Firenze – L’ex presidente Enrico Rossi lo aveva preannunciato, nel suo intervento di stamattina nel corso dell’incontro con la stampa dove i 3 ex presidenti della regione Toscana, Vannino Chiti, Claudio Martini e lo stesso Rossi, lanciavano nuovamente l’appello (che ha raggiunto già quota 6.500 per quanto riguarda le sottoscrizioni) al governo circa la situazione della GKN, con la richiesta che sia lo stesso premier Draghi a prendere in mano una situazione che esce dai consueti confini della lotta sindacale e si prefigura come una battaglia simbolo rispetto ai meccanismi delicati e internazionali che reggono la cosiddetta smaterializzazione del lavoro o finanziarizzazione dell’economia.
“Sarà difficile – aveva detto Rossi – che le persone capiscano il ruolo, percepito debole, della politica”, rispetto a tutto ciò. E la domanda diventava irrinunciabile, sia alla politica che ai sindacati confederali, che avevano posto il problema, fra le altre cose, della mancanza e dell’urgenza di una nuova legislazione in grado di difendere un lavoro sostanzialmente cambiato, una domanda urticante ma legittima: in vent’anni di progressiva dispersione dei diritti del lavoro e dell’affermazione sempre più incisiva di una globalizzazione che travolge le leggi stesse del mercato reale in nome di una logica aliena radicata su movimenti finanziari internazionali che distaccano completamente il lavoro dal territorio, anzi, a cui non serve più il lavoro comunemente inteso per produrre profitto, cos’è stato fatto, dalle due forze, sindacati e politica, che, in democrazia, sono i due capisaldi per correggere e dirigere l’economia verso il bene della comunità?
Ed è lo stesso Rossi che affronta il quesito in modo diretto, almeno per quanto riguarda la politica. La risposta ricorda il cambiamento di ordine sistemico, avvenuto nei decenni. Si parte dalle politiche di Bill Clinton a quelle thachteriane, fino allo smantellamento di leggi di tutela, e via e via, dice Rossi, “la stessa Europa nasce soprattutto e prevalentemente come un tentativo riuscito di globalizzazione dei mercati. Questo è stato. Quindi, quando ci si rivolge alla politica e soprattutto agli ex presidenti di Regione, pur essendo giusto chiamare in causa anche le responsabilità, locali regionali e nazionali, però è anche giusto inquadrare il contesto. Come quando ci si rivolge ai sindacati chiedendo “dove eravate”, erano a fare le loro battaglie, che sono state travolte, come anche quelle istituzionali, da questo movimento che è un movimento del capitale, delle decisioni politiche internazionali. Di fronte alla crisi, nel 2010 rilessi Gallino, che mi convinse molto. Ci sono dei bellissimi testi di Gallino che spiegano bene cos’era accaduto. La crisi, oggi, la pandemia, anche le sofferenze sociali che sono state prodotte, mi pare che inducano verso la messa in discussione, spingano verso regole nuove, che mettano i capitali al servizio del lavoro, al servizio del benessere. Noi ci siamo, e non abbiamo neanche molto da rimproverarci, se non il fatto di aver cercato, in quella situazione, di raggiungere accordi che significassero i minori danni possibili per le comunità che ci avevano eletti per rappresentarle; la volontà dunque di cercare, in quel tipo di contesto, quegli accordi che consentissero alle nostre comunità di subire il meno possibile questo meccanismo, questa struttura economica internazionale. Personalmente, con Martini, ho partecipato al G8 di Genova, dalla parte dei manifestanti, non di quelli che stavano nelle prefetture. Lì ci fu un tentativo serio, tra l’altro non c’erano solo i Black Blocs, che erano una parte che doveva essere isolata; c’era una presenza diffusa di movimenti, di persone che colsero come la globalizzazione avrebbe significato tutta una serie di questioni, di problemi che in effetti sono quelli che poi abbiamo vissuto. E poi non sta a me dire come il presidente Martini, il sindaco Domenici, insieme e a volte anche contro un’opinione di sinistra spesso più benpensante e più moderata, organizzarono nella città di Firenze il Social Forum che rimetteva al centro ancora questi temi. Forse non è un caso che i vecchi presidenti si ritrovino insieme alla Chiesa e ad altre associazioni, a parlare di questi temi e a chiedere che si faccia intanto quello che si può, in Italia e poi anche in dimensione europea. Ovviamente nessuno può dire che non siano stati commessi errori, ma mi pare che gli errori che si possono attribuire siano quelli motivati dal tentativo di ridurre il più possibile i costi, per le nostre comunità, di un sistema economico che è quello che produce queste situazioni inaccettabili”.
Foto: i tre ex presidenti della Regione Toscana Vannino Chiti, Claudio Martini, Enrico Rossi