Firenze – Ancora un allarme rosso per la tenuta del tessuto sociale toscano. Questa volta, il focus è puntato sulle condizioni economiche delle famiglie nella nostra regione con riguardo da un lato all’arrivo sempre più allarmante (anche nella nostra regione) della povertà (assoluta e relativa) dall’altro alla dinamica economica della vita famigliare.
Quell’anche non è affatto caduto per caso dalla penna di Stamp: infatti, storicamente la nostra regione gode di un “margine” di vantaggio sulla situazione media nazionale, al pari di altre regioni del centro nord. Il problema però che emerge dai dati è che questo margine si sta riducendo, senza che ci siano ragionevoli speranze all’orizzonte di potere rallentare la frana. I dati che utilizzeremo sono quelli regionali che provengono dal centro regionale di documentazione per l’infanzia e adolescenza, Istat e Bankitalia.
Se si guarda la situazione delle famiglie toscane nel suo complesso, sia in misura della povertà relativa (misurata in relazione alla linea di povertà relativa delle famiglie italiane – definita per convenzione in riferimento di una famiglia composta di due componenti che prende in considerazione sia la variazione dei prezzi al consumo che la spesa per conusmi in termini reali – che restituisce la quota di famiglie o individui che ha consumi pro-capite equivalenti a meno della metà del consumo medio pro capite nazionale, ovvero si trova al di sotto della cosiddetta linea di povertà), che in misura della povertà assoluta (che si incentra sulla mancanza dei cosiddetti “bisogni di base” per non cadere in condizioni estreme di emarginazione sociale), un indubbio vantaggio ancora resiste. Infatti, il valore toscano in termini di povertà relativa è del 4,8%, pari a circa un terzo di quello nazionale che è del 12,6%. Il dato della povertà assoluta è pari in Toscana al 6%, mentre il valore medio italiano è del 7,9%.
Ma ciò che preoccupa è l’andamento della vita economica dei nuclei famigliari, area, questa, in cui la Toscana rientra nella tendenza nazionale. Ecco dunque i dati, cominciando dal reddito disponibile delle famiglie. Nel nostro Paese a partire dai primi anni 2000, il reddito annuale disponibile delle famiglie è sempre aumentato, mantenendosi sempre superiore al 3%. Nel 2007 si registra il rallentamento, cominciando a precipitare fra il 2008 e il 2009, quando si registra un decremento del -2,6%. La debolissima schiarita che si rileva fra il 2010 e il 2011 viene “rimangiata” tutta nel 2012, quando il decremento di rifà vivo in ordine al – 2,1%. Nel primo trimestre 2013, ancora un -0,2%.
Esaminando ora la dinamica dell’indice di prezzi al consumo, il potere d’acquisto della famiglie segnala un crollo: -9,7% fra il 2007 e il 2012.
Ed ecco cosa significa in soldoni: le famiglie italiane e toscane fino al 2011 son riuscite a salvaguardare i loro livelli di consumo in parte utilizzando risparmio e indebitamento e in parte ricalibrando strategie per diminuire la spesa. Ma il problema è che, da lì in poi, col perdurare della crisi infinita, arrancano. Ovviamente la propensione al risparmio diminuisce, diminuendo la quota di reddito dei nuclei famigliari, sempre più costretti a utilizzarlo tutto, il reddito, per sopravvivere. Il risparmio scende fra il 2007 e il 2008 al 12%, cala ancora sotto il 10% nel 2010, raggiunge l’8,3% nel 2012, si rialza nel 2013, seppure di poco: i dati a nostra disposizione segnalano infatti una percentuale pari a 9, 5% per l’anno scorso.
L’altra faccia è il ricorso al debito: negli anni 2002 e 2003 le famiglie “sotto debito” non raggiungevano la percentuale dell’1%, nel 2008 avevano già raggiunto il 2%, nel 2012 il 7%. Percentuali neppure paragonabili a quelle di altri Paesi, ma che sono significativi in un Paese come l’Italia, storicamente noto per le basse percentuali di indebitamento famigliare. Un punto significativo è comunque la voce che riguarda sofferenze e crediti “deteriorati”: per quanto riguarda le sofferenze in Toscana delle famiglie consumatrici, la percentuale sul totale dei crediti è, a giugno 2014, pari a 7,6% (a dicembre 2012 erano pari a 6,3%), mentre per quanto riguarda i crediti deteriorati è, sempre a giungo 2014, all’11,8%. Ricordiamo che per “crediti deteriorati” si intende le posizioni scadute, incagliate, ristrutturate o in sofferenza.
Infine, un precisazione che riguarda la propensione al risparmio delle famiglie italiane nel 2014: è stata pari all’8,3% nel secondo trimestre del 2014, in diminuzione di 1,4 punti percentuali rispetto al trimestre precedente e di 1,8 punti percentuali rispetto al secondo trimestre del 2013 (dati Istat). Da segnalare che anche in Toscana, nonostante continui la tendenza al risparmio delle famiglie, tuttavia si registrano valori leggermente inferiori, nel 2014, rispetto all’ultimo trimestre del 2013: a giugno 2014, secondo i dati di Bankitalia, “i depositi detenuti presso le banche dalle famiglie e dalle imprese residenti in regione hanno segnato una crescita del 3,4 per cento sui dodici mesi, più contenuta rispetto alla fine dell’anno (5,2%)”. Fra i motivi del tentativo di “accantonare” risorse da parte delle famiglie pur nella stretta della crisi, è la rinnovata instabilità e incertezza del quadro generale.