Edilizia popolare, dall’azienda economica all’impresa sociale

La sociologa De Leonardis: il servizio pubblico deve accettare il cambiamento
La sociologa Ota De Leonardis

La sociologa Ota De Leonardis, già docente all’Università Milano Bicocca, analizza la coniugazione degli elementi strutturali e infrastrutturali con quelli rappresentati dalle persone-utenti, per quanto riguarda l’edilizia residenziale pubblica e il suo sviluppo nel tempo. Una carrellata la cui occasione è stata offerta dall’incontro-dibattito organizzato da Casa spa, l’ente gestore fiorentino dell’edilizia popolare, per mettere insieme oltre ai tecnici e alle rappresentanze politico-istituzionali, alcuni fra gli studiosi che hanno collaborato al percorso iniziato da Federcasa, che riguardava il cosiddetto “ufficio sociale”. Padrone di casa, Luca Talluri ,che è stato presidente di Federcasa dal 2014 al 2021. ed è attualmente presidente di Casa spa. Tra i contributi, anche quello dell’assessore al welfare, già assessore alla casa, la candidata sindaco Sara Funaro, oltre all’odierno assessore alla casa della giunta Nardella, Benedetta Albanese.

Inquadrando dal punto di vista storico e teorico il tema dell’incontro , il contributo “Istituzioni che intraprendono”, argomento della professoressa De Leonardis, introduce i vari temi della mattinata. Pur “tralasciando la complessità del termine istituzioni a livello sociologico, dal momento che in questo caso il riferimento è all’aspetto formale-ufficiale del concetto, parlando di istituzioni di servizio pubblico, l’elemento istituzionale ha in questo caso un rapporto costitutivo con la missione istituzionale. Le istituzioni hanno un mandato costituzionale, che ne rappresenta l’aspetto politico”, ovvero di “promessa”, anche se è noto a tutti che il servizio pubblico ha una connotazione corrente di lentezza, burocrazia, inerzia, routine, di “stupidità istituzionale” secondo la definizione sociologica.

In questo tema, l’attenzione, dice De Leonardis, è sul verbo “intraprendere”. “L”intraprendere (termine ovviamente mutuato dall’impresa) è un fattore di frizione nel presupposto della continuità e della certezza del diritto, che caratterizza, o dovrebbe caratterizzare, le istituzioni”. E’ necessario tuttavia inquadrare questo particolare “intraprendere”, dice De Leonardis, “anche dal punto di vista storico, perché alle spalle del concetto “istituzioni che intraprendono” c’è stato tutto il processo di riforma istituzionale della PA, che dagli anni ’90 ha investito in questa trasformazione dell’infrastruttura dello Stato”.

Tralasciando molti aspetti, sinteticamente possiamo dare un nome, una definizione a questa trasformazione, riassumendola nel termine “aziendalizzazione”. “Termine introdotto per sintetizzare l’immissione, dentro l’impianto dell’amministrazione pubblica, di una qualche logica economica di mercato e di responsabilità sulla spesa, che fondamentalmente è una responsabilità economica”. Un meccanismo che conosce il suo apice nell’introduzione del principio di parità di bilancio in Costituzione.

Operazione che, dice De Leonardis, introduce “un principio di subordinazione delle scelte politiche ai vincoli economici. Su questo, si sono sviluppate molte declinazioni diverse. Per la maggior parte il cambiamento si è orientato nel coniugare l’aziendalizzazione nel senso di strategia per vendere beni pubblici, per non dire svendere, e fondamentalmente come strategia di privatizzazione. Ma privatizzazione non semplicemente di servizi o di beni pubblici, ma, direi più sostanziosamente, delle leve economico-finanziarie dello Stato e delle istituzioni pubbliche”.

Se questo è stato l’orientamento generale in nome dell’accountability, ovvero la possibilità-obbligo di rendere conto dei soldi dei cittadini, (banalmente, dove vanno a finire le entrate delle tasse che paghiamo) , “dobbiamo dire che una delle possibili declinazioni di questa aziendalizzazione si è articolata verso una direzione di servizio pubblico come una postura di investimento. La parola investimento in questi ambiti è ormai entrata nel linguaggio corrente, ma nel caso richiede qualche precisazione”.

La prospettiva che parrebbe corrispondere di più “nell’assunzione dell’aziendalizzazione nella direzione di un rafforzamento del mandato istituzionale e non viceversa nel cedimento rappresentato da un’esternalizzazione, è l’idea, propria della rivoluzione di Basaglia in campo psichiatrico, di impresa sociale“.

Negli anni ’90, ci furono esempi di questo nuovo modo di “intraprendere” da parte del servizio pubblico, come ad esempio l’Opera Universitaria di Trento, che aveva messo in piedi “un progetto molto interessante , con un contratto di garanzia fra studenti e proprietari di casa”, ma anche l’esperienza di Torino Periferie. Riprendendo il concetto di “intraprendere”, a differenza della burocrazia che va secondo il regolamento, going my book, “le istituzioni pubbliche che intraprendono – spiega la professoressa – intraprendono il perseguimento del loro mandato istituzionale. Non eseguono, bensì creano, generano, producono, conducendo da qui alla rilevanza del termine investimento. Perché ciò che un’istituzione o servizio pubblico è chiamato a fare per realizzare ciò che deve fare, non è un compito esecutivo di passacarte, è la prosecuzione della politica attraverso strumenti, dispositivi, scelte, lavoro quotidiano per far succedere le cose”. La prosecuzione della politica attraverso le politiche.

“Questo cambio di prospettiva richiede un’umiltà dell’amministrazione pubblica – avverte De Leonardis – che sa di non sapere. A cominciare dal fatto che non sa, iin questo caso “in cui si parla di Erp, ndr) come gli abitanti abitano. Cosa significa abitare in una casa di edilizia residenziale? “.

Questo cambio di prospettiva necessita anche, da parte del servizio pubblico, un orientamento a cambiare, ad autotrasformarsi. Quindi, è necessario andare a cercare una leva che induca al cambiamento, evitando la tendenza ad adagiarsi sul già fatto, conosciuto, quotidiano, “In termini tecnici si parla di apprendimento 2; il primo livello è dire impariamo, il riconoscimento del fatto che su certi problemi complessi lo studiare il pensare e l’esperire insieme produce le condizioni per provare insieme a trovare le soluzioni”.

Condizione perché questo avvenga, dice la sociologa, “è che il servizio pubblico impari a imparare; si ponga nella prospettiva che non sa tutto. Per collocare dentro al sistema del servizio pubblico un motorino di questo genere, una sorta di postura verso il cambiamento, siano importanti due leve: la prima, è interistituzionale, ovvero riguarda le reti, ma le reti fra istituzioni, ovvero la costruzione di politiche integrate . C’è la struttura, ci sono le persone, c’è la salute, c’è l’abitare, c’è il lavoro. Una leva è sicuramente quella che costringe uno specifico servizio pubblico specializzato in quello specifico settore di intervento, a misurarsi con e a imparare dagli altri servizi pubblici che magari si occupano di quella stessa persona. Dunque, l’integrazione fra istituzioni è sicuramente una leva, fino ad arrivare ovviamente alla costituzione di reti miste. Più le reti sono miste, più funzionano da stimolo per governare il cambiamento”.

La seconda leva, decisiva, è rappresentata dalle persone. Anzi, “dalle persone più deprivate e fragili, dagli invisibili. Sono loro, le persone di riferimento a cui appoggiarsi, a cui legarsi, per farsi spingere verso una migliore comprensione e una migliore capacità di intervento sui problemi. Per il servizio pubblico, è il cittadini destinatario la leva che ti fa fare le cose”.

Tuttavia, non si può presupporre in partenza che i destinatari, nel caso in esame gli abitanti dell’edilizia residenziale pubblica, in particolare se fragili, “ricoprano da soli il ruolo di stimolo, in quanto la loro fragilità, loro debolezza, la loro assenza di potere e di voce, li candida ad essere destinatari passivi o tutt’al più renitenti , resistenti, ma non certo ad assumere un ruolo attivo. Abitanti si diventa, non lo si è per statuto”.

Avere la casa non è la stessa cosa che abitare. “Fra l’oggetto e il verbo passa una grande differenza – dice De Leonardis – ciò che contano sono le condizioni per cui ci si sente a casa propria. In questo senso, la leva dei destinatari funziona se e quando il servizio pubblico è disposto a farsi mettere in discussione; sopporta e promuove delle condizioni nelle quali gli abitanti si organizzano, si aggregano, partecipano, discutono”.

Nella foto Ota De Leonardis

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