Firenze – L’allarme lo lancia Asia, l’associazione inquilini agganciata all’Usb e riguarda la “mutazione” nel sistema di risposte all’emergenza casa che si registra da parte del Comune di Firenze.
Il caso è il seguente: una famiglia marocchina con sette figli, di cui 5 minori, sotto sfratto per morosità, si è vista offrire, come unica risposta dal Comune di Firenze, l’entrata nel progetto Ermes 2, che ha sede a Bologna, che pagherà loro il biglietto d’aereo per il ritorno in Marocco. Viaggio di sola andata con ritiro di permesso di soggiorno e documenti d’identità, all’aeroporto.
“La famiglia è in Italia da vent’anni – spiega Emiliano Cecchi, Asia Firenze – il padre lavora come muratore, ma con la crisi dell’edilizia ha visto ridursi drasticamente il reddito. Proprio per questo motivo, non è riuscito neppure a chiudere la partita Iva, in quanto, come ben si sa, è un’operazione che richiede un costo. Particolare non irrilevante, in quanto per questo motivo non è rientrato neppure nella categoria della morosità incolpevole”. I bambini, è bene sottolinearlo, sono nati e cresciuti in Italia.
D’altra parte, anche la “soluzione” del ritorno in Marocco per sempre (dovranno infatti lasciare intanto i documenti in Italia mantenendo il solo passaporto) appare, agli esponenti del sindacato degli inquilini, piuttosto intricata. Intanto, “il Progetto Ermes 2 non risulterebbe convenzionato con il Comune di Firenze – spiega ancora l’esponente di Asia – , il Progetto, che utilizza sovvenzioni europee, dovrebbe occuparsi anche del reinserimento sociale e lavorativo dei “ritornanti” nelle loro patrie di origine”. Bisognerà allora chiedersi almeno quale e da parte di chi sarà svolto il controllo che tutto ciò avvenga.
Ma se questo è un pezzo della questione, un altro fronte, ancora più grave, sottolinea il sindacato, si apre sulle risposte del Comune all’emergenza abitativa. “La proposta è partita dagli assistenti sociali – dice Cecchi – come unica risposta. infatti sembra che il Comune abbia avuto una sorta di crash per quanto riguarda le strutture sociali di risposta con cui fare fronte alle richieste sempre più pressanti dell’emergenza abitativa. E tuttavia, alcuni segnali non proprio coerenti ci sono: a partire dalla struttura di via Slataper, che dovrebbe cambiare destinazione di utilizzo a breve, alle vendite di immobili da decenni dedicati all’uso di edilizia popolare su cui si sta consumando il tentativo di vendita a privati, dopo averle private della loro funzione, come sta succedendo in via dei Pepi”.
Inoltre, sembra anche che le assegnazioni di case di edilizia popolare abbiano riscontrato uno sforamento importante per quanto riguarda la riserva di abitazioni da assegnare ai casi che riguardano le assegnazioni temporanee dell’emergenza abitativa, il disagio sociale e la disabilità non altrimenti gestibile, riserva che è pari al 35% e che potrebbe invece riguarda il 40% (qualcuno parla di percentuali ancora più alte) sull’intero delle assegnazioni.
Ma il quadro non è ancora completo. “L’evoluzione di cui il Comune di Firenze è protagonista come battistrada- continua Cecchi – prevede anche un mutamento nell’approccio che riteniamo molto pericoloso. Infatti, passa la direttiva che. essendo gli aspetti sociali meramente “tecnici”, è fatto divieto agli assistenti sociali di parlare con i sindacati. Il che significa anche operare un taglio fra sociale e emergenza abitativache non rispetta la realtà dei fatti. E’ buon senso puro constatare come la casa sia uno degli snodi fondamentali delle istanze sociali del Paese”. Anche perché l’alternativa sarebbe quello di ridurre l’emergenza abitativa a tema di ordine pubblico, contribuendo ad esacerbare le tensioni sociali senza risolvere il problema. Semmai, aggravandolo.
“Il sospetto – conclude Cecchi – è che si voglia in questo modo eliminare interlocutori scomodi come i sindacati. E’ inutile fingere di non sapere che il vero problema sociale è la casa, tanto più in un momento come questo, dove, nonostante si brindi alla ripresa, la crisi continua a mordere con ferocia una buona fetta della popolazione, quella più indifesa in primis. In ogni caso, resta il fatto che per la prima volta ci si trova di fronte a una risposta di questo genere per una soluzione abitativa, che la prima volta succede a Firenze e che si tratta della punta di un iceberg, di un segnale che temiamo sia di abbandono rispetto alle famiglie e alla fascia più debole della città. Stranieri o italiani che siano”.