“Twittami che non lo escludiamo”, “chattami che forse lo includiamo”, “facebokkami che è possibile”, “whatsappami che non è impossibile”: ce li immaginiamo in giunta, come dee Kalì della comunicazione virtuale a cercare di rispondere ancor prima della domanda, di asserire ancor prima di dissentire, cercare di prevenire ancor prima della formalizzazione di un problema. Nell’arco di poche ore infatti dagli uffici del sindaco Luca Vecchi grazie ai social, sono partite semi-smentite a simil-affermazioni e para-precisazioni a proto-enunciazioni. Un po’ su tutto, da Iren al palazzetto dello sport. Un caos reale di fronte a situazioni solo potenziali. Mai come ultimamente si è sentita la nostalgia del classico velinone del giorno dopo, tradizionale se vogliamo ma meditato, decantato, redatto con certosina applicazione.
Dunque, l’estate sta finendo ed i Righeira con lei sono estinti da quel dì; Luca Vecchi si è giustamente inebriato con la sbornia elettorale, ha presentato il suo gruppo, presenziato ad un consiglietto comunale di prassi ed ora, visto che ha dalla sua i numeri e si dice anche le capacità, bisogna fare sul serio. Presenziare fisicamente, decidere realmente, amministrare concretamente. In seria ma serena fretta. Abbiamo presente i problemi veri di questa città; l’età media dei suoi cittadini, la stragrande maggioranza dei quali non distinguono tra un computer ed un disco volante, le generazioni dei 20 e 30enni che considerano la politica roba da matusa, le nuove ondate dei figli degli immigrati extracomunitari in tutt’altre faccende affaccendati rispetto ai media virtuali? Per dire in sostanza che il governo di una città che corre sulla rete, è dimensione di chi se lo può tecnologicamente permettere e la cui agenda non è occupata nelle prime posizioni da emergenze epocali.
Buttiamoci pure a piedi pari nell’era digitale, ma stiamo attenti a non sfociare, a furia di proclami sempre più rarefatti, in quella demenziale. Attenzione a fermarsi al limitare, un attimo prima di varcare il labile confine.