Firenze – La crescita c’è, ma lenta e impastoiata dalla scarsità degli investimenti. I dati sono stati presentati oggi a Firenze dall’Irpet presso l’Auditorium di Santa Apollonia, contenuti nei due rapporti, uno dedicato a “L’economia toscana nel 2015: una ripresa da consolidare” il cui estensore è Leonardo Ghezzi, l’altro, del dirigente Nicola Sciclone, che si occupa de “Il mercato del lavoro in Toscana: segnali di miglioramento?”.
Che crescita ci sia, in Toscana nel 2015 è cosa ormai appurata, secondo quanto presentato stamane: nel 2015 il Pil toscano vede una crescita del + 1,1%, più di quello italiano che ha fatto segnare un + 0,8; il saldo attivo tra occupati e disoccupati è aumentato di 8.000 unità (+1,5%) e purtuttavia, ad oggi, per tornare ai livelli pre-crisi servirebbero altri 34.000 occupati.
Altro dato importante, per una ripresa che tenda a stabilizzarsi, è che alla ormai nota dinamica positiva che riguarda la domanda estera, si è aggiunta anche la ripresa di quella interna. Un dato comune della nostra regione e dell’Italia, che ha consentito alla Toscana la crescita del Pil: le esportazioni dalla nostra regione aumentano del 4,8% (+4,4% l’Italia), portando l’incremento dell’export dal 2008 al 25% (31% in termini nominali), mentre la domanda interna segna crescita dei consumi e segni di ripresa anche degli investimenti. Nei consumi interni all’aumento di quelli dei residenti, si affianca quello più intenso dei turisti stranieri.
Gli investimenti, segnale che più di altri dà la dimensione della “credibilità” della ripresa, finalmente denotano l’interruzione della fase di discesa cominciata nel 2008; ma si tratta di una ripresa modesta, condizionata dal clima di incertezza che domina le imprese. Continua la flessione della spesa della Pubblica Amministrazione in modo particolare quella di Regioni ed Enti locali. Le importazioni a differenza che in Italia sono cresciute meno delle esportazioni contribuendo al miglioramento della bilancia commerciale della regione (già ampiamente positiva).
Inoltre, l’estensione della ripresa ha portata generale, dal momento che abbraccia un ventaglio che va dall’agricoltura all’industria manifatturiera, al terziario privato. La produzione cresce sia per l’agricoltura che per il manifatturiero; la situazione si prospetta leggermente più positiva anche per l’edilizia, secondo l’analisi dell’Irpet, dal momento che, seppure in ritardo rispetto ad altri settori, tuttavia si registra un’attenuazione della caduta. Nel terziario crescono i servizi market, sia per la crescita della domanda da parte di imprese e famiglie, sia per la significativa crescita del turismo che segna un +3% delle presenze (poco al di sotto dei 45 milioni) con un punto percentuale superiore alla media nazionale. Si attenuano i processi di mortalità imprenditoriale e le situazioni di crisi aziendale, e aumentano le nuove imprese.
L‘occupazione, nella generale crescita, offre un andamento differenziato: a fronte dei 23mila posti nuovi del 2015, il numero dei lavoratori autonomi cala, falcidiando in particolare imprenditori, coadiuvanti famigliari e collaboratori, ma aumentano le libere professioni. Nel lavoro dipendente crescono nettamente i contratti a tempo indeterminato rispetto a quelli a tempo determinato, aiutati da un lato dalle nuove regole del mercato del lavoro, dall’altro dalla decontribuzione per i nuovi assunti.
Ma siamo tornati al livello precrisi? Affatto, dice l’Irpet: disoccupazione ampiamente sopra i livelli pre crisi e occupazione, al netto delle dinamiche demografiche, pure. I disoccupati sono 75 mila in più di quelli del 2008. Il tasso di disoccupazione, che allora si attestava intorno al 5 per cento, è ora al 9,2. L’incidenza della disoccupazione di lunga durata (di chi cerca di un impiego da più di un anno) è ancora molto alta (48 per cento), anche se inferiore di circa 5 punti al picco raggiunto nel 2014. Un giovane su cinque (20 per cento) di età inferiore a 29 anni non è né occupato né in formazione (Neet) mentre nel 2008 erano il 13%.
Irpet inoltre attende una conferma della ripresa registrata nel 2015 con un tasso di crescita del Pil che dovrebbe assestarsi ancora attorno all’1,1%. Una ripresa che in Italia dovrebbe giungere al +0,7%. Per gl anni successivi poi, la crescita, sebbene ancora presente, potrebbe rallentare ulteriormente, tant’è vero che, secondo l’Irpet, nel 2018 potremmo avere un livello che in termini reali si collocherebbe di un paio di punti percentuali al di sotto del picco pre-crisi. Ancora dubbi, inoltre per quanto riguarda il carattere di sostenibilità della crescita, dubbi legati al rallentamento dello sviluppo nei paesi emergenti e la sua sostenibilità economica. Ciò significa che la bassa produttività del lavoro rallenta la crescita , forzando così, per mantenere la competitività, a ridurre i costi, determinando il peggioramento ulteriore del tenore di vita della popolazione e conseguenze sociali non facilmente prevedibili. I disoccupati di lunga durata e i giovani estromessi dal mondo del lavoro rischiano di incidere sul capitale umano del Paese abbassandone il rendimento.
La ricetta per ovviare a questi inconvenienti c’è, dice l’Irpet: minore austerity e più investimenti, due dati che forse migliorano i conti pubblici ma di sicuro frenano la crescita, oltre a sottrarre risorse al sistema economico senza migliorare il rapporto debito/Pil. L’aumento della spesa pubblica invece, spiegano dall’Irpet, permetterebbe di aumentare la crescita facendo diminuire il rapporto debito/Pil.Se invece fosse stato possibile aumentare la spesa pubblica la crescita sarebbe aumentata e il rapporto debito/Pil diminuito.
“Se avessimo seguito la dinamica della spesa pubblica dell’area euro in Italia avremmo avuto una spesa aggiuntiva annua di 7 miliardi e a fine 2014 un livello di spesa di quasi 40 miliardi più elevato di quello realizzato. Il tasso di disoccupazione sarebbe sceso di almeno un punto percentuale (con in Italia 250 mila lavoratori salvati dalla disoccupazione) e il rapporto debito pubblico su prodotto interno lordo sarebbe migliorato di circa un punto – ricorda l’Irpet – se un aumento della spesa pubblica fosse stato utilizzato per finanziare gli investimenti il risultato sarebbe stato sostanzialmente diverso con un potenziale produttivo dell’economia che avrebbe conservato gli stessi livelli del passato senza subire la brusca caduta che oggi siamo costretti a commentare e che si sarebbe posizionato su un sentiero di crescita strutturale più pronunciato di quello attuale”.
E siamo alle conclusioni. L’Irpet dice due cose: la prima, che “la misura della sostenibilità dell’economia di un Paese è data dalle caratteristiche strutturali del sistema più che dagli andamenti congiunturali”; la seconda, che “l’unica vera alternativa per l’Italia sarebbe di abbandonare al più presto una politica di bilancio restrittiva per assumere un atteggiamento di stimolo consistente agli investimenti”.
Cosa significa in concreto, lo esemplifica il governatore toscano Enrico Rossi, che chiude l’incontro: “Dal 2008 ad oggi in Italia sono mancati 600 miliardi di investimenti e 45 nella nostra regione. In Toscana la situazione è buona se ci paragoniamo al resto del Paese per crescita e riduzione della disoccupazione, ma se guardiamo al resto dell’Europa non c’è da stare tranquilli. Servono maggiori investimenti pubblici e privati per consolidare la ripresa”.
Così, il presidente Rossi mette anche in campo tre azioni che giudica fondamentali per dare stabilità ed impulso alla ripresa: maggiori investimenti, riduzione del cuneo fiscale e una legge contro la povertà. Fuor di metafora, ai maggiori investimenti bisognerebbe aggiungere anche la riduzione del costo del lavoro e tornare ad assumere giovani.
“E’ poi necessario, così come la Regione ha fatto, non disperdere le risorse, ma concedere aiuti e finanziamenti a quelle aziende che sono sane e si mostrano più dinamiche, cioè che realizzano piani di sviluppo, investono nelle tecnologie e nella ricerca, e assumono. Nella crisi l’Italia e la Toscana hanno perso molto in capitale e lavoro e se vogliamo un’uscita duratura dalla crisi occorre ricostruire il capitale e creare più posti di lavoro”.
Rossi si è detto poi convinto che servirebbe anche una legge “per contrastare la povertà” perchè “permetterebbe di rilanciare i consumi delle famiglie che oggi sono prive di che vivere. Il Governo Renzi è riuscito a cambiare portando il Paese da una situazione di recessione ad una di crescita, che però è modesta e che nel medio periodo potrebbe però essere ben più solida e duratura”.
Per ciò che riguarda il consolidamento della ripresa in Toscana, Enrico Rossi si è detto convinto che occorra completare l’infrastrutturazione a partire dall’aeroporto di Peretola e dalla Tirrenica per la quale si è detto fiducioso in uno sblocco definitivo entro settembre. Ha poi parlato degli interventi e degli investimenti su Piombino e Livorno e ha annunciato per venerdì un incontro a Roma per gli interventi sull’area di crisi apuana.