Firenze – La pandemia da coronavirus mette in luce, come già sottolineato a varie riprese in queste pagine, i nodi critici del tessuto sociale ed economico. Quanto a quest’ultimo punto, la crisi che Firenze in particolare dovrà sopportare ha un nome preciso: turismo. E già, perché si è passati dalla città intasata da turisti, a una città vuota e serrata. Con imprevedibili ricadute su un indotto che solo in parte è alla luce del sole, in quanto, come denunciato a varie riprese da inchieste giornalistiche, giudiziarie e focus sindacali, è proprio nelle pieghe dei servizi ai turisti che si annida una buona parte di quel lavoro sommerso che, alla prova dei fatti, regge molte delle economie famigliari cittadine, permettendo di pagare dall’affitto, alle bollette, al mutuo.
Insomma, alla fine il problema è: un’economia monocolturale è a rischio, sempre. A causa di elementi esterni e imponderabili: citando il sindaco Nardella in una recente intervista alla Nazione, “l’economia del turismo è fragile perché è la prima colpita da guerre, terrorismo, epidemie”. Dunque, è necessario un riassestamento, in particolare con l’occhio su quello spazio storico Unesco che si è scoperto fragile, spopolato di residenti.
Una prima analisi proviene da Progetto Firenze, che parla di uno “scenario drammatatico”. “Come residenti del centro storico – spiega Grazia Galli – dà una strana sensazione sentirsi circondati dal vuoto, ovvero da interi condomini chiusi perché quasi totalmente dedicati a B&B e affitti turistici. Nel centro storico tocchiamo con mano la differenza dalla città viva, anche nelle cose quotidiane diventate improvvisamente essenziali, come andare a far la spesa al mercato di San Lorenzo, con i banchi pieni ed in attività, ma deserto di clienti, mentre in altre parti della città c’è l’assalto ai supermarket. Qui i ristoranti chiusi stanno portando anche negozi di prossimità al crollo dei fatturati. La sensazione che si ha è che la parte dell’economia fondata sul turismo fosse molta di più di quella ufficiale”.
Un problema, questo della reale entità del lavoro nel turismo, che si qualifica anche nella sua tragica emergenza sociale, enorme per tutti quelli che lavoravano in quell’area grigia di servizi al turismo, con partite iva, e con una molteplicità di lavoretti. “Ci troviamo d’accordo col sindaco sulla necessità che la città cambi pelle. Certamente Firenze come città metropolitana non è solo turismo, ma a Firenze tantissimi cittadini vivono di turismo. Che il sistema, così pensato e attuato, sia fragile e mostri tutte le sue debolezze, non è evidente solo con la crisi tragica che investe tutti i settori a causa dell’espansione del coronavirus – continua Galli – già ai primi di gennaio col calo del turismo cinese, il nostro sistema mostrava segni di crisi e un’importante battuta d’arresto di una parte dell’export”.
E per il futuro? “E’ il momento di far fronte all’emergenza, ma ciò non esclude che si cominci a pensare al dopo. Ciò che consola è vedere che c’è una società civile fatta da cittadini che si prendono cura dei propri vicini e di giovani che assistono le persone più in difficoltà. A questi la politica dovrebbe cominciare ad affiancarsi in modo più forte. Le iniziative del comune sono utili, vanno implementate le misure dell’assistenza in casa”. Da parte di Progetto Firenze giunge anche una lista di cose urgenti: “Oltre al sacrosanto appello per reperire abitazioni per medici e operatori sanitari, sarebbe opportuno anche mettere in campo un’iniziativa simile a sostegno delle tante persone che in questo momento hanno difficoltà a trovare una casa. Cominciando anche a pensare, attraverso il nuovo regolamento urbanistico, a una diversa disciplina della destinazione d’uso, oltre a una diversa politica di tassazione per incentivare il passaggio di alcuni immobili verso le locazioni abitative. Altra cosa interessante, ma ci sarà tempo in futuro per farlo, utilizzare questo periodo tragico di scomparsa del tursimo, per scoprire quali sono sono i reali costi che la città si deve sobbarcare per fornire servizi ai milioni di persone che la visitavano, ottenendo così un bilancio reale su cui rimodulare l’offerta turistica della città. Senza dimenticare la piattaforma pubblica per le attività ricettive, in maniera da associare la promozione di questa piatttaforma pubblica al rilancio del turismo cittadino”.
Sul punto, raggiungiamo il direttore dell’Irpet, Stefano Casini Benvenuti: “Intanto, premetto che preferisco non dare numeri in un momento in cui la situazione è in evoluzione. Venendo al punto relativo alla debolezza del modello monocolturale, sono d’accordo in linea di massima col sindaco, anche se mi sembra necessario precisare alcuni passaggi. Si usa spesso la parola Firenze, intendendo talvolta il solo centro storico, altre volte l’intero territorio comunale … per me è il sistema economico allargato, diciamo Firenze e comuni limitrofi”.
Una prospettiva allargata che ridimensiona il ruolo del turismo nel tessuto economico cittadino. “Se si allarga la visione – dice infatti Casini Benvenuti – pur rimanendo il turismo importante per la città, emerge il suo aspetto industriale. Il turismo ha un peso molto legato alla all’ambito territoriale perso come riferimento. Non dimentichiamo che, fino a prima del coronavirus, la media di 50mila turisti in più ogni giorno era concentrata nell’area Unesco”. E i lavoratori dei comuni limitrofi? “Si tratta di una massa di persone, magari più nascoste, che lavorano nell’industria e in altri comparti del terziario. Ricordiamo che la Toscana –con il contributo decisivo di Firenze- ha avuto la più alta crescita di esportazione del Paese nell’ultimo decennio”.
Tirando le fila, e considerando comunque che le persone che lavorano nel turismo sono tante, bisogna pensare al fatto che “si sta attraversando una fase eccezionale. Avere un pezzo di città monocolturale è senz’altro un problema. Se però facciamo uno sforzo immaginandoci la Firenze più ampia, che comprende la periferia e il sistema locale integrato emerge quella Firenze multisettoriale che di questa caratteristica ha fatto la sua forza, tanto che nelle statistiche nazionali questa Firenze “allargata” ai comuni della cintura risulta come la città che ha avuto il più alto tasso di crescita nell’occupazione tra le grandi città italiane”.