Emergenza migranti: toscani offrono case gratuitamente o prezzi di mercato

Firenze – Davanti ai nuovi arrivi paventati nelle scorse ore, il presidente Enrico Rossi ha rinnovato l’appello ai suoi concittadini toscani offrendo alla stampa alcuni dati “Il nostro numero 055 4383030 funziona, abbiamo avuto 43 telefonate con 24 chiamate per l’accoglienza in famiglia e 19 offerte di appartamenti. Faccio appello a nuove telefonate e sottolineo che se ci sono appartamenti sfitti si possono mettere a disposizione: c’è chi lo sta facendo gratuitamente, ma c’è anche la possibilità di farlo a prezzi di mercato. Ricordo che saranno individuate per prime quelle persone che già conoscono l’italiano e possono liberare i centri di accoglienza e che possono inserirsi meglio perché hanno già imparato a vivere nel nostro paese”.

Negli obiettivi del modello toscano c’è anche il progetto di ripopolare gli antichi borghi rurali abbandonati attraverso forme di agricoltura assistita, autogestione e formazione.

L’assessore all’immigrazione della Regione Toscana, Vittorio Bugli, ha difeso un modello che “funziona” ovvero quella accoglienza diffusa che per la Giunta vuol dire “No a tendopoli o a centri con centinaia e centinaia di ospiti, come quel campo che il governo italiano nel 2011 avrebbe voluto realizzare a Coltano in provincia di Pisa”.

In Toscana l’accoglienza diffusa ha aperto le porte a 8.733 richiedenti asilo questo il conto delle prefetture aggiornato alle ultime settimane. Tutte persone distribuite nelle dieci province in 638 strutture diverse, a piccoli gruppi: otto o quindici per volta, alcune decine in certi casi, raramente oltre. Con gli ospiti degli Sprar, strutture di secondo livello, si superano i novemilacinquecento. Per Bugli “Una Toscana con otto strutture da mille persone l’una o  anche con sedici da cinquecento ospiti sarebbe stata una Toscana molto diversa” 

A maggio Regione e Comuni toscani riuniti in Anci hanno proposto al Governo di firmare un protocollo che possa aiutare a facilitare accoglienza e integrazione, ma fissi anche punti precisi: otto punti, ovvero il modello di accoglienza diffusa sperimentata la prima volta nel 2011 e 2012, quando ci fu l’ondata di migranti dopo le prime primavere arabe, e riproposta anche nel 2014, una ripartizione delle presenze in tutti i comuni – nessuno escluso e proporzionalmente agli abitanti – con incentivi e disincentivi, più posti e nuovi bandi per gli Sprar (strutture d’accoglienza di secondo livello che facilitano l’integrazione), l’accoglienza in famiglia ora autorizzata, l’uso di immobili inutilizzati anche dello Stato, oltre a quelli di Comuni e Regione (ma sempre con piccoli numeri) e progetti sperimentali come l’inserimento di chi chiede rifugio e che da più tempo è in Toscana in strutture pubbliche legate alla forestazione e l’agricoltura magari, per ripopolare anche borghi disabitati e “passare dall’emergenza a forme di autogestione e formazione, con nel mezzo l’esperienza di un’attività di volontariato“. L’ultimo punto riguarda gli incentivi per rimpatri volontari, necessari anch’essi nei casi in cui la domanda di protezione non venga accolta, oltre a tempi più rapidi nell’esaminare le richieste visto che mediamente, tra l’inoltro, la prima risposta che in otto casi su dieci è negativa, l’appello e il suo esito finale passano oggi anche due anni.

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