Firenze – Non sono tutte rose e fiori, tant’è vero che il pil toscano del 2013 subisce una perdita di quasi un punto e mezzo (–1,4% per la precisione), ma il dato fondamentale, che ha indotto, per loro stessa ammissione, qualche sorpresa anche nei ricercatori dell’Irpet e Unioncamere che oggi hanno illustrato il quadro economico regionale all’Auditorium della Regione, è che la Toscana ha risposto con un inaspettato colpo di reni alla congiuntura negativa di una crisi che sembra infinita. Punto di forza, come ormai appurato da tempo, l’export, che compie un balzo, a confronto con i dati del 2008, pari a +16,6%. E, anche se le previsioni di crescita per il 2014 non sono allegre (si parla di sostanziale stagnazione) e quelle per il 2015, quando ci sarà una ripartenza, non sono particolarmente ottimistiche (+1,3%, in linea con la previsione nazionale), la Toscana sembra la Regione che ha risposto con più determinazione alla crisi. A crescere anche se di poco solo agricoltura (in termini non di produzione ma di valore aggiunto) e il settore dell’high tech.
A trarre le conclusioni e a dare indicazioni per il futuro è stato lo stesso governatore toscano Enrico Rossi, che si è detto contento della sostanziale tenuta della regione, ma che non ha nascosto i veri due grandi problemi che potrebbero azzoppare la Toscana quando ci sarà da correre, facendola trovare al via con le gambe troppo corte e poco fiato. Uno dei due problemi messi sul tavolo dal governatore, posti poco prima dagli stessi esperti dell’Irpet in collaborazione con Unincamere, è senz’altro la questione investimenti.
“Le due questioni che dobbiamo affrontare – ha detto infatti Rossi- riguardano innanzitutto gli investimenti e il lavoro. Per quanto attiene al primo punto, bisogna consentire alla Regione di investire, superando il problema molto reale del patto di stabilità. Solo per far un esempio, abbiamo bisogno di risolvere la questione della tratta ferroviaria Lucca-Pistoia- Firenze. Servirebbero solamente 500 milioni per farne una tratta moderna, capace di servire le strutture economiche importanti che esistono nella zona. E’ assurdo che non si possano fare investimenti di 500 milioni in una infrastruttura così importante. Investimenti che vanno di pari passo con la grande questione del lavoro, perché investendo in cultura, scuola, in campo idrogeologico, di manutenzione del patrimonio artistico e di riconversione urbana, non solo si realizzerebbero forti utilità per la popolazione toscana ma si potrebbero impiegare quelle forze lavoro che se ne stanno ai margini del mondo produttivo”.
Già, perché la terribile verità che emerge dalle analisi dell’Irpet-Unioncamere, è che la disoccupazione giovanile ha messo fuori dal mercato del lavoro un’intera generazione, senza contare la fascia degli over 50 a rischio o già senza lavoro. Ecco i numeri: la disoccupazione regionale che in generale arriva all’8,7% (al di sotto del 12,2% nazionale, ma non c’è da stare allegri) fra gli under 30 arriva al 22%.
Rispetto al 2008 si sono registrati 22mila occupati in meno e 65mila disoccupati in più, per una cifra totale di 150mila unità. Un esercito. E per quanto riguarda i Neet, sommando disoccupati e scoraggiati si arriva a quasi 100mila unità, per un 20,2%.
Ed è proprio sulla questione della disoccupazione, in particolare giovanile, che Rossi lancia alcune riflessioni che fanno e hanno già fatto discutere. “E’ necessario ripensare l’ingresso nel mondo del lavoro di questi giovani – dice – anche costruendo forme di lavoro nuove. So che molti contestano quanto sto per dire, ma questa è la mia idea: meglio lavorare un po’ che non far niente, restare in casa scoraggiati e senza prospettive. Sto pensando anche un mini job, ad esempio, 500 euro al mese, per dare comunque la possibilità ai giovani di fare qualcosa, uscire di casa. Perché se vogliamo dirlo, è evidente che questa crisi ci impone una riflessione a tutti: anche se la crescita ripartirà, non assorbirà tutta la disoccupazione che si è verificata in questi anni. Dovremo abituarci a un mondo che sarà cambiato rispetto a quello precrisi. Una questione questa della mancanza di lavoro, che comporta e sviluppa un’altra parte della tenaglia, quella del lavoro illegale, che sta allargandosi a macchia d’olio, e non solo a Prato”.
Ritornando agli investimenti, cosa può fare la Toscana? Una strada è quella dell’accesso e utilizzazione dei fondi europei. Erogazioni “non a pioggia” dice Rossi, che utilizza una metafora agricola: “E’ inutile portare acqua là dove l’orto è siccitoso – spiega – ma è necessario aiutare quelle parti ancora in buono stato per renderle rigogliose”. Fuor di metafora, ciò sta a significare che gli interventi regionali seguiranno dei criteri precisi che favoriranno le imprese vitali. Anche perché, è questo che spera Rossi e tutta l’istituzione, mettendo in grado di crescere chi già dimostra di avere i numeri per farcela, si immettono soldi nel circuito economico, e alzando consumi e investimenti a loro volta le stesse imprese possono far ripartire il motore. Per tutti.