Emiliano Manfredonia, prima candidatura toscana Presidente nazionale Acli

Firenze – Emiliano Manfredonia, 40 anni, già presidente delle ACLI pisane e dirigente regionale, poi responsabile nazionale dello Sviluppo associativo e del Coordinamento delle associazioni specifiche e professionali ha annunciato la sua candidatura a Presidente nazionale.

E’ la prima volta, nella lunga storia delle ACLI che un dirigente toscano è candidato alla più alta carica dell’associazione lo abbiamo intervistato sulle motivazioni di questa importante decisione,annunciata con una lettera ai soci del sistema ACLI.

Hai iniziato la tua lettera agli aclisti sottolineando il tuo profondo attaccamento alle ACLI.

“Lo ritengo doveroso perché amo questa Associazione per quello che mi ha insegnato, per il ruolo di promozione sociale, politica e culturale che esprime in ogni territorio, per la capacità di unire la testimonianza di vita cristiana all’impegno concreto in politica e nel mondo del lavoro”.

La lettera sottolinea il grande spessore del tessuto associativo ma non nasconde che la tua candidatura si pone nel segno della discontinuità. Per quali motivi?

“Perché dobbiamo prendere atto che la maggioranza politica e l’idea programmatica che hanno accompagnato questi ultimi anni sono tramontate. Il tempo del Congresso è un tempo di semina; per questo la mia candidatura ha l’ambizione di aprirsi e di costruirsi, giorno dopo giorno, con il contributo di chi vorrà sostenerla e anche di chi, nella critica, non vorrà farlo”.

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Quale l’idea di fondo che ti ha sospinto in questa scelta?

“La mia candidatura prende le mosse dall’idea che le Acli si costruiscono insieme, nel rispetto della nostra storia, ma anche nel segno del cambiamento, e fa tesoro dell’esperienza di donne e uomini che hanno creduto in un progetto condiviso, mettendo al primo posto l’importanza e l’urgenza di ridisegnare il futuro delle Acli senza personalismi. Quindi non mi candido per dividere ma per valorizzare e recuperare l’unità di tutte le esperienze associative, anche quelle che oggi sono più mortificate”.

Quindi rinnovamento e anche ricambio generazionale

“Di per sé, la mia età non è garanzia del cambiamento; credo, infatti, nella instancabile ricerca di un equilibrio intergenerazionale, nella combinazione di novità e saggezza, innovazione ed esperienza, ma credo anche nella necessità di cambiare radicalmente ruolo e stile della rappresentanza nazionale”.

Quali allora i veri fattori del cambiamento?

“Il cambiamento sarà frutto dei processi che sapremo mettere in moto per scrivere una pagina nuova della nostra storia. Vuol dire anche, stabilità di governo e ‘leggerezza’ nella gestione, superando la logica della mera occupazione di spazi. Ecco perché dobbiamo sostenere con forza l’avvio di una nuova stagione di riforme nel Paese che rimetta al centro il tema del lavoro, dei diritti sociali e della partecipazione democratica, dobbiamo essere capaci di riaprire un dibattito politico sullo sviluppo integrale del Paese, di lottare in modo concreto contro l’esclusione e di riconoscerci come un’Associazione internazionale che, dentro una prospettiva di pace, contribuisca a costruire un’Europa diversa. Per tutti questi motivi il cammino che ci attende non può prescindere dal recuperare quel riconoscimento e quell’autorevolezza degni della storia delle Acli”.

Hai indicato vari punti programmatici. Quali intendi sottolineare?

“Ridare centralità ai territori e portare a termine la riforma dell’Assemblea Straordinaria delle Acli, riscattandola da quello “svuotamento di senso politico” che l’ha vista mortificata. Una riforma che veda la sostenibilità delle province da un punto di vista associativo prima che economico. Inoltre, dobbiamo ridare alla Direzione Nazionale un ruolo centrale di guida politica attribuendo ai suoi componenti deleghe e gestione di specifici gruppi di lavoro che possano rimettere al centro l’Associazione. E soprattutto, dobbiamo investire su una classe dirigente diffusa, preparata e formata. Per questo è urgente tornare a svolgere una funzione di formazione che riappassioni i giovani alla politica e all’impegno sociale, che formi la futura classe dirigente delle Acli”.

Come vedi la nuova squadra di governo dell’Associazione?

“Sono convinto che una squadra si costruisca sulla condivisione di idee e intenti e si fondi sulle competenze e sulla passione associativa. Le linee fondamentali del programma con il quale mi presento sono state già tracciate nel documento “Condividere per Moltiplicare”, presentato nel Consiglio Nazionale del 27/28 Novembre scorso, che sarà arricchito dalle mozioni congressuali e dalle riflessioni che insieme sapremo avviare. Quanto al futuro gruppo di governo, sono consapevole che le Acli hanno dirigenti capaci e validi in ogni Regione e sarà compito del Congresso e delle rappresentanze territoriali scegliere le persone che in questo momento possono incarnare una nuova idea di Associazione. Un progetto che ha l’ambizione di non perdere altro tempo ma agire da subito”.

Per questo hai usato un termine forte: “conversione”, che fa riferimento al cammino di vita cristiana.

“Le Acli sono chiamate ad una “conversione”, a dare un senso al percorso di vita e di impegno di ognuno alla luce della fede. Nel nostro sentirci piccoli peccatori, dobbiamo riscoprire il senso di essere comunità, sostenendoci reciprocamente; è il momento di valorizzare chi agisce con umiltà e silenzio operando dove è chiamato ad essere testimone coerente dell’ora presente”.

Un’ esperienza associativa, la tua, già prima di quella delle Acli

“Mi sono formato nel movimento studenti di Azione cattolica sono stato animatore ed educatore parrocchiale ed delegato dalla diocesi di Pisa al Convegno ecclesiale di Verona 2006. A ventidue anni ho iniziato il mio impegno nella cooperazione sociale di tipo B, con la cooperativa Axis che gestisce il lavoro di 110 persone la metà delle quali accolte da percorsi di inserimento lavorativo. Negli anni ho sviluppato e fondato cooperative sociali in diversi territori e in diversi ambiti di marginalità, come tossicodipendenza, disabilità mentale  e sordomutismo. Ho fondato il marchio “La bottega della musica”, un percorso di lavoro per ragazzi disabili attraverso la costruzione, riparazione e valorizzazione di strumenti musicali”.

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