Domenica 26 gennaio si è votato in due Regioni italiane, l’Emilia-Romagna e la Calabria. Entrambe erano amministrate, fino a ieri, dal centrosinistra: i governatori erano Stefano Bonaccini e Mario Oliverio. I risultati del voto — ancora non definitivi: ma mancano, almeno nel caso dell’Emilia-Romagna, pochissime sezioni, e le proiezioni sono ormai molto solide — hanno confermato Bonaccini in Emilia-Romagna, mentre il governo della regione Calabria passa al centrodestra, dove a vincere è stata una coalizione guidata da Jole Santelli (Forza Italia). Santelli è la prima donna governatrice di una Regione meridionale.
In Emilia-Romagna, dove le sezioni scrutinate sono oltre 4420 su un totale di 4520, Bonaccini è al 51,4 per cento; Borgonzoni al 43,68; Simone Benini (Movimento 5 Stelle) al 3,46%. Il Partito democratico si conferma primo partito, con il 34,6 per cento; la Lega è seconda con il 31,96 per cento. I 5 Stelle sono fermi al 4,7 per cento: alcuni elettori pentastellati hanno votato in modo disgiunto (la lista del partito, ma Bonaccini presidente). In ogni caso, il risultato del Movimento, in una delle Regioni storicamente più importanti per i 5 Stelle, è drammatico.
In Calabria, dove le sezioni scrutinate sono invece ancora meno di 2000 su 2420, Santelli è al 55,95 per cento, Filippo Callipo (centrosinistra) al 30,2%; Francesco Aiello (5 Stelle) al 7,4%. Il primo partito è, anche qui, il Pd, con il 15,78%; Forza Italia è seconda con il 12,6%, seguita dalla Lega al 12,2 per cento e da Fratelli d’Italia (11,14%).
L’importanza del voto di ieri era più ampia dell’orizzonte regionale, come sottolinea qui il direttore del Corriere Luciano Fontana: il leader della Lega e della coalizione di centrodestra, Matteo Salvini, aveva spiegato di voler trionfare in Emilia-Romagna per dare «un avviso di sfratto» al governo guidato da Giuseppe Conte e sostenuto da Movimento 5 Stelle, Partito democratico, Liberi e Uguali e Italia Viva. Quella «spallata» contro il governo nazionale è stata respinta, come scrive oggi nell’editoriale Massimo Franco. Il leader del Pd, Nicola Zingaretti, è riuscito dunque a «fermare l’onda salviniana in un passaggio decisivo». Il presidente del Consiglio Conte può tirare un sospiro di sollievo, anche se — come scrivono Alessandro Trocino e Francesco Verderami — dovrà fare i conti con la crisi dei 5 Stelle, crollati in entrambe le Regioni.
A legittimare queste analisi è anche un’impennata della partecipazione, specie in Emilia-Romagna, dove l’affluenza è stata del 67,1 per cento: quasi il doppio rispetto alla precedente tornata. Secondo le prime valutazioni dell’Istituto Cattaneo, l’incremento avrebbe premiato entrambi in contendenti, come effetto della polarizzazione del voto sui due principali schieramenti (nel caso del centrosinistra, decisive sono state le «Sardine», cui è andato il ringraziamento di Zingaretti). Ma a votare di più sono state le città di Bologna, Modena e Ravenna, dove il Pd è più forte. In Calabria l’affluenza è stata comunque molto bassa: 44,32 per cento, di un soffio più alta di 5 anni fa.
(Corriere.it)