Elezioni “diverse”, candidati a caccia di voti in solitaria

Firenze – Elezioni strane, quelle che stanno per concludersi con una campagna elettorale in sordina, in Toscana. Al di là dei candidati, della nuova legge elettorale, dei nomi e degli “appoggi” illustri a questo o a quel personaggio cittadino, sulla superficie della politica cittadina appaiono solo lievi increspature: come se i comitati elettorali spuntati come funghi lavorassero rallentati, magari da questi primi caldi inaspettati. Eppure, non è proprio così, almeno stando alle testimonianze di coloro che stanno seguendo via via i candidati in lista. Ma, dal momento che qualcosa è innegabilmente cambiato, è interessante analizzare cosa.

Intanto, le modalità stesse di “pubblicità elettorale” hanno subito un cambiamento paragonabile a una vera e propria rivoluzione copernicana. Tutto deriva, come confermano alcuni fra gli attori con più esperienza di quella complessa macchina che è la macchina elettorale del candidato, a prescindere dalle risorse che può mettere in campo, dalla regola che per la prima volta fa sì che “passi” chi ha preso più voti. A prescindere dal genere, rottamando dunque sia la regola dell’alternanza “fissa” (ogni tot di eletti scatta una donna, come era nella legge precedente) e indipendentemente dai complessi calcoli che mettevano in relazione la “promozione” con incroci di liste e alleanze. Il nuovo sistema, dando la palma esclusivamente in base ai voti di preferenza, ha condotto a una virata sulle modalità di far campagna elettorale che si può semplificare in una asserzione: i candidati se la giocano “in solitaria”.

Da questo primo dato, che vede una “griglia” di partenza con la distribuzione paritaria di chances fra uomini e donne (4 e 4) e poi la competizione “a solo”, si comincia a comprendere i toni meno evidenti della campagna elettorale stessa. I candidati infatti danno fondo ai loro bacini elettorali, cercando di accaparrarsi voti in aree che conoscono e in cui sono conosciuti, “battendo a tappeto” i loro bacini per non farsi sfuggire neppure un elettore, e dando molto meno spazio, ad esempio, a iniziative congiunte, di “coppia” come sarebbe sulla carta. La reazione dunque sarebbe di due tipi: la prima, presenza assidua nei propri “territori di caccia” senza condividere potenziali (o sicuri) elettori con altri della stessa barca (perché poi? Passa chi raccoglie di più, non interessa nessuno dar mano a colleghi meno conosciuti, come poteva tornar comodo con il discorso dell’alternanza “fissa” fra gli eletti); dall’altro, la ricerca, da parte dei meno conosciuti, di mezzi e “sponsor” che possano caldeggiare la propria candidatura inevitabilmente personale. Un esercizio in cui si distingue, coadiuvata da un’ottima squadra, Marta Rapallini, direttore dell’Istituto Gramsci, che è fra le più assidue in mercati (Cascine e Sant’Ambrogio nelle ultime due mattine) e che vedrà la calata di Matteo Orfini per il “tifo” nella settimana prima del voto.

cofferati lastri bonsantiOgnun per sé e voti per ciascuno? Si starà a vedere. Dal momento che, se è il silenzio quello che impera sui candidati del centrosinistra e centro destra (a destra, non ha successo in Toscana la propaganda “urlata” della Lega, con un candidato non toscano e l’arretramento in seconda fila del toscano Donzelli e di Fratelli d’Italia), pur tuttavia un rumore ancora in sordina comincia a prendere quota alla sinistra del Pd. Segnali di tempesta, anticipati a Firenze dall’arrivo di Cofferati a dar manforte ai “fuoriusciti” capeggiati da Daniela Lastri, che lancia sirene verso coloro che “ancora stan sospesi” un piede fuori uno dentro al Pd. Un gruppo che ha, a livello nazionale, la sponda di un Civati ormai deciso “Esco anche da solo”, timoroso di perdere il “primato” dell’uscita, visto ciò che si sta apparecchiando nella sinistra.

Ed è proprio in Toscana che, sempre senza clamore, prosegue la campagna elettorale di Tommaso Fattori e della sua Lista del Sì. Ieri ha aperto il comitato elettorale anche Andrea Malpezzi, 39 anni, l’esponente di Rifondazione Comunista che per primo (nella sinistra “stantìa”, come qualcuno dei “nuovi” compagni la definisce) osò dichiarare senza mezzi termini che, davanti all’obiettivo di costituire una nuova gauche unitaria alla sinistra del Pd, Rifondazione rinunciava ai simboli. Operazione che lì per lì fu vissuta con molti disagi nell’area e che sembrò inutile, visto che altri non compirono la stessa operazione e il candidato a sindaco di allora Tommaso Grassi mantenne il cappello di Sel, ma che consentì a Rfc di mantenere un buon rapporto con tutta l’area dei movimenti e realtà di base che costituiscono, ad oggi, la vera incognita della consistenza del voto per la Lista di Fattori.

Lista che, se si guadagna, con la “clamorosa” rinuncia di Daniela Lastri alla candidatura regionale e il suo endorsement per Fattori un appoggio di non poco conto, tuttavia non risolve il vero dilemma in cui si sta dibattendo la sinistra dei “fuoriusciti o in odore di esserlo” del Pd. Un dilemma esemplificato, mentre Cofferati parla di necessità di “ricostituire i valori della sinistra” e di “coerenza fra valori professati e politiche messe in campo” nell’incontro di lunedì scorso al Teatro di Rifredi e mentre Sandra Bonsanti denuncia l’avvio del “Pun” (Partito unico nazionale prodotto dalla nuova legge elettorale nazionale), dall’impietosa analisi di Marisa Nicchi, deputata di Sel: “Il vero impasse della sinistra Pd è: restare dentro il Pd? Omologazione e scomparsa della voce. Uscire dal Pd? Essere ininfluente. E’ necessario rompere questa logica”. Come? Lavori in corso. E se qualcuno lancia le parole magiche “Podemos”, “Syriza”, il rischio è che poi sulle politiche concrete, l’ “alternativa” sia troppo “rivoluzionaria”. Almeno per una parte di coloro che non sentono più il Pd come “casa”.

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