Fiesole – “L’unico consiglio che si può dare ora al Pd è scegliere la stessa strada che ha percorso il Partito socialdemocratico tedesco, la Spd: consultare la base”. Hanspeter Kriesi, sociologo e scienziato della politica dell’Istituto Universitario Europeo, non vede altra strada per il partito storico della sinistra italiana, dopo la sconfitta alle elezioni del 4 marzo.
“La differenza fondamentale fra la situazione della Spd e quella del Pd – afferma Kriesi – è che la prima doveva scegliere una grande coalizione con la Cdu guidata da Angela Merkel, cosa che ha poi deciso di fare. Ma per il partito del segretario uscente Matteo Renzi sarebbe troppo rischioso accordarsi con un new comer che nessuno sa esattamente dove sta andando”.
Dunque la cosa migliore è quella di consultare la base, aprire un grande dibattito al suo interno ed è la vera riposta ai richiami più o meno interessati alla responsabilità che gli vengono rivolti.
Nel corso di un workshop che si è tenuto nella sede dell’Istituto universitario europeo (IUE), lo studioso svizzero ha mostrato un’analisi tecnico-comparativa sul tasso di “populismo” dei partiti italiani: al Movimento 5 Stelle è stato attribuito un indice di 9,85 su una scala da 1 a 10, il massimo.
Un partito, dunque, che come ha detto il suo fondatore Beppe Grillo, molto citato durante il seminario, ha mantenuto “un approccio evolutivo” ai temi politici più importanti adeguandosi dunque a quell’opportunismo comunicativo che viene utilizzato dai movimenti populisti.
Allora perché il M5S ha rivolto subito la sua attenzione al Partito democratico? Qualcuno ha parlato addirittura di nuova sinistra: “Come dicono loro, non sono di né di destra né di sinistra, ma hanno beneficiato di molti voti provenienti da sinistra, dal momento che i loro temi elettorali sono quelli relativi al reddito di cittadinanza, la Fornero etc., cioè temi economici e sociali propri della sinistra. E’ per questo che il loro principale avversario è stato finora il Pd di Renzi”
Kriesi vede nella Lega l’avvento di un partito populista radicale di destra l’equivalente dei partiti di destra che si sono affermati negli altri paesi europei: “Non ha a che vedere con il fascismo. Piuttosto bisogna dire che il vero perdente è il centrodestra visti l’affermazione di Salvini e il buon risultato di Fratelli d’Italia”.
La questione che preoccupa l’Europa, sostiene il professore, non sono tanto i singoli partiti, o la possibilità di formare rapidamente un nuovo governo, “quanto il fatto che il Paese si è spezzato nettamente in due: due regioni elettorali diverse e incompatibili: quella del Nord che guarda alle forze populiste dell’Europa settentrionale e quella del Sud che corrisponde a movimenti come Syriza in Grecia o Podemos in Spagna”. Così la formazione del governo è paralizzata da due differenti configurazioni politiche che sono incompatibili e incapaci e di costruire un largo consenso.
Quale dunque potrebbe essere la via d’uscita? “Nuove elezioni non è una buona idea. La migliore soluzione, che è la preferita da parte dell’élite italiana, è un governo guidato da personalità come Mario Draghi”.
foto: Hanspeter Kriesi