I fallimenti delle cooperative nel settore delle costruzioni bolognesi pesano sulle casse dei piccoli fornitori. Solo per la crisi di Coop Costruzioni i sub fornitori associati a Cna, un’ottantina di imprese sotto i 10 addetti in media, vantano crediti per sette-otto milioni di euro. Ma si sale presto attorno a quota 15 milioni, considerati gli altri casi nel territorio a partire da Cesi. «Complessivamente emerge un quadro che a livello occupazionale pesa più della Saeco», è l’allarme lanciato dal responsabile economico e sindacale di Cna Bologna, Claudio Pazzaglia. L’associazione, intanto, continua a fornire assistenza ai propri associati rimasti colpiti dai fallimenti in questione. Il segretario Cna Cinzia Barbieri rimarca: «Il sistema cooperativo è stato un fiore all’occhiello per tanti anni nella nostra città anche perché dietro c’era una filiera importante, rappresentata anche dalle nostre imprese che oggi si trovano a loro volta in grande difficoltà. Le nostre imprese registrano crediti importanti verso queste coop: quando una piccola azienda si ritrova con crediti non riscossi per 300-400mila euro — segnala Barbieri — rischia a sua volta il fallimento».
Qualcosa si muove e un po’ di ottimismo si fa strada, ma «la ripresa è ancora molto lontana». L’export aiuta, anche se restano poche le aziende che lo praticano. In generale, le tasse appaiono «esagerate» e la burocrazia «opprimente», senza dimenticare abusivismo e sicurezza. Così, ed è la richiesta di Cna in vista della campagna elettorale a Bologna, «servono più semplificazione e opportunità di business». Illustrando i risultati ancora poco confortanti di un proprio sondaggio tra le pmi (un migliaio di aziende nel campione, nove i settori), Barbieri e Pazzaglia riferiscono che tutte le loro priorità sono state messe nero su bianco nel piano industriale dell’associazione. Nel 2015 il 24% delle imprese ha visto crescere il fatturato, e per il 2016 emergono previsioni lievemente migliori rispetto allo scorso anno. Per quanto riguarda le previsioni sul personale, il 78% prevede che rimarrà stabile, il 14% pensa che dovrà ridurlo, l’8% ha intenzione di aumentarlo. Il 49% delle pmi intervistate, inoltre, dice di non voler rinunciare agli investimenti già programmati.