 anni. Olmi è stato un cineasta innovativo e sperimentale ed è divenuto nel corso della sua lunga carriera un maestro-punto di riferimento per molte generazioni di cineasti, così come del pubblico.

Nato a Bergamo nel 1931, da una famiglia di origine contadina, durante la seconda guerra mondiale perse il padre. Un dolore di cui ha raccontato nel romanzo autobiografico Il ragazzo della Bovisa. Nell’adolescenza non concluse gli studi ma riuscì a trovare un impiego all’Edisonvolta, dove lavorava sua madre. L’Edisonvolta affiderà a Olmi il settore cinematografico per documentare le produzioni industriali. Questo apprendistato sarà un’esperienza fondamentale per imparare il cinema documentario.

Negli anni dell’Edisonvolta, Olmi realizzerà più di quaranta documentari, tra i quali La diga sul ghiacciaio, Tre fili fino a Milano e Un metro è lungo cinque. Nei film realizzati per l’Edisonvolta possiamo già scorgere uno degli aspetti significativi della futura poetica del regista: l’attenzione alla condizione degli uomini che lavorano.

Il tempo si è fermato è il film d’esordio del cineasta lombardo, la storia di un’amicizia tra uno studente e il guardiano di una diga di montagna. La valenza documentaria del film e una drammaturgia che previlegia i rapporti e i sentimenti umani prefigurano alcuni aspetti determinanti del cinema olmiano.

Con il lungometraggio Il Posto (1961) Olmi si afferma come uno dei giovani autori più talentuosi, ricevendo il premio della critica alla Mostra del Cinema di Venezia. Il posto, apprezzatissimo dalla critica italiana e internazionale, racconta la storia di due giovani innamorati che lavorano come impiegati nella Milano degli anni ‘60.

Il regista, con grande originalità, critica il mito del boom economico, ritraendo, attraverso la storia dei due protagonisti, attori non professionisti, la trasformazione socio-urbana di Milano, considerata la città della rinascita economica del paese. Il cinema italiano degli anni ‘60 parte da una volontà comune dei nuovi autori di voler demistificare lo stereotipo del boom, imposto dalle oligarchie politiche e industriali, che nasconde le contraddizioni sociali e una mancata industrializzazione democratica e produttiva.

I grandi autori della Nouvelle Vague italiana degli anni ‘60, come Olmi, Antonioni e i Taviani, ciascuno con il proprio stile personale, intraprendono una critica sociale che fotografa un’Italia guidata da una classe dirigente colpevole della mancata modernizzazione del paese.

Con il film successivo al Posto, I Fidanzati, Olmi continua il viaggio nell’Italia del boom, da Milano alla Sicilia, narrando la storia di Giovanni, un giovane saldatore che deve lasciare Milano per raggiungere il petrolchimico di Priolo nel Siracusano. Lontano dalla fidanzata Liliana, il giovane operaio ci conduce in una realtà sociale in trasformazione: i contadini diventano operai e l’industria invade il paesaggio agricolo siciliano. Per Olmi la modernità industriale crea alienazione e cancella l’antropologia dei luoghi.

Il cinema olmiano degli anni ‘60 ha preso così già una forma poetica significativa: è un récit moderno che valorizza la memoria soggettiva e il tempo umano dei personaggi che vivono i loro sentimenti in continua tensione con una realtà sociale ed economica che li minaccia. Con uno sguardo post-neorealista e un touch della nouvelle vague francese, in particolare Truffaut, Resnais, Rohmer e Godard, Olmi propone, accanto alla scelta esistenzialista di Michelangelo Antonioni, un umanesimo religioso che sarà un aspetto fondamentale della sua estetica.

E venne un uomo (1965), film sulla vita di Angelo Roncalli poi papa Giovanni XXIII, è la prima opera in cui si esplicita una visione religiosa che interroga il Cristianesimo e la fede. La dimensione religiosa sarà il tema centrale in alcune grandi opere realizzate dagli anni ‘70 in poi: L’albero degli zoccoli, La Leggenda del santo bevitore, Camminacammina, Genesi: La creazione e il diluvio, Centochiodi, Il villaggio di cartone, fino a Vedete sono uno di voi, documentario su Carlo Maria Martini. Ermanno Olmi, che si è autodefinito “aspirante cristiano”, attraverso il cinema, cerca il sacro nella vita quotidiana, accetta il dubbio che permette di raggiungere la fede intesa come esperienza umana e spirituale, al di là di ogni dogmatismo teologico o fondamentalismo religioso.

Gli anni ’70 sono per il cineasta bergamasco, come del resto per il cinema italiano, un periodo di forte impegno civile e creativo. Olmi collabora con la televisione pubblica, la Rai, realizzando dei documentari storici, in particolare Diario di una formazione partigiana, e una biografia storica sulla figura di Alcide De Gasperi. Per la televisione realizza anche I Recuperanti: il protagonista, Gianni, è appena tornato dalla campagna di Russia nel suo paese natale, sull’Altopiano di Asiago.

Per sposare la sua fidanzata, inizia, insieme a un vecchio stravagante, Du, a recuperare dei materiali bellici, rivendendoli, attraverso l’aiuto di un metal detector. La sceneggiatura di questo film è stata scritta dallo stesso Olmi, Tullio Kezich e Mario Rigoni Stern. Le conseguenza della guerra e la miseria del dopoguerra inducono ad un comportamento collettivo dannoso. Olmi procede in una indagine rosselliniana della storia e della memoria storica.

Il cinema televisivo olmiano testimonia il costante interesse dell’autore per la memoria storica: dalla sceneggiatura non realizzata, Il sergente della neve, scritta negli anni ‘60 con Rigoni Stern, sulla prima guerra mondiale, fino allo splendido film Ritorneranno i prati (2014), storia di alcuni soldati in trincea durante la prima guerra mondiale. Instancabile, prima di una grave malattia che gli impedirà di lavorare per alcuni anni, Olmi traccia un ritratto morale della società italiana, attraverso tre opere: Un certo giorno, Durante l’estate e La circostanza. Un certo giorno racconta la storia emblematica di un pubblicitario in carriera che dopo aver ucciso un operaio causandone la morte, è costretto a fermarsi e a riflettere.

In Durante l’estate un insegnante milanese fa l’illustratore di carte geografiche per una casa editrice milanese. La circostanza racconta la decadenza e il cinismo di una famiglia borghese lombarda. Olmi, nel ritrarre una società italiana in trasformazione, compone, da un punto di vista privilegiato, quello della Lombardia, un racconto che evidenzia l’intreccio nocivo tra i comportamenti collettivi e la nascente società dei consumi.

La trasformazione sociale del nostro paese troverà una rappresentazione poetica nel poema audiovisivo Milano 83, in cui la schizofrenia e il feticismo di una città contemporanea, in piena era craxiana, documentano e prefigurano il futuro disfacimento delle metropoli postmoderne.

Il regista bergamasco, tra gli anni ‘80 e i ’90, fonda una scuola di cinema, Ipotesi Cinema, con sede a Bassano del Grappa. L’esperienza formativa di Ipotesi cinema diventa un punto di riferimento per molte generazioni. La scuola di Bassano è molto apprezzata nel contesto europeo della formazione audiovisiva. Olmi, con Ipotesi cinema, lancia, a livello internazionale, un modo nuovo di pensare e fare cinema, con particolare attenzione al documentario.

Le affinità estetiche con i metodi del cinema-verité e diretto e con i grandi maestri del documentario, in particolare Robert Flaherty, Pierre Perrault e Jacques Rouquier, impongono Olmi come maestro del cinema documentario. Il documentario è parte integrante del suo cinema, ricordiamo piccoli grandi capolavori come Lungo il fiume (1992), Terra Madre (2009) e Rupi del vino (2009). Il protagonista di queste opere sembra essere il rapporto tra la condizione umana e la natura.

Negli anni Duemila Olmi, considerato tra i più grandi cineasti a livello internazionale, realizza grandi opere cinematografiche: Il mestiere delle armi, Cantando dietro i paraventi, Centochiodi e Il villaggio di cartone. Nel mestiere delle armi (2001, nove David di Donatello) lo sguardo del maestro indaga nel passato storico del Rinascimento, ritraendo il personaggio di Giovanni delle bande nere. La vicenda storica del capitano di ventura, narrata nel film, permette di riflettere sulla grande trasformazione della guerra e del potere statuale in epoca moderna. Giovanni delle bande nere rappresenta una cultura premoderna che sta scomparendo. La guerra e le armi diventeranno il motore stesso dell’economia e della colonizzazione. Il mestiere delle armi sembra essere uno strumento storico-pedagogico per comprendere la nostra contemporaneità, minacciata da guerre imperialiste e premier dispotici.

I film successivi sembrano proprio essere la conferma di un progetto del grande maestro che attraverso il cinema vuole cercare di interrogare e interpretare il mondo contemporaneo. Cantando dietro i paraventi, tra messa in scena teatrale e finzione storica, ambientato nei mari della Cina imperiale, rappresenta, attraverso le disavventure della piratessa Ching, l’importanza della pace e del perdono nelle difficili trame diplomatiche e militari delle guerre moderne.

Olmi, che nel corso degli anni Duemila aveva dichiarato di non voler fare più film di finzione, ritorna con Centochiodi e il Villaggio di cartone a interrogare l’essenza stessa del Cristianesimo. Con Centochiodi il cineasta vuole reagire contro ogni dogmatismo monoteistico che vorrebbe imprigionare le religioni nell’ontologia del libro sacro. Muovendo da un Cattolicesimo liberale, il maestro lombardo vuole insistere sulla libertà della persona umana che, attraverso il dubbio pascaliano, si avvicina alla redenzione, al sacro e alla grazia.

Questo percorso umano della fede non può che approdare alla riscoperta e alla necessità di una ecclesia che accolga tutti senza esclusione. Il cineasta con la sua arte rilancia il desiderio di una fede cristiana al di là delle logiche del dominio. E così forse possiamo leggere il suo ultimo documentario sulla vita del Cardinal Carlo Maria Martini come un testamento spirituale. Nel film Vedete sono uno di voi, Olmi, con la sua stessa voce fuori campo, compone un ritratto biografico del cardinale, mettendo in evidenza le grandi capacità dialogiche ed ecumeniche di Martini. Mai agiografico, il documentario è costruito come un mosaico che ripercorre la vita del cardinale, dall’infanzia alto-borghese a Torino agli anni del cardinalato milanese.

Martini attraversa la storia dell’Italia contemporanea, dagli anni di piombo a tangentopoli, con fermezza e libertà di pensiero, sempre schierato dalla parte degli umili e degli onesti. Il senso di giustizia e un esprit antidogmatico contraddistinguono l’azione e il pensiero di un grande cardinale e uomo di fede. Attraverso il film Vedete sono uno di voi, Olmi sottolinea l’importanza dell’impegno civile e sociale della chiesa cattolica.

Un messaggio di speranza oggi più che mai attuale. Il percorso artistico e spirituale di Ermanno Olmi riesce a interrogare il Cristianesimo contemporaneo: le istanze individuali di ogni cristiano e le istanze ecclesiali di una chiesa che può essere moderna, plurale e impegnata.

Ricordiamo infine il grande impegno artistico nel mondo operistico italiano che ha visto il maestro regista di numerose opere liriche. Grande amante della musica classica, lirica e sperimentale, con Olmi perdiamo un geniale artista autodidatta sempre proiettato verso la vita e il prossimo.

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