La solita Germania? In Europa aumentano le critiche ad un paese che va per la sua strada, che da un giorno all’altro fa un’iniezione di 200 miliardi di euro in un programma per aiutare famiglie e imprese – tedesche naturalmente. E non basta, i tedeschi continuano a dire di no ad un tetto al prezzo del gas che la maggioranza dei paesi UE richiede da tempo. Il loro portavoce era Mario Draghi. Il viaggio del cancelliere in Cina, senza Macron che si era offerto di accompagnarlo per parlare con una voce europea? No, Scholz è partito da solo con una delegazione di industriali tedeschi. L’interpretazione è unanime: la Germania si sta isolando.
Ma si potrebbe dire anche la solita Italia. Tutti in Europa sono con il fiato sospeso per il nuovo governo a Roma. Sono marziani o no? Nelle cancellerie ci si sta chiedendo se le prime affermazioni pro-europee del(la) presidente del Consiglio sono credibili. Bastano per rassicurare gli altri partner oppure velano al momento un nuovo anti-europeismo populista che sembrava superato dopo l’esperienza del 2018 e che uscirà fuori di nuovo alla prossima occasione? Stabilità politica, prevedibilità, mettere i conti in ordine, un sincero sforzo per abbassare il debito pubblico e il via per intraprendere finalmente delle riforme, questi sono le aspettative in Germania e a Bruxelles quando si guarda verso Roma.
Non è un momento felice per la Germania e l’Italia. Il rapporto tra i due paesi fondatori dell’UE, con fatica ricostruito negli ultimi anni, si sta complicando. Oltre alle critiche aumentano le incomprensioni, il tutto amplificato dalla crisi economica che morde ormai nella vita di ciascuno. Un terreno fecondo per far tornare stravecchi stereotipi che sembravano finalmente superati – il più eccessivo di tutti: “italiani mafiosi – tedeschi razzisti”.
I diplomatici a Roma e Berlino continuano a confermare che tutto va bene, che i rapporti sono eccellenti e gli interessi comuni non pochi. Sono infatti molti. L’interscambio nel 2021 ha raggiunto un nuovo record di 142 miliardi di euro rispetto ai 127 prima della pandemia. I due paesi sono leader nel settore manifatturiero in Europa e per l’Italia la Germania è il primo partner commerciale. Al momento due paesi hanno anche un triste record in comune: secondo le stime del FMI Germania e Italia saranno in recessione nel 2023.
Ma con la pandemia e la guerra in Ucraina, dovuto alla critica situazione economica, è crollato il feeling tra i due paesi in un momento che stava andando bene. Un esempio: Due anni fa il piano Next Generation dell’UE, del quale l’Italia con circa 220 miliardi di euro approfitta più degli altri paesi UE, metteva in moto il Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Un piano dettagliato che l’Italia mandava a Bruxelles. I soldi arrivavano puntualmente.
La precisione dell’azione e la tempistica italiana suscitavano grande lodi presso gli altri partner in Europa. Ma più importante era un altro fatto, una decisione storica che riguarda la Germania e il rapporto con l’Italia: Per la prima volta Berlino era d’accordo con Bruxelles di dare ai paesi non solo prestiti, ma anche sussidi. Da non ripagare. Era finita dopo anni l’era dei falchi in Germania.
Nel 2023 Bruxelles pagherà la terza tranche, la seconda è appena arrivata – se arrivano i nuovi piani e progetti da Roma. Sarà la vera sfida per il nuovo governo. La preoccupazione a Nord è già palpabile, soprattutto in Germania. Politici, economisti, banchieri e imprenditori sospettano, finora sottovoce, che mettere in ordine i conti pubblici e combattere il debito non sarà al centro dell’azione politica a Roma. Ci sono dei dubbi sui numeri di crescita, deficit e debito per il prossimo anno.
Mettendo da parte i risentimenti reciproci – tipo la Germania tende a comandare in Europa e l’Italia si risente da qualsiasi critica e influenza da fuori – la preoccupazione è fondata, perché l’Italia è “too big to fail”, un’economia troppo grande e importante in Europa per fallire.
Il momento per lavorare al rapporto bilaterale però non è male, per due fattori diversi. Con la crisi geopolitica in Europa si spostano le alleanze. Il motore franco-tedesco, su storica base dalla firma del Trattato dell’Eliseo nel 1963, si è inceppato. Il presidente Emmanuel Macron e il cancelliere Olaf Scholz hanno un problema che si manifesta tra l’altro nel rinvio del tradizionale vertice bilaterale.
Si aprono quindi nuovi scenari di alleanze che possono rafforzare il peso dell’Italia. Ci sono convergenze tra Parigi e Roma, a cominciare dalla critica al piano tedesco delle 200 miliardi di aiuti. I due paesi criticano anche il no tedesco all’idea italiana di un tetto al prezzo del gas. Trovare compromessi tra i tre Paesi più grandi dal punto di vista economica e dal numero di cittadini in Europa sarebbe un vantaggio strategico per affrontare le sfide globali.
Non mancano nuovi accordi bilaterali come il Trattato del Quirinale tra la Francia e l’Italia firmato nel novembre del 2021 e un anno dopo il “piano d’azione” firmato da Scholz e Draghi a Roma. Ma nell’attuale crisi economica manca il tempo per implementazioni. La politica deve essere più veloce. Il primo passo per un triangolo potrebbe essere una collaborazione alla revisione del Patto di crescita e stabilità che dovrebbe tornare in funzione dopo la pandemia 2024 ma che fatica a vedere la luce e che non trova molto sostegno tra i paesi membri.
Il secondo fattore per migliorare il rapporto bilaterale è la percezione reciproca. Di un’„amicizia fragile“ parla la fondazione Friedrich Ebert, vicino alla SPD, in un sondaggio sui rapporti tra i due paesi pubblicato nel 2021. “Al di là di un vasto consenso di fondo comune… italiani e tedeschi hanno una percezione decisamente diversa della situazione nei due Paesi, del loro posizionamento all’interno dell’Unione Europea e dei loro rapporti bilaterali”, si legge e come conclusione: “Manca una conoscenza vera e propria”. Basta pensare alle immagini di questi giorni delle navi delle Ong tedesche pieno di rifugiati dell’Africa che non possono entrare nei porti italiani per risvegliare vecchi stereotipi.
Gli altri paesi membri dovrebbero seguire il rapporto italo-tedesco. Perché in fondo è un indicatore sismografico che in Europa qualcosa non va. Un punto di partenza per un futuro meno conflittuale.
Foto: Olaf Scholz